Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta

28-06-2020 XIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Questo vangelo è tratto dal capitolo 10 del vangelo di Matteo, dove c’è non solamente la chiamata dei dodici, ma Gesù in modo sintetico mette in fila tutta una serie di elementi che saranno il contenuto della loro predicazione. Le cose più belle del mondo vengono consegnate da Gesù agli apostoli perchè a loro volta le riversino sulla gente. Andando avanti in questo capitolo, sorprendentemente Gesù prevede che invece di una grande festa che si fa quando uno trasmette qualcosa di bello, ci saranno tanti ostacoli conflitti, malintesi, attacchi di ogni genere. E poi prosegue ancora dicendo come gli apostoli dovranno reagire davanti a tutti questi ostacoli. E allora ci sono tutta una serie di detti, di insegnamenti messi uno accanto all’altro come una specie di mosaico, per costituire una specie di  compendio dell’evangelizzatore.

Allora vediamo perchè ci interessa questa storia. Ogni cristiano è inviato per il suo battesimo,come diceva la seconda lettura, a vivere da cristiano, e quindi a predicare con la vita, a testimoniare quello che uno semplicemente vive, quello che gli è stato concesso perchè potesse essere abilitato a vivere in una certa maniera, che è quella del vangelo. Quindi vive senza dover fare il sorrisetto di fronte agli altri per cui lui ne sa sempre più di qualcun altro che non è cristiano.

Avete sentito che nel vangelo ci sono tre temi: “Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”,  e poi: “Chi accoglie il profeta come profeta avrà la ricompensa del profeta e chi accoglie il giusto come giusto avrà la ricompensa del giusto”. E infine: “Chiunque avrà dato un bicchiere di acqua fresca ad uno di questi piccoli perchè è mio discepolo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa”.

Vorrei iniziare dall’ultima frase, dal bicchiere da dare a qualcuno. Questa frase riassume in un piccolo frammento l’insegnamento e il criterio di discernimento di Cristo. Un cristiano è una persona che sa dare un bicchiere d’acqua. Per spiegare questo, voglio leggervi uno spezzone di un’opera teatrale che ho ascoltato recentemente: “Più pulivo, più ordinavo la mia stanza, più lui si sentiva a suo agio, quel tiranno, quell’odioso padrone di casa. Sapete che cosa dovrei fare? Dovrei andare dritto dal nemico e prenderlo a testate sulla fronte. Ma chi è il mio nemico? Io. Io a testa alta, io che ricevo le visite, io con sette vite, io che faccio inginocchiare chi arriva, io che  predico, io che lavoro su me stesso. Ecco il nemico. Al centro del quadretto ci sono sempre io, immobile, ad ingrassare”:

Questo è il punto: quando noi diamo un bicchiere d’acqua, quando facciamo qualcosa per gli altri, diciamo: ma avrò fatto abbastanza? Sono stato sufficientemente sincero? Potevo fare di più? La prossima volta mi dovrò regolare per essere più furbo? Io, io, io, c’è sempre questo io che ci impedisce di dare un bicchier d’acqua, perchè alla fine non stiamo dando un bicchier d’acqua, siamo solamente paralizzati su noi stessi, siamo angosciati costantemente da noi stessi. Non ci interessa se il bicchiere d’acqua abbia soddisfatto l’altro, non ci interessa il bene dell’altro, perchè siamo paralizzati, e quindi siamo infelici. Siamo sempre ad esaminare le nostre prestazioni e quindi non ci godiamo nulla, non entriamo mai nella relazione dell’amore. Cosa dobbiamo fare allora? Lavorare di più su noi stessi per migliorarci? No. Bisogna che su una persona che abbia  compreso questa verità, che abbia capito che è inchiodata su se stessa, ossessionata da se stessa, ci sia la profezia. Abbiamo bisogno della profezia. La prima profezia è comprendere che noi abbiamo questa natura che ci rende infelici e che rende infelice l’altro perchè anche quando facciamo qualcosa per l’altro, l’altro capisce che non stiamo pensando a lui, ma a noi! E questo non perchè noi lo vogliamo, ma perchè è così.

Cosa dobbiamo allora fare? Accogliere la profezia, accogliere  per esempio questa profezia che sto facendo sull’uomo, su di te, su di me. Se tu sei d’accordo su questo, accogli la profezia, già questo è una cosa molto importante.

La prima lettura parlava di un bambino che questa donna avrebbe stretto al suo seno; bene, la profezia non ci modifica, non ci migliora, la profezia ci collega alla vita nuova. Se noi diamo autorità al profeta questa autorità crea in noi una fecondità. Ci consente di agganciarci alla vita nuova del battesimo. Ci consente di morire a questo tipo di vita striminzita a cui siamo imbullonati per poter partecipare alla vita di Cristo. Questa è la ricompensa, il vantaggio, la ricchezza che ci dà la profezia. E siccome  la nostra vita è costantemente su un piano inclinato, può tornare fatalmente a contemplare se stessa se non stiamo sempre sotto la profezia, che è il battesimo che ci consente di entrare nella vita.

C’è stato un giorno nella vostra vita in cui molti di voi vi siete fatti leggere da un brano del vangelo, ed avete forse scoperto che stavate pescando insufficientemente, e avete ammesso di essere in crisi, ed avete accolto il profeta. Ed in voi è nato un innamoramento, una vitalità, una curiosità. O forse avete ascoltato un kerigma, una parola che vi ha detto: c’è un cammino per i piccoli. Inizialo e riceverai vita eterna! Il tuo io verrà liberato dalla sua ossessione di sè e finalmente potrà dimenticarsi di sè. Il profeta ci immette in una comunità: chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me… ci sta parlando di una parentela nuova, di un nuovo modo di stare insieme, che non è quello carnale.

Dobbiamo avere chiaro che finalmente siamo abilitati a dare un bicchiere d’acqua. Il bicchiere d’acqua non lo possiamo dare se non siamo nella profezia. Questa è la realtà in cui ognuno di noi vive, e la via d’uscita è l’accoglienza del profeta. Questa profezia concede al profeta l’autorità del padre che ci comunica la freschezza della vita nuova e ci immette in una comunione, in una vita comunionale che è quella della Chiesa.