Andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda

23-12-2018 IV domenica di Avvento di don Fabio Pieroni

Lc 1,39-48

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

Maria riceve l’annuncio dell’angelo a Nazaret, e anche Giuseppe riceve un annuncio dall’angelo, perché Maria gli comunica che aspetta un figlio e Giuseppe non sa che fare. L’angelo gli dice: “Non temere perché quello che è stato generato in lei viene dallo Spirito Santo” e Giuseppe risponde che forse questa è per lui una cosa troppo grande e che lui non si sente in grado di affrontarla. L’obiezione di Giuseppe non è legata al sospetto che Maria avesse avuto il figlio da qualcun altro, ma piuttosto al fatto che è troppo grande per lui prendere tra le sue mani l’arca dell’alleanza. Ma l’angelo lo rassicura: tu potrai farlo.

Maria parte, e da Nazaret va ad Ain Karim, una località che si trova a 6 km da Gerusalemme, e a 200 km da Nazaret; fa un viaggio che dura circa una settimana. Maria era nata a Gerusalemme, era figlia di Gioacchino ed Anna, e va dalla parente Elisabetta. Perché? Per fare un’opera buona? No, Maria va da Elisabetta perché è piena di oppressione, tutto la minaccia, ha un orizzonte estremamente sconfortante, tutto sembra impossibile, è tutto difficile.

Quando Dio entra nella vita di una persona le cose si complicano, non si facilitano; avviene una reazione, come quando un corpo malato riceve un organo nuovo ed ha una crisi di rigetto. Cristo deve essere rigettato, non può essere accolto, non può essere creduto, goduto, è tutto difficile. Questo è normale!  Tante volte noi diciamo: se arriva il Signore è tutto più facile! No, è tutto più difficile! Perché c’è come un’infiammazione dentro questo grande organismo che è l’umanità, in cui serpeggia un rifiuto, un’ottusità, una grande difficoltà. E’ come se uno stesse sempre per abortire perché ha ricevuto una specie di sostanza chimica che rende praticamente quasi impossibile l’attecchimento di questo embrione. E quindi c’è una grande trepidazione.

Gesù non può essere accolto, perché la situazione dell’umanità, del nostro modo di pensare, è disperata, abbiamo tante difficoltà: non siamo compatibili con il verbo della vita, con il ragionamento che viene dallo Spirito Santo. Siamo storditi, certe cose non le capiamo tendiamo addirittura a rifiutarlo, a spaventarci: arriva Dio e che succederà? Mi cambia la vita? Mi vuole rovinare? I demoni, quando appare Cristo dicono: sei venuto a rovinarci?

Quante volte pur avendo ricevuto tanto del bene dalla parrocchia tendi a sminuirlo, a dimenticarlo a relativizzarlo? Non fai come Elisabetta! Elisabetta ha fatto tesoro di questa cosa piccolissima che è l’annuncio dell’angelo: perché anche Elisabetta ha ricevuto l’annuncio tramite Zaccaria. Loro avevano pregato e supplicato di avere un figlio e ricevono questo bambino. Maria incontra Elisabetta, e viene aiutata da Elisabetta. C’è qualcuno che finalmente sta in sintonia! Le comunica qualcosa di grande! Questo avviene anche tra di noi, e questa è una cosa bella che facciamo dentro le nostre comunità, perché dentro le comunità si sperimenta la comunione. La comunione è essenziale per la fede: comunicare la fede, scambiarci le nostre esperienze, scoprire che l’altro ha capito quello che ci sta rallegrando.

Noi abbiamo bisogno di valorizzare per confermarci reciprocamente nella fede, restituirci la sintonia su qualcosa che viene da Dio, perché la fede non è qualcosa di individuale, è un dono, come dicono i teologi, comunionale. Io non posso avere fede come un individuo del tutto isolato, scollegato dagli altri, a prescindere dagli altri. Questo solo Gesù Cristo lo può fare! Maria no! Neanche lei!

Maria va da Elisabetta perché sta in crisi, ed Elisabetta le dice: Benedetta tu tra le donne! E questo aiuta Maria, le fa capire che sta vivendo qualcosa di grande: l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore. Viene confermata e si sente contenta. Questa contentezza è fondamentale perché Maria poi torni a Nazaret ed affronti la situazione tremenda conseguente questa chiamata meravigliosa, ma molto difficile. Il compito è immenso, ha continue opposizioni…. Ci vuole una forza spaventosa.  Noi siamo in un mondo che distorce la verità, in un mondo che ci scoraggia costantemente, in un mondo in cui ci viene appiccicata tutta una serie di difficolta che smentiscono le cose belle di Dio. Se noi non abbiamo dei fratelli con cui lavorare, coltivare, confermare la nostra fede non ce la possiamo fare! E’ impossibile.

Una delle cose più nuove dell’evangelizzazione è la comunità, è la comunione, è il dono comunionale. Su questo dobbiamo assolutamente crescere e lavorare.