Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento

07-01-2024 Battesimo di Gesù di don Fabio Pieroni

Mc 1,7-11

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Oggi celebriamo la festa del “Battesimo di Gesù”. Noi abbiamo bisogno sempre di una intelligenza che è una sintesi che cercherò di fare in un’omelia. Avete presente come si mangiano i panini che mangiano i giovani? A volte così sembra il Cristianesimo: da dove lo prendi? Da dove si inizia? Gli esegeti hanno colto nel Battesimo una chiave fondamentale di sintesi, perché effettivamente nei Vangeli (in particolare di Matteo e di Marco) si legge esplicitamente che quando Gesù invita i suoi apostoli in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro indicato” (sul monte delle Beatitudini, dove molti di noi siamo stati), da lì dice: “andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. La stessa cosa dice nel Vangelo di Marco; simile è il Vangelo di Luca. Giovanni lo dice in maniera completamente diversa. Ma soprattutto negli Atti degli Apostoli si riprende il discorso in cui c’è la prima predicazione di Pietro: “e quelli che ascoltarono si sentirono trafiggere il cuore”. E allora fanno una domanda: “Che dobbiamo fare?”. Pietro gli dice; “Fatevi battezzare!”.

A questo punto il Biblista non è più sufficiente per capire il Cristianesimo. Ci vuole il Pastore che non solamente fa capire le cose, ma le attua, le realizza.

Il Concilio Vaticano secondo (che è stato un momento in cui lo Spirito Santo ha ricordato alla Chiesa la sua vera identità), ha vissuto un grande confronto della Chiesa Cattolica nei riguardi della modernità, che metteva in crisi tutte le basi della cultura giudaico-cristiana a livello filosofico, religioso ed a tutti i livelli. C’è stata una formidabile risposta da parte dello Spirito Santo attraverso il Concilio che ha prodotto 4 documenti, il più importante del quale, per quanto ci riguarda, è la Sacrosanctum Concilium in cui si legge: “Pertanto come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch’Egli ha inviato gli apostoli. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini, non dovevano limitarsi ad annunciare il figlio di Dio che è morto e risorto, ma dovevano anche attuare l’opera della salvezza che annunciavano”. Cioè l’opera di salvezza non va solamente esposta, ma va attuata, incarnata, assimilata. E questa assimilazione trasforma un gruppo di persone nel popolo di Dio, nella comunità cristiana. Per fare questo ci vuole il Pastore, non basta l’esegeta o il biblista. Questo è molto importante!

Il Pastore, il Parroco, deve fare in modo che la realtà del cristianesimo si realizzi nelle persone. Questo avviene perché non si fa più riferimento solamente alla Bibbia, ma anche alla ricchezza maggiore della Chiesa che è il Magistero, la patristica, la pastorale.

Questa realtà deve essere aggiornata; infatti la Chiesa antica non si limitava ad annunciare ma anche ad attuare, attraverso la prassi del catecumenato che è stata poi fissata nei libri liturgici, per fare in modo che al loro interno sia cristallizzata la modalità attraverso la quale la Chiesa di tutti i tempi deve continuare a trasformare le creature in figli di Dio.

Diceva Tertulliano che: “creature si nasce, ma figli si diventa”. Per trasformare una creatura in figlio di Dio ci vuole una pastorale, un lavoro molto complicato che certamente deve essere illuminato nello Spirito Santo, ma esige una grande opera che è quella che noi facciamo in questa Parrocchia, che ha chiaro il fatto che non basta mettere sulla vostra testa un po’ di acqua, ma è necessario ripensare e riproporre in maniera moderna e nuova la prassi di questa trasformazione che anticamente veniva fatta attraverso il catecumenato, che è il modo di applicare il Battesimo sulle persone.

Nella nostra storia che nasce dal Concilio fino ad oggi, abbiamo avuto soprattutto in un’esperienza della Chiesa si chiama il “cammino neocatecumenale” la chiave per poter recuperare la prassi battesimale: è stata un’intuizione geniale di Kiko Arguello (che è ancora vivente) e di Carmen Hernandez (che è in Cielo) che ha rinnovato profondamente la prassi pastorale della Chiesa Cattolica.  Il cammino neocatecumenale ha poi fecondato tante altre realtà come quella dei Dieci Comandamenti che facciamo nella nostra parrocchia.

