Non hanno vino

19-01-2025 II domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Gv 2,1-11

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù.Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui

Partiamo dalla prima lettura del profeta Isaia, il quale è come se facesse un giuramento, una scommessa; ad un certo punto ci dice che non è possibile che si continui a definire la nostra situazione come di abbandono, di devastazione, perché noi la vediamo costantemente dappertutto, anche dentro di noi, nelle nostre relazioni, nella nostra vita difficile. Potremmo paragonare questa devastazione con quello che potrebbe succedere qualora, per esempio, una grande petroliera attraversasse il Mar Rosso, che è famoso per le sue barriere coralline meravigliose; se ad un certo punto avesse un’avaria e cominciasse a rilasciare il petrolio, questo inchiostro nero si riverserebbe dentro il mare così pulito e tutti i pesci, tutti i coralli verrebbero macchiati e annientati da questa devastazione. San Paolo ne parla quando nella seconda lettera ai Tessalonicesi dice che è in atto il “mysterium iniquitatis”, lo chiama così: il mistero dell’iniquità. Dentro però questa operazione che fa il principe di questo mondo (che San Paolo chiama Satana, cioè quello che accusa, che distrugge gli altri, che si diverte a farlo ed a cui spesso facciamo il verso perché tendiamo a imitare questa arte del sarcasmo, della distruzione della fama altrui), c’è pure qualcuno che invece rema al contrario: questo è Dio, che fa delle cose nuove ed è una scommessa, perché nella Bibbia si trova anche un uomo di nome Qoelet che dice: “una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa. Ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole. C’è forse qualcosa di cui si possa dire: guarda questa è una novità?”. La novità non è solamente una cosa diversa, ma una cosa bella, inaudita, che ti rallegra, che ti fa emozionare, perché le cose nuove spesso possono essere anche peggiori delle precedenti. E allora com’è possibile che ci possa essere un vino nuovo? Il Vangelo parlava di questo segno che Dio fa in una situazione di sofferenza, di un matrimonio, di una relazione che comincia a perdere i colpi, a perdere l’entusiasmo: non è solamente il segno di un matrimonio propriamente detto tra marito e moglie, ma è anche la nostra relazione con la vita che abbiamo scelto, che ci siamo trovati. Magari uno vorrebbe avere un po’ di entusiasmo, un po’ di convinzione ulteriore, mentre invece molto spesso tutti “ti aiutano per la discesa”, ognuno tende a spegnere i tuoi entusiasmi; anzi, dai pure fastidio quando sei troppo contento, perché è una novità.

Noi abbiamo una specie di complicità con questo regista che tende alla distruzione, c’è un cosiddetto “architriclinio” del “mysterium iniquitatis”, che è come un maestro di tavola che ti fa gustare delle cose pessime. A un certo punto, viene a mancare il vino; nella Bibbia, non è solamente la bevanda, ma è la carica che hai, la voglia di vivere: se viene a mancare questo, in qualsiasi ambito (svegliarti alla mattina, entrare nel tuo lavoro, affrontare le problematiche), se non c’è un po’ di carica, se la mattina anziché alzarti, vorresti fare la Compieta perché già la giornata è iniziata male, significa che c’è la depressione. Il vino non è un qualcosa di voluttuario, ma è il segno di chi si sente amato, di chi si sente non più devastato, non più abbandonato, che avverte questa gioia dello sposo che è questo Dio.

Allora noi facendo il Giubileo, vogliamo attraverso la Chiesa, pompare dentro la realtà un vino nuovo, un rimedio a questo inchiostro nero. È possibile che questo avvenga innanzitutto perché c’è una donna che è Maria che lancia l’allarme e ci dice che le cose non vanno male solo perché ci sono le guerre nel mondo, ma il problema è che viene a mancare la carica interiore per voler vivere: è lei che prende questa iniziativa, lancia questo allarme. Lo ha lanciato anche a noi, perché un legame con Dio dipende molto da Lui; tant’è vero che durante il matrimonio a Cana, viene a mancare il vino e Maria si rivolge a Gesù che gli dice: “che ho da fare con te o donna?”. Maria però prende l’iniziativa e si rivolge ai servi dicendo loro di fare quello che Gesù dirà loro. Gesù rimane così spiazzato da questa modalità di sua madre che dice: “fate quello che vi dirà”. Questi servi siamo noi stamattina e Gesù ci dice: “andate a riempire le brocche”. Ci dovremmo domandare per quale motivo dovevano riempire le giare e con che cosa: sembra che non c’entri niente, però c’entra. Io ti dico che per vivere con più carica la tua vita e fare le cose, non solamente devi riempire di acqua le giare, ma fino all’orlo; è come se vi chiedessi di fare un’immagine della porta Santa e mi fate un capolavoro, fino in fondo, in modo perfetto, in modo entusiastico, in modo serio, perché vi fidate: c’è una fiducia che consente a Dio di cambiare l’acqua in vino nuovo, di modo che certamente non c’entra logicamente il nesso tra l’acqua e il vino, ma l’acqua può diventare vino nella misura in cui c’è una fiducia a vivere nelle cose di Dio in maniera seria. Questo produce un cambio dentro di noi ed è una delle cose che speriamo avvengano attraverso la Chiesa per la città di Roma: cioè venga trasmesso questo vino nuovo in questa devastazione, in questa situazione di svogliatezza, di amarezza generalizzata, che a partire dalla nostra parrocchia noi possiamo accendere in noi un entusiasmo nuovo.

L’invito a fare il Giubileo vi stato già fatto: l’appuntamento è per sabato prossimo 25 gennaio; alle 08:30 stiamo davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano; ma chi volesse e potesse noi ci incontriamo mezz’ora prima, cioè alle 8:00 da Santa Croce in Gerusalemme facendo una processione fino alla Basilica. Ecco, allora, se tu fai questo, cioè metti acqua in queste giare e le riempi fino all’orlo, Dio ti dice che ti farà fare un’esperienza mia, di Dio; e questo ti risolleva, ti dà un dono importante. È bello oggi che noi riceviamo una promessa, anche perché se la Chiesa a Roma è stata chiamata da Dio a vivere questo Giubileo, io sono sicuro che questo vino nuovo verrà trasmesso e noi possiamo beneficiarne. Però noi dobbiamo lavorare su di noi e sulla nostra parrocchia, non siamo chiamati ad occuparci di altre situazioni. Quindi fate bene questo, facciamo questa iniziativa e poi ne parleremo, l’approfondiremo; questo vino nuovo è il rimedio alla devastazione della prima lettura, ma questo cambiamento si fa attraverso dei piccoli affidamenti, obbedienze al maestro di tavola, ma soprattutto a Gesù che dice di riempire di acqua le giare. Vedrete che mentre attingerete quest’acqua, la porterete ad assaggiare a terze persone, ne avvertiranno il sapore inaudito, del tutto nuovo che tutti ci aspettiamo dalla vita che viviamo.