Mosè, Aronne e Cur: non stancarsi di pregare

16-10-2016 XXIX domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Lc 18,1-8

Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi:  «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

La prima lettura (Esodo 17,8-13) ci racconta di una battaglia che Israele combatte contro Amalek. Mosè durante la battaglia si trova su un monte e prega con le braccia alzate. Mentre Mosè aveva le braccia aperte vinceva Israele, ma quando lasciava cadere le braccia per la stanchezza, per lo scoraggiamento, vinceva Amalek. Allora Aronne e Cur lo aiutano a tenere alzate ed aperte le braccia, lo sostengono.

Che significa aprire le braccia? Una persone con le braccia aperte ci ricorda Gesù in Croce. Gesù in croce è il vero Mosè: non si difende, è accogliente della realtà, è una persona che accetta di prendere su di sé anche le ferite. Il contrario delle braccia aperte sono le braccia chiuse, in difesa, che colpiscono,  che battono i pugni sul tavolo. Gesù ha le braccia aperte.

La parrocchia che è Cur ed Aronne ci  sostiene, ci aiuta a non farci cadere le braccia, a non scoraggiarci davanti ai nostri combattimenti. Il combattimento è sottolineato dal giudice disonesto del vangelo che rappresenta la nostra vita tante volte ingiusta. Come si fa ad entrare dentro l’ingiustizia, le difficoltà, le fatiche? Non ci si entra certamente dando pugni e ribellandosi, perché altrimenti uno si avvelena e fa una strage senza risolvere nulla. Gesù con il suo atteggiamento ci ha insegnato ad affrontare l’ingiustizia della vita e ci ha fatto presente che un cristiano è una persona che si fida di Dio e che entra nella vita come Lui ci è entrato: formalmente come uno sconfitto, ma di fatto come vincitore. Alla fine Gesù vince, cioè ha la capacità di portare il bene nel male, e ci insegna a vivere con le braccia aperte fidandoci di Dio Padre, entrando  nella vita con una logica che non è la nostra, perché la nostra è una logica violenta, durissima, di chi fa il pazzo.

L’unica alternativa è quella di Cristo nella quale noi non possiamo resistere che cinque minuti, a meno che non abbiamo qualcuno che ci aiuti. E chi ci aiuta? I catechisti, i sacerdoti, le celebrazioni, la Parola di Dio… solo con questo sostegno possiamo rimanere con le braccia aperte. Aronne e Cur, che sono la Celebrazione, che sono la Parola di Dio, ci tengono le braccia aperte, ci tengono cioè in un atteggiamento sapiente, in un atteggiamento che è quello di Gesù Cristo il quale vince alla fine sorprendentemente attraverso la sua sconfitta sulla croce. Quella che sembra una sconfitta è in realtà l’unico modo di poter vivere in questo mondo ingiusto e difficile. Noi siamo arrivati qui forse allo stremo, senza riuscire a tenere le braccia aperte, e qui riprendiamo l’assetto giusto, l’atteggiamento che ci consente di  vivere. Senza questo siamo come belve e lasciamo dietro di noi una striscia di sangue, di insoddisfazione, di conflitto.

Giosuè sei tu che combatti, e vinci solamente se qualcuno ti sostiene. L’eucarestia ci ridefinisce, ci riallinea in un atteggiamento sano, ci ricostituisce e sostiene per permetterci di affrontare la battaglia, una volta usciti di qua, in un modo totalmente diverso. È questa la preghiera. La preghiera è stare così, la preghiera fonda la fede. La fede è un atteggiamento della vita, è un modo di affrontare l’esistenza, attraverso lo spirito di Gesù Cristo che ci arriva in modo particolare nella celebrazione. Certamente questo Spirito ci viene dato anche attraverso la preghiera personale, individuale, ma non basta! Non è sufficiente! Ci vogliono Aronne e Cur, altrimenti diventiamo persone violentissime.

Non ci vuole nulla altro che braccia aperte, altro che mani che accolgono. Io spero che tutti noi possiamo riconoscerci in questa  parola, in queste situazioni , che riteniamo importanti queste indicazioni, perché ci possiamo sentire sollevati, aiutati. Dobbiamo alzare gli occhi verso i monti: alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto! Il  mio aiuto viene dal Signore che ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, il Signore è come ombra che ti copre.