Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo

05-01-2020 II domenica Tempo di Natale di don Fabio Pieroni

Gv 1,1-18

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Il Natale ci mette di fronte ancora il prologo di Giovanni, che inizia come la Genesi: in principio.

“In principio Dio disse: sia la luce. E la luce fu”.

Il vangelo di Giovanni ci dice che la luce è Cristo.

La luce della creazione e la luce della nuova creazione. Questa luce che è Cristo, è la sapienza,  descritta in modo stratosferico nella prima lettura, che è ciò che ci fa vedere la bellezza, che ci emoziona, è qualcosa di straordinario.Nello stesso tempo la seconda lettura ci dice che Cristo è anche la benedizione: “benedetto sia Dio che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo”. E anche qui la parola benedizione ci ha detto qualcosa di meraviglioso.

Quindi sapienza e benedizione.

Ieri sera hanno trasmesso la trasmissione di Alberto Angela “Meraviglie, la penisola dei tesori” ed hanno fatto vedere posti meravigliosi, straordinari, però mi ha colpito che ad un certo punto hanno parlato di un multimiliardario tedesco, l’uomo più felice del mondo che a furia di cercare emozioni muore a 42 anni a causa di un cocktail mortale di champagne e cocaina. Poi si è parlato di Eleonora Duse, anche lei ricca e felice e poi hanno fatto vedere il palazzo reale torinese, meraviglioso, e lì ad un certo punto appare a moglie di Vittorio Emanuele III che è triste, scontenta del tipo di vita che faceva.

Il Natale vorrebbe portare sapienza e benedizione ad ogni uomo. Anche una persona che dovesse vivere dentro una stalla, aiutata da questa sapienza dovrebbe sperimentare benedizione. Invece non è così. Il Natale affida allora alla Chiesa una grande responsabilità in un mondo che va disumanizzandosi, in un mondo che non ha sapienza, in un mondo dove c’è sempre più maledizione. L’uomo non è felice perché manca una nuova evangelizzazione.

L’evangelizzazione è annunciare Gesù Cristo, comunicare, trasmettere, rivelare ad ogni uomo Gesù Cristo. Ma non è la risposta completa, perché dipende da che tipo di Gesù Cristo viene insegnato. Non si possono insegnare riti vuoti, che non comunicano né sapienza né benedizione. Per questo occorre la nuova evangelizzazione, nuova perché diversa, ma anche perché ritrovata. Non c’è un solo modo di annunciare Gesù Cristo. Se come è successo nella mia generazione, Cristo era una specie di parametro per fare le analisi, e per vedere che sono sempre fuori parametro, conoscere Cristo non è una buona notizia! Cristo è colui che mi alza continuamente l’asticella e solo se io avrò raggiunto i suoi parametri, allora sarò nella pace? E’ questo il Cristo annunciato nella nuova evangelizzazione?

Che tipo di Gesù Cristo dobbiamo annunciare? E’ questo uno dei punti più gravi che oggi la Chiesa deve affrontare. Il papa oggi viene contestato perché annuncia un Cristo diverso da quello che fino a poco tempo fa si annunciava, che era un Cristo chiaro, preciso, schematico… Gesù Cristo non è questo “pugno nello stomaco” che ti sta sempre a dire che tu non sei al suo livello, che sei molto lontano da lui, che ti devi vergognare o al massimo devi sforzarti, e forse se riprovi sarai più fortunato. Questo Cristo non sarebbe una una sapienza, ma una stoltezza, un’angoscia, non una benedizione. Si carica sull’uomo che è in difficoltà un’altra difficoltà, che è il moralismo. Noi dobbiamo portare un altro annuncio.

Gesù Cristo è la vita, è la luce che illumina ogni uomo, che gli semplifica la vita, che lo accompagna nella sua crescita, nella sua necessità di far fronte alla complessità della vita. Una vita che a volte è invivibile, attraverso il vangelo trova una via d’uscita, che è una chiave di sapienza e non una chiave legata al moralismo. Gesù Cristo è uno che mi dà la vita! Cristo è una persona vivente, che ci aspetta qui la domenica per aiutarci, perdonarci, rilanciarci, non per metterci il carico da 11!

Allora, dipende molto da quale Gesù Cristo ci viene annunciato. Non puoi uscire da questa celebrazione appesantito, tormentato! Se invece sei aiutato a trovare le soluzioni, perché le difficoltà rimangono, ma ti dico che Cristo ti accompagna nelle tue fragilità, allora questo prologo che dice “veniva nel mondo la luce vera” diventa interessante, perché questa luce che illumina ogni uomo, illumina anche te. Dalla sua pienezza abbiamo ricevuto e grazia su grazia. La grazia e la verità mi sono state trasmesse attraverso Gesù Cristo, cioè attraverso il vangelo che ascolto la domenica. Noi abbiamo bisogno assoluto di frequentare questo soffio della vita nuova in questo mondo oppresso. Senza questa luce si vive malissimo e questo dovremmo saperlo testimoniare. Dovremmo poter dire quello che dice il prologo: io ho una luce che mi ha illuminato, che mi ha dato sollievo.