E il Verbo si fece carne

05-01-2025 II domenica dopo Natale di don Fabio Pieroni

Gv 1,1-18

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio, tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. E lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini, la luce splendere delle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida, ecco l'uomo di cui io dissi, colui che viene dopo di me mi è passato avanti perché era prima di me. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia, perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto, proprio il figlio unigenito che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato.

A me colpiscono varie cose di questa liturgia. In primo luogo, la preghiera che San Paolo fa nella lettera agli Efesini, in questo brano che abbiamo appena ascoltato: lui si augura che il Padre della gloria gli dia uno Spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di Lui. Per questo motivo abbiamo il tema della ripetizione, di riapprofondire, di riprendere certe cose che abbiamo vissuto e che facilmente sbiadiscono nella nostra memoria e nel nostro cuore; rischiamo di perdere la ricchezza che dovrebbe lasciarci questo tempo di grazia che abbiamo vissuto: abbiamo celebrato la nascita, il Natale, che si potrebbe dire che è la festa dell’incarnazione. Io ricordo che tanti anni fa, quando nel 2008 fu fatta la nuova traduzione della Bibbia, parlai con un Cardinale molto importante al quale io dissi che nella traduzione c’erano degli aspetti da vedere meglio. Mi rispose che tutto si potrebbe migliorare, ma a mia volta ho cercato di dire la mia e ci sono riuscito almeno su un aspetto che mi sembrava molto importante: volevano che la traduzione del prologo di San Giovanni che abbiamo ascoltato invece di dire che “il verbo si è fatto carne” fosse modificato con “il verbo si è fatto uomo” e lui disse che questa è una cosa enorme; io ci ho riflettuto tanti anni e adesso cercherò di spiegarvelo.

Ritorniamo alla preghiera che fa San Paolo per cui il Signore possa concedervi una piena rivelazione di questa grande ricchezza che avere vissuto e capire che cosa sia l’incarnazione. Allora certamente abbiamo vissuto tante cose belle a partire dal concerto di “Vedrai Miracoli”, preparato durante tutto un periodo lunghissimo da parte di molti dei nostri parrocchiani che pregano, approfondiscono le cose di Dio attraverso l’arte; poi c’è stata la recita dei bambini; poi abbiamo vissuto la notte di Natale, in cui c’era tanta gente tutta contenta. Abbiamo capito che questo sarà un anno particolare perché c’è il Giubileo e si è aperta la porta; noi abbiamo avuto un regalo da parte di nostri fratelli e sorelle della parrocchia che è questo modellino della porta di San Pietro fatto in maniera eccezionalmente perfetta: ci aiuterà ad avere sempre davanti questa porta aperta che noi varcheremo come parrocchia sabato 25 gennaio; alle ore 9 ci troveremo davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano perché è stata praticamente messa a disposizione solo della nostra parrocchia. Quindi faremo insieme questa esperienza e vi diremo poi gli appuntamenti per prepararci; in realtà abbiamo massimo due incontri. Infine, c’è stata la festa di Capodanno sempre realizzata da voi in maniera eccezionale, bellissima e ci siamo divertiti. Anche i giovani sono stati valorizzati: sia gli scout attraverso Don Simone, sia i giovani e giovanissimi insieme con Don Mauro, il quale non è potuto andare: siamo stati a Firenze ed abbiamo concluso ieri sera; avevamo 130 giovani che abbiamo portato a fare un viaggio artistico e spirituale sulle orme di Michelangelo. In quell’occasione, cioè ieri (sembra già passato chissà quanto tempo) io ho letto le parole molto profonde che Papa Giovanni Paolo II tanti anni fa aveva detto rivolgendosi ai giovani: “questa aspirazione che voi avete a qualcosa di più è implacabile nell’animo di un cristiano e il Papa vi esorta non appiattirvi nella mediocrità, a non assuefarvi ai desideri mondani, a non vivere solo a metà con le aspirazioni ridotte o peggio atrofizzate. Così, cari giovani, non lasciatevi vivere ma prendete nelle vostre mani la vostra vita e vogliate decidere di farne un autentico e personale capolavoro”. Parla dell’aspirazione a qualcosa di più, vi esorta a non appiattirvi alla mediocrità, a non vivere solo a metà, con le aspirazioni ridotte o peggio atrofizzate. La parola “sars” significa incarnazione ed è un termine tecnico per dire che la natura umana è debilitata, vulnerabile, segnata, indebolita per cui facilmente si scoraggia, si appiattisce, perde la sua fierezza ed entra nelle cose minime, nella mediocrità; è la natura umana che ci porta giù, ma il Vangelo dice “il verbo si è fatto carne e noi vedemmo la sua gloria nella carne” che tende a spegnere l’uomo di Dio, le sue aspirazioni. Gesù Cristo ha voluto vivere dentro questa condizione debilitata e ferita ed è riuscito a fare in modo che nel suo Spirito la carne potesse vincere sé stessa. Quindi San Paolo dice: “Gesù Cristo ha condannato, ha vinto il peccato nella carne”, nel suo terreno più favorevole alla mediocrità; un aspetto del Natale è l’incarnazione intesa come quella possibilità che una persona normale possa vivere in maniera soprannaturale, cioè all’altezza dei suoi grandi desideri, che sono forti nell’uomo, ma vengono spenti da questa condizione, questo peso che spegne tutte le nostre aspirazioni.

Noi abbiamo visto che Maria si mise in viaggio verso la montagna: è una grossa impresa perché sono 250 km. da Nazareth fino ad Ain Karim dove vive Elisabetta e quando la saluta vince sulla vecchiaia; in lei si accende l’entusiasmo di sentirsi madre: “ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu…”. Questo germe di vita nuova che Gesù Cristo ha vissuto nell’uomo lo ha reso accessibile a ognuno di noi e la Chiesa può abilitarci a fare in modo che in noi ci sia questa vivacità, questa sorpresa.

Domani o dopodomani si ricomincia a lavorare : ci sarà il traffico, quello che telefona ed arrivano sempre cose negative, per cui è inevitabile “stare sotto un treno”; se poi addirittura la carne, la natura umana è fiacca, è ferita, non reggi. Ieri sera tornavo in autostrada ed ho incontrato uno di questi Suv che vanno a 180 km/h che mi si è messo dietro a distanza di un mm. mentre stavo cercando di superare un Tir: non puoi dire nulla, perché si arrabbiano e magari inchiodava; sono tutti matti e come fai a non scoraggiarti? Eppure in questo Vangelo si dice che “il verbo si è fatto carne”: ciò che era impossibile alla legge (perché la carne lo rendeva impotente) Dio lo ha reso possibile mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato; in vista di Lui, ha condannato il peccato nella carne affinché noi vediamo la sua gloria, che è una persona che invece continua a sperare e a credere in Dio, ad avere un po’ di vivacità; ma questa si spegne a contatto con il mondo. Allora bisogna acchiappare questa fiamma, questa convinzione, questa voglia di campare, di credere che non è tutta una farsa quella che viviamo: c’è un punto dove possiamo riaccendere in noi qualcosa di essenziale, di esistenziale che è la grazia di Dio in noi. Attraverso la celebrazione ci arriva questa luce che ci mostra l’opera che Dio ci ha detto di compiere, perché questo Spirito ci venga comunicato. Ho detto poche cose rispetto alla grandezza dell’esperienza che noi siamo convinti di dover difendere ed alimentare anche per l’anno che si apre davanti a noi.