Egli rimane presso di voi e sarà in voi

17-05-2020 VI domenica di Pasqua di don Fabio Pieroni

Gv 14,15-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Proviamo a ad affrontare questa ulteriore parte del capitolo 14 che abbiamo iniziato a ad ascoltare domenica scorsa. E’ un vangelo che ci riporta una parte dei grandi discorsi che Gesù fa nell’ultima cena nel vangelo di Giovanni.

Vorrei iniziare a parlare partendo dalla lettera di san Pietro il quale appunto invita i cristiani ad alzare un po’ gli occhi da dentro la comunità per avere uno sguardo ad extra, al di fuori, nella misura in cui uno ad intra abbia qualcosa da dire ad extra, perché se non ha niente da dire e inutile che si protenda al di fuori della comunità.

Infatti Pietro capisce che i cristiani portano un tesoro straordinario che non è esclusivamente del cristiano, ma è a disposizione di tutti, è come una grande risorsa, come qualcosa di essenziale, di fondamentale, di unico per il mondo.

Avete sentito cosa dice Gesù: “C’è uno spirito di verità che il mondo non può ricevere”, nel senso che il mondo per il vangelo di Giovanni è questa organizzazione spirituale che è ottusa e che vive i molti di noi. Potremmo dire che in alcuni di noi si è aperto un varco, un muro attraverso il mistero pasquale, in altri vediamo invece una regressione, una recidiva, e le cose che prima ci emozionavano adesso ci lasciano indifferenti. Il mondo ci contamina, ci instupidisce, ci rende ottusi, annoiati anche fisicamente.

Quante volte abbiamo questo senso di noia, di malinconia, di fatica… gli antichi padri lo chiamavano “demonio meridiano”, quel senso di sonnolenza, di noia per la vita.

Pietro dice: “Attenzione! Voi dovreste essere sempre responsabili e pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.

Noi abbiamo questo grande compito, questa grande missione di dare ragione alle obiezioni che ha il mondo, che non sono demoniache, non sono irriverenti, non sono peregrine, ma sono tormenti legati alle cose che non si capiscono. Ognuno di noi vorrebbe capire meglio ed allora cerca di fare qualche obiezione, qualche domanda, ma spesso di fronte a questo nella Chiesa viene fatta una alzata di scudi, c’è una chiusura, si crea una tensione.  Ma è normale che sia così perché, tra parentesi, rendere ragione, logos, non è sufficiente, è solamente un tentativo. Noi non possiamo pensare che quando qualcuno ci fa qualche domanda o rimane male, noi siamo responsabili della buona figura che Dio può fare attraverso di noi.

Noi non siamo dei teologi, ciascuno può parlare della propria esperienza e poi magari essere anche indotto ad approfondire le cose di Dio a partire dalle obiezioni che fa il mondo, perché c’è una speranza che è in noi e quindi se siamo qui ad ascoltare stamattina, forse è perché il mondo in noi è stato vinto attraverso la bellezza, attraverso una predicazione, oppure attraverso la figura di una persona particolarmente affascinante per quello che traspare dal suo modo di essere.

Qual è allora il tema sul quale noi dobbiamo rendere ragione della nostra speranza? La buona condotta. “Perché rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo”.

La buona condotta nel vangelo di Giovanni è osservare i comandamenti. Qui c’è qualcosa di molto complesso perché non significa che i cristiani si devono disinteressare del mondo, è evidente che i cristiani sono assolutamente interessati ad essere dei buoni cittadini, anche secondo quello che dice la Costituzione (Costituzione che nasce proprio da radici profondamente cristiane). La Chiesa è fortemente interessata al mondo, alla società, alle problematiche, alle norme giuridiche, al governo, alle indicazioni, agli indirizzi economici, al lavoro.

Io vorrei approfondire questo aspetto del buon cittadino che certamente è una finalità straordinariamente importante, ma il cristianesimo è un’altra cosa, completamente diversa. Qui c’è una grande confusione anche all’interno della Chiesa, perché l’agire cristiano non è osservare i comandamenti nel senso che io eseguo delle disposizioni che qualora fossero disattese potrebbero mettermi nella possibilità di essere denunciato a livello penale o a livello civile. L’osservare non è eseguire il dato scritto per essere stimato e meritarmi l’amore, la considerazione, con una grande fatica da parte mia. Noi pensiamo che il cristianesimo ci proponga dei valori… no! Non ci propone dei valori ai quali noi dobbiamo essere coerenti.

Allora cosa è il cristianesimo?

