Che cosa dobbiamo fare?

12-12-2021 III domenica di Avvento di don Fabio Pieroni

Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Oggi celebriamo la terza domenica di avvento. Siamo sempre più vicini al Natale, e questa domenica si chiama “domenica gaudete”. Gaudete! Gioite!

Speriamo allora di entrare oggi in questa gioia. Le prime due letture ci invitano a rallegrarci, ma questa è una cosa difficile, perché ognuno di noi dice: “Di che mi devo rallegrare?”

Noi stiamo vivendo l’avvento, ed abbiamo detto in diverse occasioni che l’avvento è un tempo forte aperto diversamente da altri tempi forti come la Quaresima e la cinquantina Pasquale che si chiamano tempi forti chiusi. Il tempo forte aperto è quel tempo che ripristina nei cristiani degli atteggiamenti di fondo fondamentali che gli consentono di avere le basi per vivere il cristianesimo.

Uno di questi atteggiamenti fondamentali che abbiamo cercato di spiegare e di suscitare in voi è l’atteggiamento della vigilanza: il Signore viene, ci parla e noi abbiamo bisogno di riconoscerlo.Ma c’è un altro atteggiamento che dovrebbe rimanere per tutto l’anno, è l’atteggiamento della gioia. Dentro di noi dovrebbe esserci di fondo un ottimismo, una certezza che questo Vangelo vuole che noi radichiamo in noi stessi. Questo Vangelo non vuole che radichiamo in noi motivi che provocano un’ansietta, una preoccupazione che ci portano a sentirci sempre in colpa o non sufficientemente a posto davanti a Dio. Vuole che raggiungiamo una confidenza con una fiducia che ora cerchiamo di spiegare.

Il Vangelo si  apre con tre gruppi di persone che vanno da Giovanni Battista (che sta in un posto infame a trenta, quaranta chilometri da Gerusalemme) per farsi battezzare. Questi gruppi che sono le folle, i pubblicani e i soldati, vanno da Gesù e fanno tutti  la stessa domanda: che cosa dobbiamo fare?

Giovanni Battista in maniera molto elegante gli dice: dovete solamente vedere che siete dei peccatori.

Alle folle dice: “chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e  chi ha da mangiare faccia altrettanto”; sta cioè dicendo di smetterla di pensare solo a se stessi.

Ai pubblicani dice: vergognatevi! Infatti i pubblicani erano degli ebrei che riscuotevano le tasse a nome dei romani, e i romani consentivano loro di fare una cresta sempre più alta perché si pagassero da sé questo mestiere che era quello proprio di sfruttare i propri fratelli i propri concittadini.  Dice quindi loro: “smettete di fare i pubblicani”, perché se io non esigo più di quanto mi è stato indicato, significa che non sono più un pubblicano.

Infine ai soldati dice: “non siate violenti”, quindi dimettetevi, disertate.

Giovanni sta quindi dicendo a tutta questa gente: “Voi siete messi male perché vi fate gli affari vostri,  siete dei ladri, siete dei violenti”.

Questo è un punto importantissimo: vedere il proprio peccato. Se approfondissimo il discorso ci accorgeremmo che ci sono tanti atteggiamenti che valutati dal Vangelo, di fronte alla domanda: che cosa devo fare? ci fanno arrivare una diagnosi infausta su noi stessi. Ricevi dei parametri che ti fanno fare i conti con il tuo nervosismo, con la tua ira, con la tua permalosità, con la tua violenza, col tuo peccato…

Qui ci sono due tipi di persone: le persone che quando si sentono dire certe cose se ne vanno e non li vedi più, e altre invece che tornano. Che succede a queste persone? Sentiamo la seconda parte del vangelo: “poiché il popolo era in attesa si domandavano se non fosse Giovanni colui che doveva venire”, ma lui dice: “No, viene dopo di me uno al quale io non son degno di sciogliere i legacci dei sandali”.

Questa è una frase idiomatica, è un modo ebraico per dire “Non sono io il vostro sposo”. Che c’entra lo sposo con i legacci? C’era una legge, che si chiama legge del levirato, per cui se c’erano due fratelli e uno dei due moriva prima che la moglie potesse avere un figlio, il fratello doveva prendere in sposa e mettere incinta la vedova. Però costui poteva rifiutarsi, e allora  il parente più prossimo prendeva il sandalo di questo fratello, e metteva il suo piede nel sandalo. A questo punto era quest’ altro personaggio che sposava questa donna.

Quindi Giovanni sta dicendo: non sono io lo sposo! La frase sciogliere i legacci dei sandali non ha un significato che ha a che fare con l’umiltà, come spesso noi pensiamo.

Non sono io il vostro sposo perché c’è uno sposo che vi renderà fecondi, tanto è vero che prenderà la pala e ripulirà la sua aia per raccogliere il frumento nel granaio, ma brucerà la pula con fuoco eterno. Cosa significa? Significa che questo sposo vi prenderà come se foste del grano che è stato appena mietuto, e vi batterà per eliminare questa pula che normalmente è una corazza che ingloba il seme del grano e gli impedisce la fecondità. Quando la pula viene eliminata e bruciata, il grano diventa non solo commestibile, ma anche capace di essere seminato ulteriormente.

“Seguitemi e rallegratevi voi che siete peccatori perché viene un Dio che farà giustizia”. Fare giustizia vuol dire rendere giusti. Dio non viene a distruggere il peccatore, ma a liberarlo dall’ottusità, dalla fatica e gli consentirà di essere quello che dovrebbe essere. Quindi rallegratevi! Voi non avrete a che fare con questo Dio che avete tante volte immaginato, un Dio perfezionista, esigente, violento, sempre infastidito dalla vostra presenza… No! Avrete a che fare con uno sposo che vi renderà fecondi, perché in questo senso farà giustizia, vi renderà giusti.

Questo è ciò di cui dobbiamo essere contenti! Noi abbiamo un Dio che ci guarda perché vuole renderci giusti, persone libere, in grado di amare, persone che possono rendere feconda la realtà perché ci è stata tolto ciò che ci bloccava:  i risentimenti, le  frustrazioni, la svalutazione di noi stessi. Tutto questo, tutto ciò che ci impedisce di essere felici e di rendere felici gli altri, lo sposo lo butterà nel fuoco inestinguibile.

Per fare questo bisogna che uno abbia la pazienza, il coraggio a volte, di vedere i propri peccati. Questa visione dei peccati non ha come esito quello di dire: vergognati, vai dietro la lavagna! Il motivo è quello di vedere in te su questo peccato la vendetta di Dio che è quella di toglierti da ciò che ti rende infelice e ti consenta di poter diventare quello che Dio ha visto che tu dovresti essere e che vorresti essere.