Nel rituale c’è scritta una prassi che è basata su alcuni momenti, tappe, segni, parole, gesti che bisogna assimilare e non si possono inventare. Quando si concepisce un bambino, bisogna vivere delle tappe per poter fare in modo che una donna rimanga incinta e poi lo dia alla luce. Così è anche nella vita cristiana: si tratta di vita, non di dottrina, di una vitalità che deve germogliare in ciascuna persona perché poi diventi non solamente un individuo particolare, ma una comunione di fratelli che vivono la stessa esperienza di salvezza, ci sono delle regole fondamentali.

Per esempio, noi stiamo per fare il rito del Battesimo per questa bambina. Si inizia con una domanda che io farò: che nome date alla vostra bambina? Per lei, cosa siete venuti a chiedere alla Chiesa di Dio? La prassi battesimale inizia con un percorso che precede la formulazione di questa domanda che dovrebbe essere un grido: io voglio la vita vera, perché sto morendo, non posso vivere così! La consapevolezza che innesca questa domanda così forte si chiama precatecumenato.

Se domandassi a coloro che frequentano i Dieci Comandamenti e i Laboratori se hanno fatto il precatecumenato, risponderebbero di sì, perché i Dieci Comandamenti sono il precatecumenato che ha la finalità che voi gridiate una domanda: voglio la vita vera, la vita di Cristo!

Se qualcuno mi chiede di essere battezzato e poi mi parla di cosa ha fatto la Roma, io non potrei  dare il Battesimo, perché questa non è una domanda seria. Però questo non si può fare e dobbiamo battezzare tutti. Infatti, il cristianesimo ha perso la sua forza, perché per fare in modo che una persona arrivi a desiderare le cose di Dio, ci vuole un lavoro grandissimo. Immaginate che i Dieci Comandamenti sono composti da 50 catechesi e 3 ritiri importantissimi nel corso di un anno e mezzo; il cammino neocatecumenale ha 2 anni di precatecumenato, perché venga educata nelle persone la domanda che ha una finalità e una forza quasi disperata, affinché ci si renda conto che senza la vita di Cristo non si può vivere, perché questa vita vince la morte! La morte è che tua moglie t’ha detto qualcosa che ti uccide se non hai Cristo; tant’è vero che uno si separa facilmente, se ha davanti una persona nevrastenica. Se io non ho una vita che vince la morte, cioè la vita del figlio di Dio che è risorta, che rimane in piedi, non posso fare un sacco le cose o le faccio malissimo, sempre disperato, sfasciato. Questa vita la può trasmettere la Chiesa attraverso la Parrocchia ed un cammino serio ed importante. Per questo noi facciamo questa pastorale attraverso il cammino neocatecumenale, la pastorale dei Dieci Comandamenti o dei Laboratori della fede, attraverso anche questo cammino iniziatico, perché bisogna essere iniziati alla vita. C’è un’iniziazione, non è una cosa per tutti. Il Cristianesimo è diventato a buon mercato, c’è una volgarizzazione, alla portata di tutti, che non regge davanti alle obiezioni che ci fa il mondo.

Come dicevo all’inizio sto facendo una cosa impossibile, cioè compendiare in un’omelia quello che noi facciamo nella nostra Parrocchia. Poi faremo il Battesimo in infusione, anche se a volte facciamo l’immersione nel fonte battesimale. La bambina riceverà quattro segni che hanno un significato profondissimo; ci sono biblioteche intere per spiegare cos’è la veste battesimale, il ministero di un cristiano che diventa “Sacerdote, Re e Profeta”.  C’è una teologia fondamentale che non è solamente compendiata nella Bibbia, ma in tutta la tradizione della Chiesa che è stata questa esperienza che durante i secoli si è depositata e valorizzata e che noi in questo momento storico dobbiamo essere in grado di trasferire a voi, perché possiate vivere la vita dei figli di Dio.

Adesso farò ai genitori alcune domande e poi seguite tutto il percorso che noi facciamo.

A seguire inizia una formazione permanente, per cui ci saranno i padrini che sono i catechisti. Ogni cristiano, soprattutto adulto, deve avere il catechista. Gli adulti, i genitori dei bambini del catechismo ridono quando io domando loro come si chiama il catechista dei loro figli, perché dopo 5 anni ancora non ne sanno il nome: il catechista si affatica assai per vostro figlio e ancora non sapete come si chiama, Ma il nome del mister sì. E’ tutto svalutato, svalutazione totale! Uno ridicolizza perché pensa che siano cose per i bambini, ma non è così.

Il catechismo è per gli adulti. Essere Pastore è complicatissimo; ho in mano la pecora che pesa settanta chili  e per portarla ho bisogno di collaboratori.