Fa udire i sordi e fa parlare i muti!

05-09-2021 XXIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Nella prima parte della liturgia abbiamo ascoltato il profeta Isaia che si rivolge agli smarriti di cuore. Qui c’è un grande incoraggiamento che viene esteso ad una grande categoria di poveri che sarebbero dei disabili: ciechi, sordi, zoppi, muti…

La seconda lettura di Giacomo ci parla ancora della povertà e così il vangelo, ma in una maniera un po’ diversa, perchè ci parla di un sordomuto che sta in una terra pagana e che viene condotto da Gesù. Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla e fa delle cose strane: pone le dita nelle orecchie, tocca la lingua del sordomuto con la sua saliva… sono gesti sconvenienti.

Normalmente noi cerchiamo di capire il vangelo partendo dalla traduzione, cioè dall’esegesi, dal testo greco, ma qui questo non ci aiuta molto, perchè le dita sono le dita, la saliva è saliva, la lingua è lingua…  che vuol dire?

Il significato di questa pagina non è da trarre dall’esegesi, ma dalla tradizione, cioè da come la Chiesa antica si muoveva, come operava. Questa prassi, questo modo di operare si chiamava “catecumenato” “iniziazione cristiana”. L’iniziazione cristiana consiste nel rigenerare una creatura, trasmettendogli il modo di vedere, di ascoltare, di parlare, di agire di Cristo, del Figlio di Dio. La Chiesa antica era  convinta che la sua prassi avrebbe non solamente trasmesso una vitalità nuova ai pagani, ma li avrebbe aperti. Un sordo non capisce quello che succede nel mondo, un muto non sa dare spiegazione, un disabile è una persona chiusa, un autistico, un disadattato. La Chiesa antica era convinta che una persona che non fosse stata portata all’iniziazione cristiana sarebbe vissuta come un disadattato, quindi in uno stato di vita che è quello di povertà;  la povertà non è solamente quella materiale, neanche quella morale, ma è una povertà che consiste nell’essere in esilio dalla nostra condizione di figli.

Cristo è venuto sulla terra dicendo: “io sono l’uomo. Solamente chi vive in me…”. Vivere in lui, questa è l’iniziazione cristiana, una prassi complessa che è fondamentale! La Chiesa spesso lavora sulla necessità di santificare le feste, fare le preghiere, oppure si dedica a spiegare il catechismo in modo che il nostro intelletto sia ammaestrato, sia guidato all’apprendimento di tutta una serie di verità, di ragionamenti teologici. Oppure lavora sull’etica, sul comportamento, sul fatto che devo migliorare, mi devo sforzare… o ancora lavora sulla carità, sugli aiuti umanitari… Ma questo non è il centro! Tutte queste cose sono importanti, ma non sono il fondamento! La preghiera non è il fondamento, la carità non è il fondamento. Sono frutti! Il comportarsi bene non è il fondamento, ma è un frutto. Sono frutti dell’iniziazione cristiana.

Se la Chiesa non mette al centro della sua prassi l’iniziazione cristiana, questo provoca che l’etica, il comportamento, diventa uno sforzo, la carità diventa un attivismo, venire a messa diventa un devozionismo, il catechismo diventa un intellettualismo.

L’iniziazione ci comunica in primo luogo la vita di Cristo ed in secondo luogo ci insegna non genericamente ad avere questa vita, ma attraverso un lavoro artigianale di chi ti deve prendere, portare in disparte, lontano dalla folla, ti deve spiegare le cose, te le deve  ripetere, le devi dimenticare, te le deve ricordare… questo fa confluire in chi è disadattato una nuova dignità. Non sono più un disadattato, comincio a capire quello che succede. Questo è quello che noi proviamo a fare in questa parrocchia. L’iniziazione cristiana non finisce: c’è una iniziazione pre-battesimale e c’è una iniziazione post-battesimale: infatti tutto l’anno liturgico non fa altro che riprendere e ripetere i contenuti dell’antica iniziazione cristiana.

Anche questa mattina voi siete venuti qui, lontano, in disparte dalla vita che vivete ordinariamente ed avete bisogno che la predicazione, i vostri laboratori, la vostra comunità vi insegni per esempio a capire meglio cosa è successo questa settimana, vi metta le dita nelle orecchie. Lo Spirito di ieri non basta, mi seve lo Spirito di oggi! Ogni mattina io ho bisogno di uno Spirito nuovo che mi deve essere trasmesso dalla Chiesa perchè io viva  come un iniziato, come un discepolo, come un figlio di Dio, e non come una persona che approssimativamente ha saputo qualcosa della religione, ha fatto le sue lezioni di  bibbia, le sue preghiere ed è quindi abilitata a vivere la sua vita.

Ogni domenica dobbiamo allenarci a riprendere il modo in cui Cristo pensa e agisce e si esprime: questa è la vita cristiana!

Non dimentichiamo tutto questo perchè le circostanze della nostra esistenza cambiano costantemente, soprattutto in questo momento in cui  non c’è niente di certo. Abbiamo bisogno più che mai di sintonizzarci. L’alternativa è quella di vivere come capita. La grazia di Dio che noi riceviamo nella parola di Dio, nella predicazione, nei ritiri è appena sufficiente! Noi siamo un popolo di riscattati, siamo stati zoppi, ciechi, sordi, muti, però possiamo avere delle gravi recidive, e spesso la recidiva è più grave della prima malattia.

Noi sappiamo che Dio viene alla nostra vita perchè possiamo vivere meglio, quindi quello che stiamo ricevendo è un servizio. Ci sono tante cose che non capiamo, tanti fatti che ci stanno capitando e su cui dobbiamo ragionare, dobbiamo applicare una scienza che non  è quella del buon senso, ma è quella della fede. Questa è un’operazione grande, che vuole non solamente essere un abbecedario dell’uomo nuovo, di chi vive secondo lo spirito di Dio, ma è molto di più.

Il lavoro che facciamo non è un lusso, ma è alla radice della nostra povertà. C’è stato un grande personaggio vivente, Kiko Arguello che ha inventato le comunità neocatecumenali e che ha detto alla Chiesa cattolica che questa è la prassi da realizzare. Sicuramente gli studiosi sanno che nel passato c’era il catecumenato, ma non basta  la teoria. Come si fa questo? E’ possibile realizzarlo? E queste realizzazioni aiutano l’uomo di oggi?

La situazione dell’uomo è drammatica e si gioca attraverso questo fondamento che è l’iniziazione cristiana e che dà forza poi a tutto il resto, alla carità, alla celebrazione, al comportamento, alla comprensione del catechismo.

La teologia mette in ordine le cose: se noi mettiamo al centro la preghiera, ma una persona non ha avuto l’incontro con Cristo, a che serve? Non è nulla, è zero!

Dobbiamo mantenere viva questa relazione di alleanza con Cristo.