In lui ho posto il mio compiacimento

12-01-2020 Battesimo del Signore di don Fabio Pieroni

Mt 3,13-17

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Oggi si conclude il tempo natalizio attraverso il battesimo di Gesù. Noi abbiamo vissuto nel tempo di Avvento la virtù della vigilanza cioè dell’attesa di qualcuno che sia Salvatore dell’uomo. La parola “salvezza” non significa che Cristo ci tira fuori dall’inferno, quell’inferno che pensiamo ci sia dopo la morte. No, la salvezza è qualcosa di positivo; nella misura in cui noi abbiamo vissuto queste feste natalizie in cui è apparso Gesù, noi non abbiamo solamente contemplato qualcuno che è irraggiungibile, grandioso, che ha fatto il record mondiale, che è il numero uno e basta. Non è questa la finalità del Natale.

Il fatto che appaia Gesù Cristo, che sia così pieno di ogni grazia, che sia il figlio di Dio, non è esclusivo di Gesù Cristo. Cristo include anche tutti noi! Questa grazia, questo modo di vivere, è necessario che venga trasmesso ad ogni uomo. Non è un uomo chi non assomiglia a Cristo. Solamente Cristo è veramente un uomo, cioè è figlio di Dio!  Noi non nasciamo immediatamente come figli di Dio; tante volte si dice: “Siamo tutti figli di Dio”. Questa è una affermazione sbagliata perché siamo tutti creature di Dio, creature si nasce automaticamente, ma figli di Dio si diventa attraverso la missione della Chiesa. La Chiesa ha la missione di fare in modo che in noi ci sia una trasformazione in Cristo.

Se è vero che un animale più lo lasci perdere e più cresce bene, se è vero che una pianta che viene toccata poco cresce più rigogliosa, questo non è valido per una creatura umana che invece non può essere lasciata a se stessa. Intorno al 1800 c’erano dei filosofi convinti che quanto meno una persona veniva educata, tanto più questa diventava autenticamente se stessa (Rousseau – Il mito del buon selvaggio). La Chiesa, il cristianesimo non pensa così! Benedetto XVI in una grande catechesi contestò questo discorso che secondo una filosofa moderna l’uomo dovrebbe avere una autoeducazione, dovrebbe formarsi da se stesso, per cui si dice che un’educazione da parte di un padre sarebbe autoritaria. Ma lui dice che un’educazione antiautoritaria non è educazione, quindi noi siamo chiamati ad essere condotti, aiutati.  Come vi dissi durante il tempo di Natale, un maestro di orchestra quando deve iniziare una nuova parte della sinfonia normalmente riaccorda gli strumenti attraverso il diapason, quello strumento che dà la nota alla quale tutti si accordano. Questa dovrebbe essere l’azione della Chiesa che ci sta aiutando a diventare figli di Dio.

Devo arrivare ad avere la statura del figlio di Dio cioè avere la coscienza che c’è un padre che mi sta così vicino, che mi ama talmente tanto, per il quale sono talmente importante che io divento una roccia. Questa è la coscienza filiale che aveva Gesù Cristo, ma questa certezza, questa profondità non  ci viene automaticamente. Bisogna riceverla!

Questo lavoro non si fa sono per i bambini delle comunioni, delle cresime, degli scout, ma si fa per gli adulti, perché quando un adulto perde questa coscienza viene travolto dalle acque.  Avete sentito che Gesù ad un certo punto emerge dopo il battesimo dalle acque del Giordano che è una marana puzzolente, per significare che noi siamo travolti ogni giorno da una vita difficilissima che rischia di spazzarci via, di annientarci come fu con il diluvio universale.

Su questa potenza del male, della confusione, c’è una voce: “Tu sei il mio figlio prediletto!”. E’ Dio, tuo Padre che ti dice chi sei, che ti ha chiamato non solamente ad esistere, ma a diventare suo figlio e questa cura che tu ed io dobbiamo assolutamente ricevere ci consente di diventare pienamente uomini, e rimanere uomini. Perché se noi ci allontaniamo da questa catechesi, da questa disciplina, da questo ritmo, da questa grazia, regrediamo. Nella letteratura dei primi del ‘900 si parla di una mostrificazione dell’uomo: Frankenstein, Mr Hide, gli orchi di Tolkien… uomini che piano piano si disumanizzano perché si allontanano da questa cura della Chiesa che ci dona i sentimenti e lo spirito di Gesù Cristo. Ogni uomo ha diritto a questo. Noi non siamo chiamati a vivere secondo i format del mondo che sono ridicoli, confusi, brutti.

Questa è la prima cosa che deve fare la Chiesa: portarci ad assimilare lo spirito di Gesù Cristo, perché Cristo è venuto per fare in modo che ogni uomo fosse figlio e destinatario di questa eredità di essere figlio di Dio. Il battesimo che ora faremo, è un segno di immersione perché noi siamo minacciati dalla morte, dalla cattiveria, dall’incertezza, dalla vita ingiusta che viviamo, minacciati, e questo ci distrugge se  non siamo in Cristo, perché Cristo è l’unico che emerge da queste acque, che vince le acque, vince la morte, attraversa il mar Rosso. Questo momento del battesimo è l’inizio di una vita che finirà con la nostra ultima Pasqua che è la morte fisica, perché noi possiamo entrare nella vita eterna. In parrocchia facciamo in modo che tu rimanga veramente uomo, che tu riceva ogni volta la conferma che “Tu sei il mio figlio prediletto, io sono con te e tu sei con me!”. Questo è il segreto di Cristo, questa è la fede.