Se non è coerenza, se non è esecuzione di comandi iscritti, cosa ha di nuovo il cristianesimo per animare anche la polis, la città? Osservare i comandamenti  fondamentalmente nasce non dall’importanza, dall’urgenza di quel valore, dalla bellezza di quell’affermazione; diceva Gesù nel Vangelo che abbiamo ascoltato:  chi mi ama sarà amato dal padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

Dante Alighieri ad un certo punto dice: Se io m’intuassi come tu t’inmii. Sta parlando di qualcosa che gli arriva da san Bernardo da Chiaravalle il quale a sua volta lo aveva ricevuto evidentemente dei padri greci e e lo aveva trattato nella sua opera “De diligendo Deo”  spiegando quanto sia importante amare Dio. Sentite cosa scrive:

O amore santo e casto! O sentimento dolce e soave, o volontà schietta e purificata, tanto più schietta e purificata in quanto non vi rimane commisto nulla che non sia personale e  tanto più soave e dolce, in quanto tutto ciò che si avverte è di origine divina. Arrivare a questo significa indiarsi. Come una piccola goccia d’acqua dentro una grande quantità di vino sembra perdere per intero la propria natura fino al punto di assumere il sapore e il colore del vino, come un ferro messo al fuoco e reso incandescente si spoglia nella sua forma originaria per diventare del tutto simile al fuoco, così nei santi sarà necessario che ogni sentimento umano in una certa ineffabile maniera si dissolva e trapassi a fondo nella volontà di Dio”.

Sta dicendo che l’agire cristiano nasce da una connaturalità con Dio. Essere raggiunti da Cristo dona una qualità nuova, una incandescenza che è generativa di un tipo di idee e di iniziative che non sono state scritte da nessuna parte, che vanno al di là di quello che è ragionevole, di quello che è proporzionale. Quindi è evidente che è una grande risorsa non solamente per la persona umana avere questa molla interiore, questa forza interna, profonda, ma è anche un grande vantaggio per la società. Se è vero che la Costituzione è stata per molti versi inventata dal genio cristiano, quante cose i cristiani possono ancora fare non di meglio oppure di alternativo o di opposto al buon cittadino.  Un buon cittadino sta attento e si deve sforzare e per raggiungere una prestazione che ti dia lo zuccherino. Il cristiano dovrebbe già aver assaggiato lo zuccherino, goderlo, e quindi il di più lo crea, lo propone con delle iniziative che non sono state scritte da nessuna parte e quindi vive le relazioni affettive, ma anche quelle professionali partendo sempre da questo centro.  E’ questa la novità assoluta: indiarsi, essere deificato, aver ricevuto una qualità dall’incontro con Dio che mi consente di stare a dei livelli che mentalmente e psicologicamente a livello di energia il buon cittadino deve raggiungere sempre solo col sudore.

Ma non solo questo: anche i comandamenti per un cristiano non sono i Dieci comandamenti o i 613 precetti  dell’ebraismo. Sono molti di più, nel senso che li inventiamo noi!  C’è un’invenzione costante come Gesù ha inventato nell’ultima cena delle cose che nessuno aveva mai scritto.

Ora è evidente che questo che sto dicendo è un sistema straordinario che noi abbiamo bisogno di alimentare perché tutto questo è bellissimo, ma molto fragile. Non c’è un efficientismo utilitaristico per quindi sappiamo che ormai va da sé, abbiamo messo il pilota automatico…

Osservare traduce il greco tereo e  l’ebraico shamar che è il verbo del giardino: lavorare il giardino, valorizzare il giardino. Letteralmente significa che Dio pose Adamo ed Eva perché lavorando custodissero valorizzassero questo giardino, questa relazione sponsale con Dio. Guardate che idea pazzesca sta dietro questo discorso che fa Gesù Cristo, sta parlando di un uomo veramente onorato, reso Dio perché la natura divina ci fa somigliare appunto al Cristo che è uomo e Dio.

Quindi noi siamo chiamati ad avere questa grande risorsa che se è attiva in noi ci consente di vivere con meno ansia, con più creatività, con più bellezza. Infatti i documenti della Chiesa dicono che l’esistenza cristiana, l’esistenza trasfigurata del cristiano è qualcosa che sorprende il mondo.

Tutto questo lo dobbiamo inaugurare questo mondo. Questo vangelo tutto da scrivere e la sorgente minima è l’eucarestia, l’ascolto della parola attraverso cui ci arriva la comunione con Dio.