Capite quello che ho fatto per voi?

18-04-2019 Giovedì Santo di don Fabio Pieroni

Gv 13,1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Giovedi santo la Chiesa fa memoria del fatto che Gesù, prima di essere crocifisso, morire e risorgere, ha lasciato a tutti noi due grandi doni, immensi: l’eucarestia e il ministero sacerdotale.

Questi due grandi doni dovrebbero per noi diventare veramente tali ed invece spesso non ci arriva il dono. Avete sentito che nella prima preghiera che abbiamo fatto, che si chiama colletta (dal latino colligere, mettere insieme una sintesi di quello che la celebrazione ci dice), sottolineava un aspetto: “Fa che dalla partecipazione ad un così grande mistero attingiamo pienezza di amore e di vita”.

Gesù è molto preoccupato! Deve entrare nella sua ultima ora e deve lasciare a noi qualcosa che prolunghi la sua potenza di vita, per metterla a disposizione di tutti i poveracci che devono costantemente difendere la propria vita da chi gliela vuole mangiare. La gente difende la propria vita perché non ce l’ha! Se io cedo un pezzetto della mia vita soffro come un cane, a meno che non la ricevo nuova, eterna, diversa, divina, da Gesù Cristo, e questo avviene ad esempio attraverso l’Eucarestia. Solo allora io posso donare la mia vita, altrimenti non posso farlo! Non è questione di buona o cattiva volontà! Si tratta di vivere in un ritmo settimanale dentro l’eucarestia per poter non solamente essere cristiani, ma rimanere cristiani, maturare come cristiani. Gesù è molto preoccupato, perchè deve lasciare questo rito pasquale ebraico e modificarlo dalla sua missione di essere il Messia, di essere cioè colui che realizza fino in fondo le promesse che questa celebrazione ebraica conteneva.

C’è però il pericolo del ritualismo, per cui noi andiamo a fare la messa, celebriamo i segni pasquali, ma non ci arriva la vita. Nei vangeli di Matteo Marco e Luca, viene raccontato il cambiamento che Gesù mette dentro la Pasqua ebraica dicendo: “Questo è il mio corpo, non è il pane azzimo che si spezza e che ricorda la liberazione dall’Egitto, questo pane che si spezza è il mio corpo!”. Sta dando una novità: “Questo pane che è il mio corpo si spezzerà domani! Questo vino è il mio sangue che verserò domani! Per cui renderò reale quello che il rito dice!”. Ma c’è il rischio del ritualismo, per cui uno pensa che viene qui, celebra la Messa ed esce fuori tale e quale a prima, perchè uno pensa che la cosa principale sia solo celebrare la Messa,  mentre è importante come si celebra!

Infatti Giovanni nel suo vangelo non racconta le parole dell’istituzione dell’Eucarestia e ci mette dentro la lavanda dei piedi. Ora, la lavanda dei piedi nella Pasqua ebraica non è prevista! E’ una cosa nuova che fa Gesù ed infatti i discepoli si scandalizzano: “Non si fa questo segno nel Seder pasquale!”. Poi Gesù dirà: “Vi ho dato infatti l’esempio”.

Allora, Gesù fa questo segno che non è scritto da nessuna parte, che ci vuole dire molte cose. Innanzitutto questo è un segno che si riceve, non che si fa, nel senso che è molto più difficile riceverlo che farlo, perché noi non siamo abituati ad essere trattati come persone importanti, noi non siamo stati compresi, non c’è stata una cura, un’attenzione, quell’empatia umana di cui abbiamo bisogno! A noi non basta il rito!

Nel capitolo 12 del vangelo di Giovanni Gesù aveva incontrato una donna che aveva preso una libbra di nardo profumato e lo aveva versato sul capo e sui piedi di Gesù e  Gesù viene colpito da questo segno. Gesù impara da questa donna! E ripeterà questo gesto perchè vuole dire che questo è ciò che vuole fare attraverso il suo corpo e il suo sangue: “Io voglio che attraverso il mio corpo ed il mio sangue che si dà ritualmente dentro la messa, voi vi sentiate amati! Vi sentiate importanti, trapassati da questo amore che io vi voglio trasmettere!”. Per Gesù è questo che conta, che in noi si dia questa risurrezione, questa cura, questo senso di importanza che ciascuno di noi dovrebbe sentire dentro di sè. “Vi ho dato infatti l’esempio”. L’esempio del quale si parla qui non sta ad indicare che dobbiamo materialmente fare la lavanda dei piedi. Gesù sta dicendo: “Avete capito che l’opera d’arte che ha fatto questa donna e che io ho registrato come qualcosa che mi viene dal Padre mio, bisogna che la facciate anche voi, secondo il vostro modo di inventarla? Amare, comportarvi in una maniera che non è scritta da nessuna parte. Non è scritto in un comandamento, in un decalogo, questo modo di comportarvi. Io voglio che voi veniate fecondati attraverso ogni eucarestia da questa sensibilità che produce delle opere d’arte! Io voglio che voi siate questo, attraverso l’eucarestia, altrimenti celebrare l’eucarestia non serve a niente. Io vorrei che questo vi arrivasse!”.

