Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello

10-09-2017 XXIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

La prima lettura parla di questa iniziativa di Dio che costituisce sentinella una persona e le affida una responsabilità: se vedi uno che sta sbagliando, avvertilo. Se non lo avverti, il male che verrà compiuto sarà imputato alla tua indolenza, ne sarai responsabile. Poi abbiamo ascoltato la seconda lettura dalla lettera agli ebrei in cui si parla della correzione: chi è che non viene corretto? Il bastardo, cioè colui che non ha padre. Chi non ha il padre non è corretto e non accetta le correzioni.

Il vangelo ci parla poi di questa progressione che Gesù spiega ai suoi discepoli: se un tuo fratello commette una colpa, c’è un primo livello in cui tu vai da lui e gli dici che sta sbagliando. Se non ti ascolta prendi due o tre testimoni. Se ancora non ti ascolta, lo porti davanti all’assemblea. Se non ti ascolta neanche davanti all’assemblea sia per te come un pagano e un pubblicano.

Questo che dice Gesù è un comportamento complicatissimo! Tu prova a correggere una persona che sta guidando la macchina mentre parla al cellulare!! Devi imparare a rimanere tranquillo se hai cara la pelle! Qui si sta parlando di un livello molto alto, non indirizzato a qualunque persona, anche se la Chiesa dovrebbe essere questa sentinella per il mondo, per la città, per il sindaco.

Innanzitutto questa parola è indirizzata ad una comunità, alla comunità parrocchiale, ma ancora di più a ciascuna piccola comunità che si inserisce nella comunità più grande che è la parrocchia. Infatti dice il vangelo: in quel tempo Gesù disse ai SUOI discepoli. Ci sono insegnamenti di Gesù che sono indirizzati ad-intra, cioè all’interno della comunità, ed insegnamenti che sono ad-extra, cioè che affida ai cristiani perché li portino fuori da se stessi. In questo vangelo si sta parlando di quello che accade dentro l’ecclesìa, parla infatti di assemblea. L’assemblea, l’ecclesìa, è la comunità. Quindi qui si parla di un insegnamento che Gesù sta dando ai cristiani che stanno convertendosi, che stanno crescendo, che stanno dando qualità alla loro vita. Tutti noi siamo refrattari alla possibilità di essere corretti, perché siamo estremamente fragili, siamo estremamente bloccati, perché non possiamo morire, non possiamo cioè non essere amati, non essere confermati. Se avviene una cosa del genere, uno va in crisi completa e pensa che tutti ce l’abbiano con lui, che c’è un complotto e quindi si crea una grande frattura, una frantumazione. Non è facile ricevere una critica, che potrebbe essere vera o sbagliata, come pure è molto difficile trovare una persona che abbia il coraggio di rischiare la reazione alla critica, che potrebbe essere il perdere un’amicizia. Tu vuoi un’amicizia più vera? Più profonda? Vuoi sottolineare quel problema che vedi e che tutti vedono, ma che il tuo amico non vede? Prova a dirglielo!

Ora non mi interessa applicare questa parola alla Chiesa istituzionale che interviene sul mondo o come una missione che ciascuno di noi deve avere nei riguardi dei propri colleghi. Questa parola riguarda la comunità. Quale comunità? La nostra! Dobbiamo essere pronti, se vogliamo vivere un’appartenenza, ad aprirci alla possibilità di venire criticati. E’ chiaro che la modalità è importante, non è secondaria. Perché quando uno pensa di avere ragione tira fuori il suo atteggiamento da giustiziere, e quindi emana una violenza pazzesca. Già è un atto violento il non confermare la persona nella stima che quella pensava di avere a 360 gradi, figuriamoci se poi uno la affronta con una modalità sbagliata.

Ecco la finezza di una parola così complessa come quella che abbiamo ascoltato. Di per sé sembra una ricettina facile facile, ma è tutto il contrario. Questa è una parola che noi dobbiamo accogliere dentro di noi, dobbiamo rifletterci, applicarla a noi stessi sapendo che ci vuole una grande sensibilità e sapendo anche che dobbiamo mettere in conto che se uno vuole stare veramente in comunione non può pensare di essere sempre una persona vezzeggiata. E non possiamo mettere in discussione tutto il pregresso solo perché qualcuno ci ha fatto notare un nostro errore o un nostro problema.

Capite quindi che oggi il vangelo ci propone una parola molto impegnativa e ciascuno di noi si dovrebbe domandare: in quale misura io sono aperto ad una correzione che gli altri potrebbero farmi? E poi: in quale misura io sono capace di poter dire una parola ad una persona?

E’ chiaro che chi corregge può pure sbagliare! E’ molto complesso questo discorso… Noi non riusciamo a reggere la verità. Ci può essere un diverbio, le cose si risolveranno, ma ci vuole tempo, non si risolvono subito, in tempo reale. Occorre tempo. Ecco cosa vuol dire essere maturi dentro una comunità.