Un tale aveva un fico piantato nella vigna

20-03-2022 III domenica di Quaresima di don Fabio Pieroni

Lc 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Anche se in modo immediato non c’è una relazione tra la prima e la seconda lettura in realtà questo collegamento è importante: la prima lettura ci parla della famosissima esperienza che Mosè fa nel deserto dell’Oreb quindi sotto il Sinai, in una situazione di totale fallimento, di depressione. Vive questa esperienza particolare: vede questo fuoco in mezzo alle spine e aspetta che si spenga e invece non si spegne, ed ha  questo incontro con Dio il quale lo invia al suo popolo che in Egitto è schiavo del faraone. Lo invia perché il suo popolo possa uscire e andare finalmente ad abitare la terra dove scorre latte e miele.

La terra dove scorre latte e miele è il simbolo, il modo di chiamare la terra promessa, cioè la libertà. Il latte e il miele fanno presente un albero che insieme con la vite rappresenta la pienezza, la realizzazione: il fico. I frutti del fico emanano un siero bianco, e sono dolci. Per questo latte e miele.

Dio dice quindi a Mosè: io voglio che tu vada lì, perché hai una grande missione che è quella  di far uscire questo popolo dall’Egitto perché è oppresso.

Il Vangelo ci fa poi presente due eventi gravi che opprimevano Israele. Si tratta di due eventi di cronaca. Il primo fatto di cronaca riguarda Pilato che era un sanguinario  e che per profanare l’operato del rito delle celebrazioni del tempio, non solamente era entrato dentro il Santo ma lì aveva portato degli zeloti, dei ribelli e aveva mischiato il sangue degli animali con il sangue di questi zeloti che venivano sgozzati in maniera efferata. Il secondo fatto di cronaca si riferisce a un’incidente perché una torre a Siloe (che è il luogo dove c’è la famosa piscina) era crollata provocando la morte di diciotto persone.

Immediatamente nasce una reazione, che è quella di sapere di chi sia la colpa: chi è il colpevole? Puniamo il colpevole e risolviamo il problema.

Gesù allora comincia a dire: no, vi dico ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo. Disse anche questa parabola un tale aveva un fico piantato nella vigna venne a cercarvi i frutti ma non ne trovò… ma che c’entra?

Vediamo un po’ di capire. C’è una oppressione degli ebrei schiavi in Egitto e c’è una oppressione degli ebrei sotto la prepotenza di Pilato e sotto la prepotenza di Roma, Sotto il dominio romano non c’era alcun diritto, e c’era la manifestazione della violenza più efferata e gratuita nei confronti di tutti. Ma si accanisce pure il caso, per cui cade questa torre. Questa situazione è anche la nostra: siamo oppressi, c’è una oppressione grave che nasce da tante cose. Certamente lo spavento, l’orrore della guerra, ma anche la frustrazione di non sapere i fatti, di non avere gli strumenti per leggerli.

Gesù però, invece di approfondire la cosa, se ne esce con la piantagione del fico. Sentite cosa scriveva Giovanni Paolo II in una nel 1987 per fare memoria dell’inizio della seconda guerra mondiale. Lui ribadisce alcuni principi giuridici che sono la base della convivenza personale, sociale, politica, internazionale. Oggi sta venendo meno non solamente la pace, ma stanno venendo meno anche questi principi giuridici che sono figli di una civiltà che li ha ottenuti col sangue. Questo è anche un altro danno enorme che sta capitando e noi non ci rendiamo conto che questo è il vero problema. Sentite che dice il Papa citando il Salmo che abbiamo appena letto :

“Mi hai gettato nella fossa profonda, nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Sal 88[87],7). Quante volte questo grido di sofferenza si è dovuto levare dal cuore di milioni di donne e di uomini che, dal 1° settembre 1939 alla fine dell’estate 1945, sono stati scossi da una delle tragedie tra le più devastanti e tra le più disumane della nostra storia!

Mentre l’Europa era ancora sotto il trauma dei colpi di forza, che erano stati perpetrati dal Reich e che avevano condotto all’annessione dell’Austria, allo smembramento della Cecoslovacchia e alla conquista dell’Albania, il primo giorno del mese di settembre 1939, la Polonia si vedeva invasa ad Occidente dalle truppe tedesche e, il 17 dello stesso mese, ad Oriente dall’Armata Rossa. La distruzione dell’esercito polacco e il martirio di un intero popolo dovevano purtroppo essere il preludio alla sorte che sarebbe stata ben presto riservata a numerosi popoli europei e, successivamente e nella maggior parte dei cinque continenti, a molti altri. (…)

Ma quanto è vero per l’uomo è vero anche per i popoli. Commemorare gli avvenimenti del 1939 significa ricordare che l’ultimo conflitto mondiale ha avuto come causa l’annientamento sia dei diritti dei popoli che di quelli delle persone. L’ho ricordato ieri, indirizzandomi alla Conferenza Episcopale Polacca.

