Se vuoi, puoi purificarmi!

11-02-2024 VI domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

MC 1,40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

La prima lettura è tratta dal libro del Levitico e ci parla di una malattia, la lebbra. La lebbra  è quella malattia che esordisce attraverso l’insensibilità. Uno non ha più sensibilità, non senti più nè caldo né freddo, cioè le cose non ti fanno più ne caldo ne freddo. E’ la situazione di una persona che è stata esclusa dalla gente, dal gruppo, dagli amici, dalla sua missione, dal suo matrimonio. Si sente un estraneo, sta completamente solo, isolato, escluso dagli amici, forse perchè ha sbagliato, o perché ha una malattia. Fatto sta che a un certo punto c’è un’esperienza, che è quella della solitudine, del disprezzo, di chi si sente escluso anche da Dio. E’ la situazione di chi non si sente a suo agio con la piega che ha preso la sua esistenza, e si sente dispiaciuto, si sente un fallito, la sua vita è finita. Questa è la situazione di un lebbroso.

Allora per farvi capire meglio facciamo un esempio attuale: avete visto il Festival di Sanremo, che uno può leggere anche con l’occhio spirituale, ed io ho raccolto la testimonianza di Giovanni Allevi che vive la situazione di un lebbroso dove uno si sente escluso, si sente rovinato e si sente completamente escluso da quello che erano i suoi programmi e sta malissimo. Lui parla della sua esperienza dicendo: “All’improvviso mi è crollato tutto, a Vienna il dolore della schiena era talmente forte che all’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello, poi è arrivata la diagnosi pesantissima, ho perso il lavoro, i capelli, le certezze”. Ecco la lebbra! Uno si sente chiuso, emarginato, poi continua: “ma il dolore era come se mi porgesse degli inaspettati doni”, ha detto così.

Dentro questo dolore lui ha fatto questa esperienza, diceva ancora “oggi dopo questa malattia suonerei anche davanti a quindici persone, prima mi ero montato la testa; poi un’altro dono è la gratitudine nei confronti della bellezza del creato, non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanze dell’ospedale, il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto” sembra Giobbe, “un altro dono è la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, del personale ospedaliero e dei piccoli guerrieri (erano dei bambini che avevano la stessa malattia sua). Quando tutto crolla resta in piedi solo l’essenziale. Il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Com’è liberatorio essere se stessi! E non potendo più contare sul mio corpo, perché ho il tremore alle dita a causa della neuropatia, proverò adesso a suonare con tutta la mia anima” .

Ecco, che vuol dire questo? Che c’entra questo col Vangelo, che c’entra questo con noi? C’entra perché la guarigione è la malattia. Spesso abbiamo bisogno di sperimentare il fatto che uno è isolato, solo, incompreso, allontanato forse anche dagli altri. C’è un’esperienza privilegiata in chi ha vissuto una malattia, una problematica. San Francesco ha capito cosa potesse essere la misericordia quando ha fatto l’esperienza dei lebbrosi. I lebbrosi erano persone spacciate, allontanate, e lui si è sentito un lebbroso, però dopo ha avvertito il fatto che gli veniva restituita la cittadinanza, la comunione, la salute, e allora a partire da questa esperienza ha cambiato radicalmente il suo modo di vedere la realtà, il modo di vedere gli altri. Si nota anche in questi cantanti, chi ha avuto un’esperienza importante a questo riguardo, anche la stessa ragazza che ha vinto il Festival, Angelina Mango, che ha perduto suo padre così tragicamente e lo zio improvvisamente. Si sente dalle canzoni che lei interpreta, che viene da un’esperienza. L’esperienza della morte, della malattia è abitata da Cristo, e uno si ritrova unito al senso della vita. Avete sentito questo Allevi che Sapienza ha! San Francesco diceva così “quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro”, cioè lui come peccatore ha sperimentato la stessa situazione dei lebbrosi, perché un lebbroso ha la stessa situazione di qualcuno che si rende conto di quali siano i suoi peccati, che di per sè lo avrebbero escluso dalla vita. Il fatto di ricevere misericordia da Dio lo ha portato a poter incarnare tutta la sua esperienza, questa vicinanza a chi si sente escluso.

