Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più.

06-04-2025 V domenica di Quaresima di don Fabio Pieroni

Gv 8,1-11

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Oggi il Vangelo ci racconta la storia di una donna che aveva commesso “adulterio”. Nella Bibbia questa parola può avere due significati: quello classico, fisico, di una donna o di un marito che è sposato e poi un significato metaforico. Significato proprio: questa donna viene sorpresa in flagrante adulterio, cioè, viene scoperta proprio mentre sta compiendo l’atto; quindi, la portano da Gesù per metterlo alla prova, chiedendogli cosa fare (tecnicamente si deve lapidarla) ma Lui interviene e la lapidazione non viene eseguita: non per questo non c’è la condanna, ma l’esecuzione della condanna.

Allora, nella scrittura ci sono dei parametri per individuare dei danni gravi che lo sono obiettivamente: un adulterio è una cosa grave ma sappiamo che (oggi come oggi) noi tendiamo, anche attraverso la televisione, a depenalizzare il peccato ed a giustificare l’accaduto pensando che sono cose che possono accadere. In questo, quindi c’è un problema di elaborazione del lutto, ma anche e soprattutto della colpa perché noi minimizziamo, mettiamo delle attenuanti con l’idea della misericordia, che però non depenalizza il peccato! La legge individua il male, il danno, e quindi San Paolo dirà che “la legge uccide”: il massimo che può fare è quella di individuare il male e condannarlo, basta! Questa è la giustizia della legge! Mentre invece Gesù viene a fare un altro tipo di giustizia: viene a rendere giusto il colpevole! Questo accade attraverso un cammino, un processo, perché solamente la Chiesa, Gesù Cristo risorto, può ridare la vita a un morto e lo può riabilitare, rilanciare, far rivivere non più costantemente con l’etichetta del danno che ha commesso. Questa è la novità di Gesù! A questo proposito c’è il Salmo 139 che dice: “sei tu che hai creato le mie viscere, e mi hai tessuto nel seno di mia madre; ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio, sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo, ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro, i miei giorni erano fissati quando ancora non ne esisteva uno”. Gesù sta scrivendo quello che rappresenta il futuro di questa donna che sarà di opere grandi! San Paolo dice che Dio ci ha creato per le opere buone che ha predisposto perché noi le praticassimo e quindi nel libro di Dio ci sono i nostri nomi. Per esempio, noi abbiamo sempre due nomi: Abraham e Abramo oppure Simone e Pietro; quando Gesù chiama, va sul libro del cielo e non c’è scritto Simone, ma Pietro, ti cambia il nome, perché Dio ti vede così! Ma anche chi pecca a un certo punto scoprirà ciò che dice il profeta Isaia: “nessuno ti chiamerà più abbandonata, né la tua terra sarà detta devastata, ma tu sarai chiamata mio compiacimento e la tua terra sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo”. Questa è la misericordia: è una rigenerazione, un lavorone, che non riporta le cose come erano prima, ma le trasforma in meglio. Questo fa la Chiesa: non ti inchioda nel tuo peccato, non ti dice svergognato, mascalzone o parolacce varie. Spesso noi non distruggiamo il peccato, ma distruggiamo pure il peccatore! Questo è un primo punto.

Poi c’è il significato metaforico dell’adulterio, perché adulterio significa andare con un altro marito. In ebraico con un altro marito si dice “baal che significa idolo, ma anche marito. Noi siamo chiamati a sposare la nostra esistenza, la nostra missione, il momento che viviamo, la malattia che abbiamo, l’opportunità che ci sia aperta qualsiasi situazione in cui ci troviamo, c’è un compito: vivi tutto questo! Noi abbiamo difficoltà a farlo, perché ci fissiamo su quello che dovrebbe essere, sull’immagine, sull’idolatria e quindi facciamo adulterio: ci fissiamo sull’immagine e odiamo la realtà, che già è difficile; ma se uno entra nell’idea che non merita quello che ha (perché dovrebbe avere altro, giustamente) questo ragionamento lo porta all’adulterio, cioè a stare spaccato dentro, a stare male come qualcuno che si sente fregato. Per fare questo matrimonio con la realtà che viviamo, il primo comandamento dice: “tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore (totalmente), con tutte le forze. Bisogna fare un lavoro nella preghiera, nella parola di Dio, per cui non è automatico vivere la vita difficile che vivete e a volte diventa proprio un accanimento terapeutico. Bisogna combattere, come ha fatto Gesù nel Getsemani, dove non aveva ragioni per poter pensare che questa realtà che gli si metteva davanti valeva la pena di essere vissuta fino in fondo; aveva la tentazione di pensare che nella sua storia c’era una fregatura, perché le cose dovevano essere altre per Lui che è Figlio di Dio: e invece no! Uno pensa di essere stato imbrogliato, di aver ricevuto una predicazione di un Dio che non esiste, non tornano i conti. In quello siamo adulteri, ma è una visione più ampia.

Quindi, attraverso la celebrazione di tutte queste feste che ci aspettano (le Palme e la Settimana Santa) dobbiamo assorbire questo Spirito di Dio, perché non è qualcosa di voluttuario, di facoltativo, di ulteriore, ma è essenziale avere lo Spirito cristiano, senza il quale tutto ci diventa faticoso, brutto, una fregatura: solamente in Cristo, col suo Spirito, possiamo sposare la realtà, trasformarla, redimerla e dargli un senso nuovo. Spero che questo sia per tutti noi!