Non c’è pace se i diritti di tutti i popoli – e particolarmente di quelli più vulnerabili – non sono rispettati! L’intero edificio del diritto internazionale poggia sul principio dell’uguale rispetto degli Stati, del diritto all’autodeterminazione di ciascun popolo e della libera cooperazione in vista del superiore bene comune dell’umanità. (…)

Non dimentichiamo che l’Organizzazione delle Nazioni Unite è nata, dopo il secondo conflitto mondiale, quale strumento di dialogo e di pace, fondato sul rispetto della eguaglianza dei diritti dei popoli.

L’esperienza ha sfortunatamente mostrato che l’uomo consegnato al solo potere dell’uomo, mutilato nelle sue aspirazioni religiose, diventa presto un numero o un oggetto. D’altro canto, nessuna epoca dell’umanità è sfuggita al rischio del chiuso ripiegamento dell’uomo su se stesso, in un atteggiamento di orgogliosa sufficienza. Ma tale rischio si è accentuato in questo secolo nella misura in cui la forza delle armi, la scienza e la tecnica hanno potuto dare all’uomo contemporaneo l’illusione di diventare il solo padrone della natura e della storia. Questa è la pretesa che si trova alla base degli eccessi che deploriamo. L’abisso morale, nel quale il disprezzo di Dio – e quindi dell’uomo – ha cinquant’anni or sono gettato il mondo, ci fa toccare con mano la potenza del «Principe di questo mondo» (Gv 14,30), che può sedurre le coscienze con la menzogna, con il disprezzo dell’uomo e del diritto, con il culto del potere e della potenza.

E’ necessario avere i principi, i dati delle notizie. Voi non dovete leggerle tutte, dovete avere un’igiene mentale altrimenti diventate matti.  Avete sentito che alla fine del discorso di Giovanni Paolo II c’è un riferimento a Dio. Che c’entra ora Dio nel discorso che il papa sta facendo? Sembra una stupidaggine, come sembra una stupidaggine il discorso di Gesù sul fico.  Ma Gesù sta dicendo: non è questione di andare a cercare il colpevole, è necessario coltivare i fichi. Vuol dire che è necessario formare la vita cristiana negli uomini, è necessario continuare questo lavoro fondamentale. Di fronte a quanto sta accadendo, quello che facciamo, la Messa, è apparentemente un lusso, una cosa inutile! Mentre siamo immersi in problemi gravissimi tu coltivi fichi? Tu ancora fai questo? Ma il fico è un uomo che abita, che dà il frutto della vita nuova, latte e miele, che capisce cosa è il diritto, che capisce che, come dice proprio il Papa, c’è il principe di questo mondo, c’è un’azione del demonio pubblica.

Meditiamo sugli estremismi cui può condurre l’abbandono di ogni riferimento a Dio e di ogni legge morale trascendente. E’ necessario formare le persone perché non abbiano la tifoseria come unico criterio di valutazione.

Questo è un Vangelo pazzesco, impressionante, che ci conferma nel fatto che noi dobbiamo aprire gli occhi, le orecchie, il cuore, cercando di barcamenarci in questo caos. Da otto anni a questa parte ci sono stati  14.000 morti… chi sono questi morti?  In Libia sono morte 10.000 persone, in Siria 400.000… quindi è chiaro che noi dobbiamo avere dei dati che sono geopolitica, che sono geografia,  poi però dobbiamo valutarli e questo è un lavoro che dovremmo fare. Invece noi siamo depistati costantemente ad approfondire stupidaggini.

Quindi questo è un po’ il momento che viviamo, che va vissuto con un certo distacco e non con la morbosità, sapendo quali sono i punti fondamentali che danno senso ai nostri ragionamenti. Il nostro punto di riferimento ce lo dà il magistero del Papa; tutte le encicliche sociali della Chiesa hanno sempre ribadito la necessità del diritto che è il principio fondamentale, e su questo noi dobbiamo lavorare. Ora è chiaro che io non posso spiegare che cosa sia la Dottrina Sociale della Chiesa a persone che non sono cristiane, perché se questo avviene nasce la politica storta che abbiamo avuto,  portata avanti da persone che conoscono magari anche il Magistero ma sono pagani.

Riflettiamo su tutto questo discorso, su questa operazione che la Chiesa deve assolutamente continuare a portare avanti. State anche attenti a tutta questa violenza tremenda che non è solamente delle armi, ma psicologica. Quello che vuole Dio da noi è che continuiamo a crescere, a portare il frutto, perché avete sentito che alla fine il contadino dice: è vero che non porta frutto, però adesso io non lo mollo! Ora vedrai se non lo faccio fiorire, comincio a zappettare, comincio a lavorare, poi  vediamo! Lascialo ancora quest’anno, finché io gli zappi e gli metta il concime e vedremo se porterà frutto. Altrimenti lo taglierai, ma intanto ora vediamo… Il Signore con noi vuole fare questo, rilancia sempre su questo, perché non vuole che rimaniamo in Egitto. Dall’Egitto si esce! Voi ed io dobbiamo mangiare latte e miele e vivere nella terra promessa.