Gli ultimi saranno i primi

20-09-2020 XXV domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mt 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Per capire questo vangelo bisogna ragionarci un po’. Gesù dice “gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”. Questa parabola è indirizzata agli ultimi o ai primi?

Avete sentito che c’è questo padrone che prende l’iniziativa di chiamare alcune persone perchè possano lavorare nella vigna. Lavorare in una vigna, in Israele, è un privilegio perchè il vino è un prodotto non solamente pregiato, ma anche simbolo di ricchezza, di amore, della promessa, della festa e di tanto altro. Il padrone della vigna, chiamando queste persone sta dicendo loro: voi siete destinati a fare in modo che venga prodotto questo nell’umanità, quindi vi chiamo! Pattuisce di dare un denaro a quelli che iniziavano all’alba, ma alla fine chiama anche persone che erano oziose, che giravano a vuoto, non sapendo che fare e che conducevano la loro vita in modo superficiale. Li chiama all’ultima ora e poi cominciando dagli ultimi ai primi da a tutti un denaro ciascuno. I primi si lamentano di questo modo di fare e sembrerebbe che questa parabola sia indirizzata ai primi, cioè a quelli che si vedono trattati come gli ultimi: perchè a noi non hai dato un po’ di più visto che abbiamo lavorato dall’alba?
In realtà è l’opposto: questo padrone aveva concordato di dare ai primi un denaro. Agli ultimi dà comunque la stessa cifra, quindi gli ultimi dovrebbero rendersi conto che il padrone è stato troppo generoso con loro.
Chi si deve rendere conto che è stato trattato in una maniera ingiusta, cioè esageratamente positiva, perchè ha ricevuto esattamente come i primi, sono gli ultimi! Sono gli ultimi che devono  rendersi conto che sono stati trattati da re! Non hanno fatto niente e guadagnano esattamente come i primi.
Gli ultimi che si vedono arricchiti di una paga esagerata dovrebbero essere loro a dire: che privilegio che ci hai dato!
Questi ultimi che stavano oziosi, che vengono pagati esageratamente siamo noi! Sei tu!
Noi questo non lo capiamo e pensiamo che tutto quello che ci viene dato sia il minimo. Noi non siamo mai sensibili all’ingiustizia di Dio che ci fa il regalo di darci molto di più di quanto noi meriteremmo. Sono gli ultimi che devono rendersi conto che sono trattati come i primi, e quindi  questi ultimi dovrebbero essere pieni di riconoscenza, di gratitudine, dovrebbero essere delle persone fiere di aver potuto alla fine della propria giovinezza, della propria vita, partecipare a qualcosa che nessuno fa in questo mondo, in questo quartiere. Cosa fa la parrocchia in questo quartiere? Cerca di produrre vino! Cerca cioè di produrre motivazioni per vivere questa vita così difficile, complicata, piena di depressione, di contestazione, di rabbia, di frustrazione. Questo è quello che vorremmo fare, che cerchiamo di fare, e voi non siete solamente dei fruitori, ma dovreste cambiare marcia, dovreste dire: io sono una persona che edifica questa azienda vinicola e sono fiero di appartenervi.
Essere parrocchiano non significa spesso avere un’appartenenza sinergica, di coesione, ma noi stiamo cercando di fare in modo che ciascuno di voi abbia, oltre che un posto dove ricevere, anche un posto dove può offrire, dare, mettersi a disposizione. Questa dovrebbe essere la crescita di una parrocchia: un popolo di persone consapevoli, responsabili. Voi siete parimenti responsabili di come va una parrocchia di quello che può essere un parroco, un viceparroco, un diacono. Questo è il sogno del Concilio Vaticano II, trasformare un ammasso di persone inconsapevoli che vivono una ritualità vuota, perchè diventino protagonisti di un’azione privilegiata, essenziale. Nel mondo manca l’arte, l’onestà, l’arguzia nel capire le cose che funzionano. Manca un popolo di persone che pensano, invece di essere pensati dagli altri. Dobbiamo allora coltivare una nuova umanità che però per rimanere tale ha bisogno di un ritmo e di un’atmosfera spirituale che è quella della riconoscenza che non hanno gli ultimi.
Gli ultimi devono rendersi conto che sono i primi, sono trattati come i primi, hanno una grandissima dignità, hanno un padrone straordinario, stratosferico. Fanno un’attività splendida. Oggi quello che manca nella Chiesa sono dei cristiani che crescano in età sapienza e grazia. Il fatto che voi combattiate per essere perseveranti è molto importante, perchè il mondo è molto più perseverante nei suoi insegnamenti.