Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna

01-10-2023 XXVI domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Il Vangelo ci parla di un padre che ha due figli a cui chiede di andare a lavorare nella vigna. Il primo dice “vado!”, ma poi non va. Il secondo invece dice “no, non ci vado”, poi si pente e ci va.

Vediamo cosa significa. Innanzitutto bisogna capire che andare nella vigna significa: “Vai, entra dentro la tua missione, vivi la vita cristiana, assumi quel problema, caricati di quella responsabilità, porta avanti l’opera che hai iniziato!”. Il primo dice sì, ma poi non va e potremmo criticare questo modo di fare, accusarlo di incoerenza, ma invece probabilmente quello non ce l’ha fatta, e non perché è incoerente. L’altro invece dice: “No, io non ce la posso fare, non ci vado!”, ma poi si pente. Qui il verbo pentire utilizzato in greco indica uno che cambia opinione: ci provo!

Questo è importante per tutti noi perché tutti noi abbiamo già iniziato questo anno pastorale, avete ricominciato a lavorare e a volte ci diciamo: io non ce la faccio, il traffico, la gente sempre più aggressiva, ma dove vado! Non ce la posso fare!” Non è questione di incoerenza, è un dramma, è il dramma di una persona che vorrebbe fare il bene e non ce la fa, e crolla.

Probabilmente tutti noi qui stamattina siamo tentennanti e il Vangelo e la liturgia di oggi ci aiutano, ci dicono cosa fare per assumere la nostra missione.

Ci sono due filoni: il primo è quello delle persone saccenti, un atteggiamento di ribellione, polemico, di conflitto nei confronti di Dio. E’ l’atteggiamento delle persone che hanno assolutizzato il loro punto di vista e si sono irrigidite, l’atteggiamento del fariseo, di chi conta esclusivamente sulle sue forze.  Invece qui c’è bisogno di recuperare quei momenti della nostra vita in cui noi siamo stati deboli, siamo crollati e abbiamo ricevuto misericordia, come hanno fatto i pubblicani e le prostitute che hanno ricevuto misericordia e quindi non assolutizzano se stessi. Il Salmo che abbiamo ascoltato diceva:  “Signore fammi conoscere le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità, istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza, in te ho sempre sperato. Ricordati della tua fedeltà che è da sempre, non ricordare i peccati della mia giovinezza, ricordati di me, della tua misericordia. Per la tua bontà Signore”. E’ un atteggiamento di apertura al mistero di Dio, è dare una chance nuovamente al fatto che Dio mi aiuti.

Se non credo questo, ecco la tentazione, tutto crolla e non si dà nessuna possibilità. Anche la seconda lettura ci parla di un figlio e ci dice che l’unico figlio che ha potuto andare al di là delle capacità umane è Gesù Cristo, il figlio di Dio; nessuno di noi ci può riuscire, non è una questione di buona volontà,  non è che ci sta una persona forte, coerente, in gamba che ce la fa- No! L’unico che ce l’ha fatta a fare la volontà di Dio fino in fondo è stato Gesù Cristo il figlio di Dio. E cosa ha fatto Gesù? Innanzitutto non ha ritenuto un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma da Dio si è fatto uomo, perché Dio gli dice: vai in quella strada, assumi questa missione che è al di là delle possibilità umane. Da Dio si è fatto uomo, e da uomo si è fatto servo, da servo si è fatto una persona “obbediente fino all’umiliazione della morte e alla morte di croce, per questo Dio lo ha esaltato, e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome di modo che davanti a lui ogni ginocchio si pieghi nei cieli e sulla terra e ogni lingua proclami Gesù Cristo è il Signore”. Questo è il secondo punto: che io seguo non le mie forze, non le mie logiche, ma seguo il Cristo nella sua kenosis. La parola kenosis in greco significa la sua umiliazione, la sua discesa, il suo svuotamento. E capisco che mentre sto entrando in questa realtà che peggiora di momento in momento – perché la vita di Cristo da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a condannato a morte, e alla morte di croce è una proiezione verso il nulla –  vado verso Cristo, e allora questa è la verità, perché la mia vita coincide sempre di più col bene che è Cristo. Il bene non sono gli affari miei, i risultati che io mi aspetto, il bene non è il risultato della strategia che io sto cercando di mettere in campo per farmi quadrare i conti. Il cristianesimo è Cristo! Allora il pentimento cioè il cambio di opinione il cambio di visione della realtà inizia da un atteggiamento nuovo che è quello di chi sa che cosa sia la sua debolezza e che cosa può essere l’amore di Dio e può entrare nella vigna come un servo, come una persona che intercetta e viene intercettato dalla presenza di Cristo. E se la dedizione produce un apparente insuccesso, se questa dedizione non ci fa tornare i conti perché non torneranno mai, non è più importante perché noi entriamo in un altro modo di vivere l’esistenza che è quella che ha vissuto Gesù. Quindi questa parola è una parola estremamente complessa perché non si tratta tanto di valutare questi due personaggi, di cui uno è contraddittorio perché prima dice “no” poi ci va, l’altro invece dice “ci vado” però non ci va… no, questa è una dinamica che ci appartiene, è la dinamica di chi vorrebbe partire. Molti sono partiti, ma poi non ce l’hanno fatta, si sono separati, si sono chiusi, hanno preso un esaurimento, e forse tu li giudichi come persone svogliate, incoerenti, invece non ce l’hanno fatta perché non sono entrati in questo ragionamento che abbiamo fatto.  Dio che fa le cose buone anche se noi non ce ne rendiamo conto perché facciamo leva su una nostra esperienza di lui che ci ha amati quando eravamo deboli e poi perché noi seguiamo le orme di un uomo che è Dio stesso e che ha inaugurato un nuovo modo di esistere che è quello dell’ essere cristiano, dell’ essere figlio di Dio.

Allora riflettiamo su quello che abbiamo ascoltato perché questo non deve portarci alla colpevolizzazione ma deve portare alla nostra conversione.