Fa udire i sordi e fa parlare i muti.

09-09-2018 XXIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!»

Questo vangelo ci racconta di qualcosa che accade mentre Gesù si sposta da Tiro a Sidone. Tiro si trova al nord, vicino al Libano. A Sidone conducono a Gesù un sordomuto e lo pregano di imporgli la mano. Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla, e fa un’operazione. Questa operazione non viene però effettuata   sull’orecchio, come potrebbe sembrare dalla lettura, perché la traduzione letterale ci dice che Gesù opera sul modo di ascoltare. Avete mai visto quella pubblicità che dice “sento i suoni ma non capisco le parole”? Questo tizio non è sordo, ma non comprende bene quello che succede, non sa decifrare i suoni e tradurli in parole. Nello stesso tempo il vangelo non dice che questo uomo è muto, ma che è una persona che balbetta.  Infatti, dopo l’intervento di Gesù, si sottolinea che “parlava correttamente”.

Gesù fa questa operazione di toccare il modo di ascoltare e di mettere la sua saliva nella saliva di questo tizio, e dice “effatà”, apriti! e quest’uomo riesce a comprendere ciò che ascolta e comincia a parlare correttamente.

Cosa significa per noi?

Noi viviamo spesso, così come ci dice il vangelo, molte esperienze della nostra vita non in modo convenzionale. In questo brano non stiamo nel territorio di Israele dove tutto è chiaro, dove si parla la lingua che tutti capiscono. No, si parla di Tiro e Sidone, un territorio estraneo, sconosciuto! Io sono stato in Russia, e lì non si capisce nulla della loro lingua, neanche come scrivono, perché utilizzano i caratteri cirillici. Poi sono stato in Inghilterra, e anche lì se non conosci l’inglese sei disorientato, perché sei in terra straniera E’ tutto nuovo, tutto diverso! In Inghilterra se quando attraversi la strada non guardi prima a sinistra, le auto ti schiacciano!

Questa è l’immagine della nostra vita: ogni giorno è estraneo, ogni giorno è un viaggio in Russia, in Inghilterra, ogni giorno ci sono un sacco di eccezioni, tantissime innovazioni, contraddizioni, e quando questo accade noi non capiamo cosa stia succedendo, e quindi balbettiamo; la nostra vita, il nostro agire, il nostro pensiero è un balbettio: “non so che fare dentro questo macello, mi trovo in una situazione di incapacità!” Forse molti di voi, come me state in questa situazione, anche molte volte al giorno, perchè tutto è difficile, tutto è complesso e le soluzioni di ieri non sono adatte ai problemi di oggi.

E allora, cosa bisogna fare? Gesù ha un consiglio personalizzato! Non basta venire qui alla messa! Certamente è importante che la parola illumini la nostra realtà esistenziale, perché Gesù accompagna la nostra vita come una lampada, come una luce. Ma questo non basta. Abbiamo bisogno che qualcuno ci prenda in disparte e ci aiuti a far sì che le cose che ci sono contrarie, che ci sfidano, possano essere lette da noi in un modo nuovo,  alla luce della sapienza della parola di Dio. Questa non è una cosa semplice e non si può fare da soli. Il sordomuto è una persona isolata che ha bisogno di aiuto, ha bisogno di una relazione. Abbiamo bisogno che qualcun altro ci faccia da specchio. Questo è umiliante, certamente, ma solo vincendo l’atteggiamento dell’uomo della carne che è superbo, orgoglioso, ci accorgeremo che la Chiesa è proprio questa rete di mutuo aiuto, di mutuo soccorso.

Ricevere la saliva è ricevere la parola, il modo di parlare, di modo di verbalizzare le cose di Cristo sulle nostre ferite di modo che ciascuno di noi inizi a dire le cose di Dio con le sue parole. Gesù ci vuole dire:  “spiega con le tue parole quello che stai sperimentando e ti accorgerai che ti puoi aprire a questa sfida che è la giornata che stai vivendo”.

Questo vangelo ci aiuta a renderci conto che la difficolta del sordomuto è materia costante. Certamente è molto importante guardare verso il cielo, cioè guardare la vita a partire da Dio, il Dio della parola, il Dio dei Dieci comandamenti, il Dio di tutto il lavoro che noi facciamo, il Dio di Israele, il mio Dio, che mi si sta rivelando. Se io mi rileggo dentro la storia di Israele, comincio a scoprire qualcosa di nuovo, sempre nuovo. Non c’è mai fine a questo perché la vita cambia ed ogni volta che si collega con la Scrittura acquisisce una nuova sfumatura, una nuova realtà. Allora non vi spaventate, la nostra vita è sempre estranea, parla sempre una lingua diversa dalla nostra e noi non sappiamo cosa dire. Dobbiamo ricominciare, fermarci, capire, cercare di scoprire che c’è qualche significato relativo a quanto sto vivendo.

Tutti pieni di stupore dicevano: ha fatto bene ogni cosa. Fa udire i sordi e parlare i muti! Questo lo dico oggi a tutti coloro che qui sono “smarriti di cuore”. Diceva la prima lettura (Is 35,4-7): coraggio, non temete! Egli viene a salvarvi.