Insegnaci a contare i nostri giorni

08-09-2019 XXIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Lc 14,25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

La nostra vita spirituale si alimenta fondamentalmente della messa della domenica. E’ la base. Quindi questa parola che oggi ascoltiamo potrebbe servirci non solamente  per comprendere quello che ci sta succedendo, ma quello che ci succederà durante la settimana che viene.

Abbiamo iniziato leggendo il libro della Sapienza. Chi è il sapiente? Il sapiente è colui che conosce la sua stoltezza, i suoi limiti, che si relaziona con umiltà con i propri limiti.  Questo è il principio della sapienza.

Dice infatti:

I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.

Abbiamo questo corpo che assomiglia ad una tenda di argilla e che ci portiamo addosso nel nostro cammino. Questo è un punto di partenza fondamentale.

Il salmo diceva: Donaci o Dio la sapienza del cuore. Quindi possiamo chiedere una conoscenza più profonda, malgrado la nostra fragilità. Noi non possiamo contare sulla nostra intelligenza, possiamo solo chiedere aiuto. L’aiuto lo chiede chi conosce bene la propria fragilità, e la radice della nostra fragilità è la morte.

Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. Così diventeremo nuovamente sapienti, perché spesso ci capita di montarci la testa e dimenticarci chi siamo.

Questo passaggio dalla fragilità, dalla stoltezza, dall’ignoranza alla sapienza si chiama conversione. Noi possiamo convertirci, cioè passare dalla stoltezza alla sapienza. Questo passaggio, come abbiamo detto, va chiesto, ma è anche vero che esiste il passaggio inverso e possiamo decadere dalla conversione e tornare alla stoltezza.

Per questo motivo c’è la Parola di Dio.

Il vangelo di oggi ci spiega cosa sia la conversione, lo spiega Gesù: una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: volete rimanere miei discepoli?

La conversione consiste nel convincersi che la cosa più importante, più interessante, più bella, più simpatica del mondo è diventare discepoli di Cristo. Il discepolo è colui il quale viene amato, ed ha una statura, una utilità, c’è un significato in quello che fa, appartiene ad una comunità cristiana… è una svolta pazzesca!

Quando riesci a capire che essere discepoli è la cosa più grande che ti possa accadere? Quando diventi sapiente! E quando ci sono invece i segni di una regressione? Quando essere discepolo di Cristo diventa qualcosa di superfluo, non è per te la cosa più importante.

Gesù ci dà in questo vangelo tre dritte, tre prospettive che ci possono aiutare a capire se c’è una conversione o una regressione in corso.

La prima prospettiva è quella legata alla relazione con i figli, il padre, la madre… all’aspetto affettivo:

Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.

Quando una persona si converte c’è una nuova libertà, una maggiore libertà sull’aspetto dell’affettività. Noi siamo come un computer su cui viene installato un nuovo sistema operativo, che però può essere ad un certo punto aggredito da quello precedente, quello che ragiona terra-terra, che si fa gli affari suoi, che è schiavo del bambino, della mamma, della nonna…

C’è una seconda prospettiva che Gesù ci indica:

Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Sta dicendo che tutto quello che riguarda le aspettative che abbiamo sulla vita, i nostri progetti dovrà essere aperto a nuove possibilità. Molto spesso i nostri disegni si infrangono: questa è la croce! Noi ci aspettavamo che le cose si realizzassero in una certa maniera ed invece non è così. Chi è discepolo ha la capacità di entrare nella novità! Chi non è discepolo o chi sta regredendo, entra nella depressione, nella mormorazione, si chiude. Questo è il secondo parametro, l’apertura al futuro, all’inedito.

Infine c’è la terza prospettiva, il terzo parametro, il denaro:

chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo

Chi è in conversione è generoso, chi fa calcoli non è discepolo.

Allora, questi tre parametri, la libertà nell’affettività, l’apertura all’inedito e la relazione con il denaro sono i tre principi che guidano la conversione di un cristiano, sono la base, quello che anticamente veniva chiamato “catecumenato”. C’era una consegna della croce, c’era una verifica sui propri condizionamenti legati al paterno ed al materno, e poi c’era una apertura alla condivisione dei propri soldi.

Se hai intuito che la cosa più importante è l’essere discepolo di Cristo, cresci in questo! Difendilo! I parametri del cristianesimo sono dirompenti rispetto ai parametri dell’uomo borghese che non vuole scocciature e che pensa di capire tutto. E’ facilissimo regredire e questo è un grande pericolo per ciascuno di noi. Sono pochi gli strumenti che Dio ha per aiutarci: la Parola di Dio, la messa, la preghiera, i sacramenti e il gruppo a cui appartieni. Basta. Non li sottovalutare.