GV 14,20-29
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».Abbiamo ascoltato il primo brano della scrittura di oggi che è tratto dagli Atti degli Apostoli e questa lettura è interessante perché è molto consolante, perché dice: “poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.” Il primo punto è che c’è tutta una tensione in questo brano: ci troviamo nella famosa comunità di Antiochia di Siria (ci sono due Antiochia quella che sta in Turchia e quella che sta appunto in Siria) perché era particolarmente carismatica ed aveva sorpreso la comunità di Gerusalemme dal momento che vivevano in armonia assoluta; ma inviano Barnaba per capire se son matti oppure no. Lui va e verifica che non son matti, ma animati dallo Spirito Santo e tornano a Gerusalemme per raccontare le meraviglie del Signore. Poi però, dopo tanto tempo, tornano ad Antiochia e vedono che lì è successo tutto, c’è un enorme trambusto ed una grande tensione. Barnaba e Paolo tornano a Gerusalemme e raccontano come la situazione sia cambiata e quindi vengono rimandati, con altri 2 di nome Barsabba e Sila; gli scrivono una lettera: “abbiamo scoperto che ci sono delle persone che vi stanno sconvolgendo”. Ecco per me questo è molto consolante, perché noi siamo rimasti a una lettura degli Atti degli Apostoli idealizzata. Nel capitolo 2, infatti, si dice che “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane… un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli”, cioè, c’è una lettura idealizzata della comunità. Invece è consolante sapere queste cose, perché c’è bisogno di un carisma fondamentale per la comunità cristiana (che è particolarmente irrequieta), che non è solamente quello della catechesi che anima delle persone, le incuriosisce, le attrae, le affascina, ma poi ha bisogno di altro: del carisma e del governo, perché ci sono tanti spiriti, tante ricchezze, tanti errori, tante rivalità, ma molto spesso quello che è difficile da gestire sono le qualità, la ricchezza, le personalità forti che sono certamente una grande risorsa ma va gestita. Vi dico questo perché lo Spirito Santo ci aiuta a comprendere che dobbiamo uscire fuori dalla idealizzazione, perché anche una comunità famosa come quella di Antiochia, che forse è la più importante degli Atti degli Apostoli, viveva dei momenti di grande difficoltà; per fortuna c’era una comunità attenta e soprattutto Paolo e Barnaba che la governavano. Sappiate però che, subito dopo, (nel 16° capitolo) quando Paolo e Barnaba vogliono intraprendere il secondo viaggio missionario (ne avevano già fatto uno che era durato 2 anni, mentre questo secondo durerà 4 anni) litigano e Barnaba sparisce: Paolo, che era un prepotente, ha la meglio; com’è strana la vita.
Noi dobbiamo saper leggere questi testi, perché il Cristianesimo non è così perfetto, idealizzato, ha delle difficoltà. Questo è un primo punto importante e cioè che lo Spirito Santo guida, gestisce, e non è che ora non c’è più, forse ce n’è pure troppo e va gestito. Quando in un gruppo anche di bambini delle comunioni e delle cresime, ci sono tante personalità, vanno armonizzate ed è molto difficile; allora c’è chi si arrabbia, chi decide di andare via, chi abbandona tutto ed io devo chiamare, parlare e cercare di risolvere le situazioni di difficoltà. Questo è il governo che fa il pastore, questo faccio io.
