Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare

19-10-2008 XXIX domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Matteo 22,15-21

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

Abbiamo ascoltato in questo vangelo che Gesù aveva ridotto al silenzio i farisei, facendogli fare una brutta figura, e questi per vendicarsi provano ad attirarlo in un tranello. Si recano da Gesù insieme ad alcuni erodiani, che erano i collaborazionisti dei romani, e gli chiedono: “E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Così, se Gesù avesse risposto: “No, non è lecito” lo avrebbero preso subito come un sobillatore degli ebrei e l’avrebbero condannato a morte. Volevano coglierlo in fallo: “E’ vero che tu non guardi in faccia nessuno? Allora, dicci un po’…”. Gesù dice: “Perché mi tentate?”, e fa vedere una moneta dove era impressa la faccia di Cesare, di un uomo che fa finta di essere Dio. “Di chi è questa immagine?” chiede, e gli rispondono: “E’ dell’imperatore!”. Gesù poi gli dice: “Ipocriti!”. Ipocrita è una persona falsa, perché ipocrita in realtà significa fondamentalmente “attore”.

Gesù utilizzava questo vocabolo, ipocrita, perché lui abitava a Nazareth, ma aveva lavorato sempre in un’altra città che si chiamava Sefforis, vicino a Nazareth e che era una grande città romana. Quando arrivavano i romani e volevano romanizzare una città, portavano il teatro ed entravano nella cultura di quel popolo, facendo delle rappresentazioni. All’epoca, gli attori recitavano con una maschera, e si chiamavano ipocriti. Solo in seguito il significato della parola ipocrita è diventato falso, inizialmente la parola ipocrita significa attore, perché gli attori avevano una maschera.

Dice allora Gesù: “Vedete che voi avete una maschera? Con quale faccia mi parlate? Con che faccia voi mi venite a fare questa domanda, con la conseguenza che io possa pure essere condannato a morte! Vergognatevi! Sapete cosa vi dico: date a Cesare quello che è di Cesare! Strappatevi questa maschera e restituitela a questa mentalità da megalomani che avete cominciato ad assumere. Restituite a voi stessi il volto che dovreste invece avere.”.

Molto spesso anche noi facciamo così: assumiamo l’atteggiamento di chi si è montato la testa. Indossiamo una maschera. Non abbiamo la faccia di Gesù Cristo, non parliamo con la sua verità, con la sua nobiltà, ma con un atteggiamento da megalomane. Non è facile strappare questa maschera, per restituirla a Cesare. Ci vuole tempo. Se non ci lasciamo conformare dalla Chiesa che ci dà non una maschera, ma il vero volto in cui noi siamo chiamati a vivere, siamo sempre in dissidio con noi stessi, non sappiamo chi siamo, siamo imbarazzati.

La parrocchia cerca di dare a Dio quello che è di Dio. Cosa è di Dio? L’uomo. Che cosa è proprio dell’uomo, cioè che cosa si addice ad un uomo? Assomigliare al volto di Dio, che è quello di Cristo. La formazione, la conformazione a questo volto è esattamente l’opera che facciamo noi della parrocchia: cerchiamo di modificare la fisionomia dei vostri figli, di tuo marito, di tua moglie, ad un cristiano, e non a una persona che fonda la propria autorità sulla violenza, sul sopruso, sul sotterfugio.

E vi dico anche: state attenti, perché la formazione a questa somiglianza richiede tempo. Non ti mettete subito a fare il maestro, stai calmo, fatti lavorare, aspetta un attimo! Non parlare da maestro, parla sempre da discepolo!

Carissimi, io questo voglio dirvi: cosa vogliamo fare noi nella parrocchia? Stiamo iniziando una serie di catechesi. Perché? Per insegnarti la dottrina? No! Voi venite qui per essere conformati ad un’altra persona, che è Cristo. Quando gli assomigli sei la persona più simpatica del mondo, ma questa somiglianza esige un grande lavoro. Per questo devi venire qui!