Di questo voi siete testimoni.

01-06-2025 Ascensione del Signore di don Fabio Pieroni

Lc 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Dobbiamo entrare in questa festa parecchio sconosciuta: c’è una specie di conflitto di traduzione, perché noi la conosciamo come l’ascensione, che significa che Gesù ha preso l’iniziativa di ascendere dal Cielo. Invece, il verbo greco è “analepsis”, che significa assunzione; infatti, la traduzione che abbiamo ascoltato nel Vangelo è che “fu assunto”: c’è un passivo, c’è una chiamata di Dio che probabilmente Gesù non conosceva ancora, perché lui innanzitutto è stato risuscitato, non è risuscitato perché l’ha deciso lui. Lui ha completamente tagliato tutti i ponti: io me ne vado, chiudo con tutte le mie possibili vie di fuga e mi abbandono completamente a questo Padre e a volte vengo tentato che addirittura non ci sia. Invece Gesù si è donato ed è stato risuscitato dal Padre: è rimasto 40 giorni a Gerusalemme; dopodiché Dio l’ha chiamato nuovamente perché gli apostoli dicevano: adesso che sei risorto, che facciamo? Ci aspettiamo che tu risolvi tutti i problemi del mondo; e invece no. Infatti, gli domandano: è questo il momento in cui tu ricostituirai il Regno di Israele? Non spetta a voi conoscere i tempi per pensare a che cosa sarà questa ricostruzione; nel frattempo sappiate che da questo giorno in poi finisce la mia presenza visibile in questo mondo e inizia una presenza invisibile che io vi ho insegnato a cogliere durante questi 40 giorni, che sono stati un esercizio per rinvenire nella storia, negli avvenimenti, nelle relazioni la presenza di Cristo che agisce: finisce la presenza visibile e inizia quella invisibile attraverso lo Spirito Santo.

Abbiamo ascoltato le 3 letture: la prima e l’ultima sono più semplici. Poi c’è la lettera agli Ebrei che è difficilissima, perché suppone una conoscenza della liturgia del Tempio di Gerusalemme ed il suo autore la coniuga con la vicenda di Cristo. La prima cosa è che da questo momento in poi io ho capito – dice Gesù – che “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. Poi dice: “il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.” Quindi, quello che troviamo negli Atti degli Apostoli viene ripetuto nel Vangelo e che significa? Che devono fare gli apostoli? Devono evangelizzare, inizia il tempo dell’evangelizzazione: noi abbiamo capito da San Paolo che cosa è, perché l’ha inventata lui ed ha fatto questi 3 famosissimi viaggi in Asia Minore, in Grecia e 3 volte ha girato questa regione importantissima per la comprensione del cristianesimo. Sappiate che oggi come oggi nella Chiesa non è chiaro cosa sia l’evangelizzazione; ecco perché stiamo messi con le gomme sgonfie. Se io domandassi a voi che cos’è, la maggioranza di voi basterebbe che raccontasse l’esperienza che sta facendo e noi capiremmo.

Per farvi maggiormente coscienti di quello che state vivendo, vi spiego una cosa importante; nella parrocchia esistono due registri: quello della pastorale sacramentale e quello della pastorale di evangelizzazione; la prima è quella più dispendiosa dal punto di vista del lavoro e risponde alla domanda da parte dei genitori, i quali chiedono il battesimo per il figlio, la comunione, la cresima, il matrimonio. Per cui noi prepariamo questi sacramenti con uno sforzo mostruoso, che i cosiddetti parrocchiani non capiscono perché lo danno per scontato ed è una pastorale che è praticamente inutile. Poi c’è la pastorale di evangelizzazione e quella funziona perché non risponde alla domanda di chi vuole i sacramenti; perché una volta che io te li ho dati, è finito, basta, sono soddisfatto, me ne vado. L’evangelizzazione invece dà una risposta a una domanda che è questa: io voglio la vita cristiana, voglio vivere come un cristiano, voglio ricevere la natura divina di Gesù Cristo, una capacità di poter vivere all’altezza dei miei più alti desideri. Questo è possibile solo se c’è una partecipazione alla natura divina di Dio ed è una cosa assolutamente poco predicata, oggi come oggi.