Ora vediamo la seconda parte del Vangelo che è difficilissimo; subito dopo la parte finale del discorso della vite ed i tralci c’è quella in cui Gesù parla strano e parla di un’iniziativa di Dio dicendo: “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Che vuol dire? È una cosa molto difficile, tant’è vero che l’hanno spiegata fondamentalmente i grandi cristiani (i santi), soprattutto sottolineando un aspetto della santità che si chiama la “mistica” o “misticismo”. Questa è una tematica pazzesca ed è la dottrina della inabitazione dello Spirito Santo nella coscienza dei cristiani. Ci sono tanti mistici, il più importante si chiama Sant’Agostino, ma poi ci sono San Tommaso, Santa Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce, Santa Elisabetta della Trinità e noi con il laboratorio attingiamo a questa ricchezza della Chiesa che è inesauribile. Voglio leggervi due citazioni: la prima di Pio XII nel 1952 quando parlò di questo e disse: “la coscienza è come il nucleo più intimo e segreto dell’uomo; là egli si rifugia con le sue facoltà”; cioè la dimora è il cuore, si chiama coscienza. Quindi l’organismo spirituale tiene conto certamente di quello psicologico e psicoterapeutico, però oggi noi siamo molto assolutizzanti: ci manca parecchio l’aspetto della spiritualità, della preghiera, della conversione, dell’accoglienza dello Spirito Santo, che certamente interagisce con la persona umana procurando, causando dei cambiamenti, anche a livello psicologico. I cristiani però sono convinti che non ci sia solamente una risorsa legata alla propria intelligenza, alla propria facoltà psicologica, ma c’è un intervento esterno soprannaturale da parte di Dio che arriva al cuore dell’uomo che la tradizione cristiana chiama il luogo del cuore o la coscienza. Dovremmo parlarne tanto, dice che “là egli si rifugia, là egli discerne il bene dal male, là egli sceglie la sua missione, il cuore e la coscienza dove Dio dimora e Dio viene a dimorare dentro di noi”. Il primo che ha parlato di questo abitare nel cuore è Sant’Agostino. Vi cito questo: “stimolato a rientrare in me stesso sotto la guida tua, entrai nell’intimità del mio cuore” e noi sappiamo che quando uno esce da questa intimità, esce da questa dimora, diventa scemo. Infatti, vi ricordate il figliol prodigo? Quand’è che comincia a cambiare? Quando rientra in se stesso! Invece noi siamo costantemente distolti dal rientrare in noi stessi. Guardate questo periodo: non c’è qualcuno che ci aiuta; speriamo che la nuova realtà che il Papa sta organizzando ci aiuti, però noi lo facciamo qua in parrocchia.
Ora è uscito il discorso di Garlasco e tutti a guardare le notizie su questo fatto. Ma che cos’è? Si fanno così i processi? In televisione? Viviamo in una inciviltà assoluta sia dal punto di vista giuridico, ma ancora di più dal punto di vista umano e spirituale: un altro sbaglio enorme, perché noi ci alimentiamo (come fanno gli avvoltoi) delle cose scadute, delle cose morte e dobbiamo saper selezionare questa roba, non la posso mangiare, non lo posso interiorizzare perché questo mi fa male. Io devo interiorizzare, lavorare sull’azione di Dio in me come fa Sant’Agostino nelle confessioni. In particolare, lui dirà: “tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova. Ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori, e lì ti cercavo, e io brutto mi avventavano sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te, poi mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità, mi hai abbagliato, mi hai folgorato e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai respirato su di me il tuo profumo e ora anelo a te, ti ho gustato e ora ho fame e sete di te, mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”. Allora, così hanno inteso i santi questo Vangelo, perché può essere anche letto dagli esegeti: uno legge il testo greco e si accorge che ci sono dei verbi interessanti. A volte è importante questa chiave della esegesi ma qua stiamo parlando della chiave invece legata ai santi, ai mistici e al magistero, che è un’altra modalità di leggere le cose di Dio; questo è preferibile questa mattina. E’ chiaro che noi dobbiamo essere aiutati, allenati a stare dentro, a ritornare al cuore e lì incontrarci con questo grande mistero che è lo Spirito Santo. È di questo che parla oggi il Vangelo.
Quindi abbiamo parlato di due cose: il governo della comunità così com’è, al di là di tutte le idealizzazioni, perché è fisiologico che una comunità sia così ondivaga, così complessa e ci vuole tanta forza per gestirla; ecco perché pochi la gestiscono, non si sentono all’altezza: l’unica cosa è questa; se tu non ti occupi di questo, non ti occupi di nulla, è molto semplice. Secondo: una bella notizia è che noi abbiamo una dimora dentro di noi e abbiamo bisogno di fare spazio. Noi, con i laboratori, abbiamo parlato molto della parola, della controparola, del Santo dei Santi, del Sacrario, di un luogo proprio soprannaturale che ci abita, nella quale possiamo accogliere, incontrare, gustare, l’amore di Dio che ci trasforma.