Il problema è che questo è difficilissimo, perchè se questa è l’intenzione di Cristo succede che però dentro di noi c’è un diaframma profondo di ottusità, di chiusura, di estraneità alle cose che sto dicendo, ed allora bisogna fare un cammino di sintonizzazione a questo livello. Sant’Isacco il Siro ha detto una cosa che mi ha molto colpito: la conoscenza delle cose conduce al pianto. La conoscenza della lavanda dei piedi, quindi, conduce al pianto!  Cosa significa?

Nella tradizione antica vi sono due tipi di pianto: il pianto della tristezza chiamato il pianto della metànoia, della disperazione, e il pianto che  hanno i monaci e che deve durare tutta la vita, che si chiama il pentos. Il pentos è la commozione per aver compreso fino in fondo che significa quel segno per me, e che mi commuove ogni volta che ci penso! Se conosci le cose nello Spirito Santo, ti commuovi per la grandezza per la bellezza, per la sublimità di quella persona, di quel gesto… questo pianto significa che l’eucarestia ti sta fecondando e ti sta trasmettendo quella voglia di fare un’opera d’arte, ti ha pacificato, ti ha unto dentro, ti ha dato un profumo. Vedete, questi sono tutti vocaboli poetici, perchè delle cose di Dio si può parlare solamente per simboli, e per immagini poetiche. La poesia, come la musica, come la pittura hanno un linguaggio che non conclude pienamente le cose ed addirittura, dicono alcuni, se io definisco troppo il senso di una cosa, quella cosa poi svanisce.

Allora, dico anche a tutti voi che siete qua, recentemente abbiamo fatto dei momenti di preghiera, abbiamo fatto delle catechesi, visto dei film… non c’è altro da fare! Approfondisci questo! Fermati su un punto!

La Chiesa oggi ti dice: lavoriamo sulla lavanda dei piedi! Dopo questa eucarestia faremo l’adorazione, per farci arrivare le cose belle dentro. La conoscenza delle cose conduce al pianto. La conoscenza profonda di questo segno della lavanda dei piedi, che è l’eucarestia, cioè che è il dono totale che Cristo fa per farmi importante, per fare una cosa bella, questo dovrebbe essere la nostra passione. Un cristiano ha questo dentro! Non ha dentro la mania di fare le cose esatte che sono scritte nel catechismo. Quello è il minimo, ed è pure brutto dirlo! E’ ovvio! Ma quello che vorremmo vedere è la grandezza, la profondità dell’umanità di una persona che è stata fecondata dall’amore di Cristo.

Dicevano i Padri: è qui la misericordia? Tu ce l’hai la misericordia? Questo la gente cerca, e quando lo trova ha trovato Cristo. Il cristianesimo è questa vitalità, questa gestazione dentro la nostra umanità della dignità di Cristo che ci arriva attraverso questi segni. Oggi attraverso la lavanda dei piedi. Dobbiamo lavorare su questo, pensarlo.

Infine noi oggi faremo un altro segno importante: l’incensazione. Su questo altare già ci sono delle particole, che verranno offerte e che fanno presente Cristo. Ma queste particole siamo noi! Infatti tra poco queste particole verranno incensate, poi verrà incensato il sacerdote e poi voi vi metterete in piedi e riceverete questo segno, come succede anche con il papa. Noi siamo il corpo di Cristo! Questa è la grande sfida!

Il problema del nostro tempo è che abbiamo un’umanità arida, deludente, siamo tutti arrabbiati, insoddisfatti, perché è solo l’amore di Dio che ci soddisfa, e l’amore di Dio si dà anche attraverso i fratelli. Se tu trovi un fratello vero, che ti sorprende, hai trovato Cristo. Ognuno di voi è prezioso, ha la sua creatività, ma ognuno di voi deve ricevere questa ispirazione creativa, questo profumo. Ogni volta che noi celebriamo l’eucarestia, lo Spirito Santo dona questo profumo. Dobbiamo avere una grande intraprendenza, sapendo che Dio ci chiama proprio a questo, non chiama solamente me, chiama anche te! Anche se non sai come si fa. C’è una grande parte delle cose che dobbiamo fare che sono ignote: essere genitore oggi non sappiamo come si fa, non sta scritto da nessuna parte. Dobbiamo inventarlo, se siamo fecondati da questo amore che ci arriva attraverso l’eucarestia, a livello della lavanda dei piedi, di questa sorpresa. Entriamo dentro tutto questo, perché la conoscenza di queste cose ci conduca al pianto. Si piange quando le cose ti entrano dentro, quando l’anima ti esce dagli occhi attraverso le lacrime perché questo significa che stai approfondendo.