Mentre invece, sappiate che siamo nel 2025 e sono 1700 anni dal Concilio di Nicea, nel quale, insieme al Concilio di Calcedonia ed il secondo Concilio di Costantinopoli ti dicono che l’evangelizzazione, cioè la formazione di una persona, è quella di farla partecipare alla natura divina di Gesù Cristo: questa è la cosa più nuova che c’è. Nel matrimonio la possibilità del perdono, dell’ascolto, dell’umiltà, della perseveranza, se uno non ha la natura divina è inutile provare ad averle. Per cui abbiamo una marea di predicatori: per esempio adesso c’è Recalcati che è diventato un predicatore. Il problema è che lui ha una concezione dell’uomo che si risolve solamente sull’essere consapevoli delle cose: cioè si basa sulla conoscenza, sulla razionalizzazione delle problematiche, di modo che quando io capisco le cose, le risolvo; la risoluzione è sapere le cose, ma non è così, perché sapere le cose mi porta a dire come San Paolo: “chi mi libererà da questo corpo votato alla morte, perché quando io voglio fare il bene, il male è accanto a me, sì che non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio”. Dice: io vorrei fare il bene, ma quando provo a farlo non ci riesco, perché il male è accanto a me. Allora c’è una richiesta a Dio di un suo intervento che si chiama evangelizzazione, che non è solamente la conoscenza del Vangelo, ma è un processo. Qui noi abbiamo due strumenti per fare l’evangelizzazione: la formazione integrale della persona che si chiama il cammino neocatecumenale ed i laboratori della fede. Queste sono le cose che funzionano seriamente, in cui la gente cresce, matura, diventa santa, generosa, umile, malgrado tutte le fatiche e tutte le tentazioni. Così si può fare il prete, altrimenti non è possibile farlo.

Quest’inverno ho fatto una serie di incontri con dei preti ed ho raccontato queste cose: sono stato non dico trattato come San Paolo che viene preso a sassate e poi credendolo morto, lo lasciano lì e invece, come Robocop, si riprende. Noi sappiamo bene che quindi l’evangelizzazione non è solamente la conoscenza del catechismo: quello è un indottrinamento che non salva nessuno; la salvezza è un’azione di Dio su di me che produce un cambio.

Infatti, la seconda lettura diceva: “Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario – che è la dimensione divina, la dimensione misteriosa di Dio, soprannaturale – per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente – normalmente, quando diciamo: tu fai il cammino? Sta scritto qua: “odòs”, via – che Dio ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne”. La nostra carne è refrattaria allo Spirito di Dio per un mistero che ci abita, non lo capiamo, non lo accettiamo, non riusciamo ad assecondarlo bene; questa refrattarietà che ci abita, Cristo l’ha vinta nel suo mistero pasquale, con il suo sangue e quindi ci rende possibile di poter vivere nella carne la vita dello Spirito. Questa è l’evangelizzazione, questo è il bene più alto che si può fare nel mondo ed è l’unica cosa che solo la Chiesa può fare. Io ti posso pure raccontare, spiegare la psicologia, ma poi quando hai capito che tu rosichi perché sei basso e invece tuo fratello è alto, che fai? Non succede niente, dovrai accettarlo; infatti, si dice: fattene una ragione.

Quindi l’Ascensione inaugura l’evangelizzazione, che è questa grandissima responsabilità che ha la Chiesa. Il Papa Leone ha iniziato con delle meravigliose parole dalla loggia del Vaticano, quando ha annunciato la pace che viene dalla risurrezione di Gesù Cristo ed è stata una cosa entusiasmante e noi lo accompagniamo. Poi ci dobbiamo rendere conto che qua in parrocchia facciamo proprio questo e c’è bisogno di un prete, dei pastori che fanno un lavoro impegnativo, perché altrimenti crolla tutto: c’è quello che parla male, quell’altro si chiude, quell’altro è aggredito da una tentazione e bisogna fare un lavoro infinito, costante. Non è che siccome c’è lo Spirito Santo, ho messo la lavatrice e gira da sé: mentre tu dai tutto, Dio dà del suo; Dio ti dà tutto, se dai tutto, c’è tutto con tutto. Quindi questo polmone, il cuore pulsante della parrocchia è il mistero dell’evangelizzazione che noi abbiamo capito cosa sia. Certamente ci aspettiamo che anche la pastorale dei sacramenti funzioni meglio, perché normalmente la fanno o i catecumenali oppure coloro che fanno il laboratorio, i miei catechisti che lavorano tantissimo. Poi vai a fare una verifica con i genitori e capisci che non ti stimano, che non hanno capito la tua dedizione, che non c’è una gratitudine, ma noi continuiamo.