Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese

06-01-2020 Epifania del Signore di don Fabio Pieroni

Mt 2,1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Partiamo dal vangelo che sembra un raccontino, con i magi, la stella, i doni… La letteratura del vicino oriente cristiano e lo stesso Israele di 2000 anni fa si esprime in una modalità midrashica.  I Midrash sono dei dei racconti, delle favolette che hanno vari livelli di comprensione e di approfondimento.

Dentro questa storia, che non è una favola ma è raccontare in modo che sembri una favola, un mito, vanno esaminati tutti gli elementi.

Ci sono dei personaggi che vengono dall’oriente. L’oriente è un punto di riferimento. I magi lasciano questo punto di riferimento e vanno altrove, cercano un altro punto di riferimento. Questo è importante!

Seguono una stella che cambia la loro cosmogonia, la loro visione della vita. Quando nella scrittura si parla delle stelle, questo indica che c’è un trauma, una rivoluzione copernicana. Questi camminano, arrivano alla capanna, provano una grandissima gioia, poi ritornano per un’altra strada, ripartono con una grandissima forza.

Abbiamo poi ascoltato un solenne appuntamento che la Chiesa ci dà, perché succeda qualcosa che ora vedremo.

Ma ripartiamo da questo discorso delle stelle. Qualsiasi persona tra di voi ha avuto questa esperienza. San Paolo ci racconta che ha visto una grandissima luce, come una stella, che lo ha azzerato, lo ha disarcionato dal suo modo di affrontare la vita. Da allora la sua vita è del tutto cambiata. Questa esperienza è stata vissuta da tutti voi: c’è stata una predicazione, una catechesi, il percorso dei 10 comandamenti, quella persona che ti ha segnalato che forse Dio può essere presente dentro la tua storia… che ha modificato il vostro modo di valutare di approfondire, di affrontare la vita. Questa è l’esperienza dei magi.

Sicuramente ciò che festeggiamo oggi non è solo un fatto storico, è un fatto spirituale che ha dei nomi. La tua stella ha un nome e cognome preciso, è successo qualcosa di concreto che ha modificato per esempio il tuo modo di celebrare la domenica. Questa favoletta allora già comincia ad essere una chiave di lettura straordinaria che ci permette di fare una sintesi della vita cristiana.

Il problema, però, è che noi possiamo tornare ai vecchi punti di riferimento. Basta niente, e la celebrazione di oggi vorrebbe aiutarci a ripartire con una nuova convinzione. Dopo questo tempo forte del Natale, si torna al tran tran quotidiano, e bisognerebbe che dentro di noi concepissimo una decisione di ripartire con forza, con determinazione. Tra poco arriverà il tempo della Quaresima, della Pasqua, della Pentecoste, perché tutta la nostra vita, come diceva l’annuncio, deve essere avvolta dalla luce della stella, cioè dalla liturgia che ci accompagna, ci spinge.

La liturgia è il luogo dove appare Dio, dove appare Cristo. E’ lui che ti aiuta, ti sostiene. C’è un’apparizione concreta, importante di Dio, è l’Epifania. Quando Dio si manifesta, respiri, rifiati, riprendi la tua voglia di vivere. Trovi il bandolo della matassa, capisci che c’è una via d’uscita dalla tua situazione di sofferenza. La liturgia è il luogo dove Dio ti appare. Certamente c’è stato il big bang, quell’esperienza straordinaria, ma per dare seguito, occorre ripartire per un’altra strada.

Non è solamente difficile iniziare, ma ancora di più è lo stare dentro le cose, e non possiamo contare sulla nostra volontà, abbiamo bisogno di essere sostenuti. La liturgia è lo strumento più importante che abbiamo. La liturgia non è un tipo di attività che noi svolgiamo per accattivarci la simpatia di Dio nei nostri riguardi, è un’azione di Dio per noi, insieme con noi, che ci tiene dentro questa nuova cosmogonia che è stata rivoluzionata attraverso questo evento che ti ha cambiato.

A tutti noi una stella è apparsa e tutto è cambiato. Abbiamo abbandonato l’oriente! E’ necessario vivere un momento di disorientamento perché il cristianesimo, quello vero, non obbedisce alle leggi della creazione, della natura. Le supera, le cambia. Le leggi della ragione non sono sufficienti per poter vivere nella storia. La storia contraddice la ragione. Quello che viviamo è assurdo, però c’è. Non si capisce, ma c’è! Il 90% delle cose che viviamo sono difficili, ingiuste.

Cristo dice: Io sarò con te, ti apparirò! Ogni domenica saremo insieme, ma ci saranno altri momenti fantastici, importanti, che non saranno un modo in cui ti aiuto ad alienarti dalla storia, ma nei quali entreremo insieme dentro la storia.

Questa è la chiave ermeneutica per vivere la nostra esistenza. Questa è l’esperienza cristiana della salvezza: sperimentare che qualcuno ti accompagna, ti sostiene.

Quindi, ecco l’altro punto importante, questa celebrazione dovrebbe aiutarti a fare un salto di qualità. Quale? Ci sono nella Chiesa i più lontani, quelli che hanno un’appartenenza debole alla parrocchia e quelli che hanno un’appartenenza forte. Ora quelli che hanno un’appartenenza forte, rimangono spesso ad un livello che è quello di pretendere che il prete, il catechista, ti dia qualcosa di positivo per te. Ma ad un certo punto è necessario che tu smetta di essere “oggetto”,  diventi tu missionario, diventi tu il soggetto, sei tu che fai la catechesi, sei tu che dai testimonianza, sei tu che racconti che hai cambiato i punti di riferimento, che vieni aiutato dalla liturgia. E allora cominci a renderti conto che fai parte della Chiesa, che sei la Chiesa. Sei questa luce, perché Dio ti ha chiamato!

Io vedo tantissime persone, tantissimi fratelli nella nostra parrocchia che non solamente prendono, succhiano, ma hanno già questo atteggiamento missionario. C’è una grande appartenenza che non è solamente di chi riceve. E più uno dà e più si sente vivo. State diventando un dono. Un uomo, una donna diventa se stesso quando diventa un dono, tutta la sua vita è un dono. Il dono è una cosa preziosa. Tu sei una cosa preziosa. E’ importante avere questa percezione che contraddice la nostra stella dell’oriente. Se noi facciamo questa rivoluzione, ci accorgiamo che abbiamo una dignità in Cristo che è straordinaria. Lui ci ha chiamati. Questo cambio è avvenuto, bisogna mantenerlo e ripartire con decisione aiutati dalla liturgia che ci accompagnerà. Questo ci porterà ad essere missionari, testimoni.