Tendi la tua mano e mettila nel mio fianco

11-04-2021 II domenica di Pasqua di don Fabio Pieroni

Gv 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Come capiamo noi questo vangelo?

E’ il vangelo del rimprovero a Tommaso che non crede che Gesù sia risorto, e che poi riceve la constatazione che Gesù è vivo e prende atto che queste ferite mortali sono state inflitte su questo corpo?
Questa è una lettura di questo vangelo, ma in realtà tutta la cinquantina pasquale ha una finalità, che ci porterà poi alla Pentecoste, che è quella di indicarci come partecipare alla risurrezione, per poter vivere e non per sopravvivere.
Come si fa a partecipare alla risurrezione?
La risurrezione non è un ritornare. Ogni parola italiana che ha il prefisso ri- ci dice qualcosa che c’era prima, poi ad un certo punto non c’è più, e poi ricomincia. Ma la risurrezione in realtà è la vita eterna, la vita nuova, la vita di Dio, una vita che l’uomo creaturale non ha mai potuto avere.
Come partecipare allora alla vita nuova, per vivere e non per sopravvivere, e addirittura per trasmettere la vita, per avere motivazioni nuove contro la vita che ci arriva addosso?
Che cosa ci dà la forza per vivere e vivificare? E’ la fede!
La fede non è credere e basta. Nel battesimo si chiede:
“Cosa sei venuto a chiedere alla Chiesa di Dio? “
“Il battesimo”
“Cosa ti da il battesimo?
“La fede”.
La fede è la vita! Chi ha la fede, ha la vita di Dio. Questa vita viene dall’amore: se io sono amato vivo, mi viene voglia di vivere. Quale amore? L’amore fino al sangue. Gesù si fa presente, non è che dopo risorto sparisce. E’ sempre con noi. Dopo la risurrezione Gesù si fa presente, si manifesta visivamente, ma non è che dopo se ne va. Diventa invisibile, ma c’è. Gli antichi Padri, in particolare Gregorio da Nissa, dicevano che se tu guardi la realtà con gli occhi della colomba, sai cogliere la presenza di Cristo in mezzo a noi.
L’amore fino al  sangue significa che io ho bisogno di essere amato, altrimenti non posso ricevere la vita, per cui devo toccare queste ferite, devo uccidere nuovamente, devo uccidere l’amore e  ricevere nuovamente questa botta di vita, che è assolutamente immeritata, sproporzionata, che è l’amore di Dio in me, la misericordia. Questo incontro mi dà la vita. Cristo deve morire costantemente, perchè a noi non basta, non basta, non basta… mettiamo sempre tutto in discussione. E Cristo dice nuovamente: dai, metti la mano nel costato!” Cioè “Uccidimi!, mi puoi ancora mettere in dubbio, distruggere… io sono con te!”.
Questa vita, che si chiama vita eterna, ci può consentire di portare le ferite degli altri. Questo si vive come comunione. Quando Gesù si manifesta con questo amore? Non “dopo otto giorni”, e basta, ma “dopo otto giorni, dentro la comunità”. Dentro cioè la comunità dei fratelli, il tuo laboratorio, dentro la messa della domenica… E la fede ti consente di vivere la tua vita. La comunità cristiana ha la missione di vivere la vita che gli dà il risorto. Questa è la vocazione di un cristiano.
Gesù deve farsi presente a Tommaso, non una ma tantissime volte, perchè la vita nasce dall’amore e l’amore è questa dimensione fino al sangue.  Perchè la mia fede rimanga viva, qualcuno deve costantemente amarmi fino a morire per me. La mia vita costa il  sangue di qualcun altro che mi si sta dedicando. Questo tante volte lo pretendiamo, chiediamo il sangue alle persone, e non è chiedere troppo perchè è l’unica cosa che può darci la vita: se tu non ami tuo figlio fino al sangue non è mai sufficiente!  E spesso non ci accorgiamo di essere amati così, perchè tutto è scontato, dovuto.
La Chiesa rende presente il Risorto come amore che mi consente di vivere nella dimensione del cristiano. Se io  mi faccio la mia vita da solo, individualmente, questa vita non mi arriva.
Questo dovrebbe stupirci, commuoverci, allora significa che è arrivata la vita. Questo è il grande dono che dobbiamo chiedere: incontrare l’amore del Risorto, incontrare il Risorto che è l’amore, la vita eterna.