Poi c’è un’ultimissima cosa, una frase meravigliosa di un certo Beato Angelico, che era un grande pittore e diceva così “dietro l’oscurità, alla nostra portata vi è una luce, guardatela dunque, generosa la vita con i suoi doni; ma noi che vediamo solo l’apparenza, giudichiamo la vita pesante, dura, amara, strappiamo questa scorza e sotto vi troveremo uno splendore vivo, afferratelo! Toccherete allora la mano dell’angelo che ve la porge nelle nostre pene, nelle nostre sofferenze, credetemi, c’è la mano dell’angelo”.

Noi abbiamo troppa fretta di guarire, di risolvere il problema, invece c’è un tempo per essere guariti, un tempo per essere malati, un tempo per sperimentare il proprio peccato, per poter sperimentare veramente la misericordia, il perdono. C’è un tempo del dolore, c’è un tempo della gioia, però le due cose devono stare insieme, perché si nota una persona che ha misericordia perché è stato un peccatore; si nota una persona che è umile perché ha scoperto quanto era brutto essere uno spaccone, un superficiale e questa scoperta è dolorosa.

Noi vogliamo, in tempo reale, avere la soluzione del problema, e infatti il lebbroso non obbedisce a Gesù. Comincia così a straparlare, non ha imparato quasi nulla dalla Sapienza dell’amarezza del dolore, dell’esclusione, si dimentica subito, non è più disposto ad ascoltare nessuno, se ne va per gli affari suoi. Però per noi questa è una cosa importante. Avete sentito anche il Salmo che ci parlava del fatto che tante volte quando uno sta in difficoltà lo nasconde pure a se stesso, invece “beato l’uomo a cui è rimessa la colpa”. Chi è che ti rimette la colpa? Nessuno! Se qualcuno ti rimette la colpa significa che ha incontrato Dio! Solo Dio può perdonare! E capisci anche quanto è brutto rimanere non perdonato, rimanere col rimorso. “Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato …ti ho manifestato il mio peccato non ho tenuto nascosto il mio errore e tu hai rimesso la malizia del mio peccato” e allora uno si rende conto quando sta dentro una situazione inestricabile, dove chi dovesse accorgersi della tua situazione, ti scaccerebbe fuori, si scandalizzerebbe definitivamente.

C’è qualcun altro invece che ti accoglie, questo lebbroso viene si sente accolto, guarito, ma non salvato. La salvezza nasce proprio quando questa malattia ha portato lo spirito di Cristo, che è quello della gratitudine,  della comprensione dell’altro, ma nessuno può comprendere l’altro se non ha sofferto. Ecco perché, poi, per San Paolo a seguito dell’esperienza della sua sofferenza il perdono è stato una luce che lo ha guidato costantemente per annunciare il Vangelo, per ricostruire le persone distrutte.

Quindi, quello che abbiamo scoperto qui è che la guarigione è la malattia. La malattia ti porta molti doni, che spesso poi dimentichiamo. Invece questa parola è molto impressionante perché qui c’è il senso dell’incontro di Francesco con il lebbroso, perché il lebbroso è lui peccatore e quando uno è lebbroso, non guarisce più. Invece Dio l’ha guarito e siccome ha fatto questa esperienza sorprendente, la sua evangelizzazione è stata potentissima, perché ha annunciato al mondo questa esperienza, non una teoria, non una dottrina, non un’etica, non una morale, ma un’esperienza.

Ecco io spero che tutti noi, quando ci sentiamo in difficoltà capiamo che c’è un dono che sta arrivando, c’è un un dono incartato male. E quando qualcuno sbaglia davanti a noi, ricordiamo che noi pure abbiamo sbagliato, e questo non significa che mal comune mezzo gaudio, o che non è niente. No, è che così come tu hai ricevuto pazienza, perdono, cura nelle difficoltà, anche chi ti sta accanto ha bisogno di questo. Ecco, allora questa è un’esperienza veramente sorprendente di questo Vangelo, in cui poi Gesù si stabilisce proprio lì, nella terra di nessuno, dove nessuno vuole entrare, che è la terra della solitudine perché chi entrerà nella solitudine, nell’esclusione troverà questo incontro direi sorprendente con il Dio della vita.