Alzatevi e non temete

08-03-2020 II domenica di Quaresima di don Fabio Pieroni

Mt 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Questa seconda domenica di Quaresima ci mette di fronte il vangelo della Trasfigurazione che ci racconta un momento drammatico della vita di Gesù. Qui siamo nel capitolo 17 del vangelo di Matteo. Nel capitolo precedente si narra di quando Pietro, alla domanda di Gesù : “Voi chi dite che io sia?”, risponde: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente!”. Gesù lo loda in maniera strana, perché gli dice che questa risposta non viene da lui, ma “è il Padre mio che ti ha ispirato quello che tu stai dicendo!”. Lo conferma e Pietro si sente gratificato. Ma Gesù continua il suo discorso dicendo che dovrà andare a Gerusalemme, soffrire molto da parte degli anziani, ed essere ucciso per poi risuscitare il terzo giorno. Pietro allora lo prende in disparte e comincia a protestare: questo non ti accadrà mai! Ma Gesù che stava avanti a Pietro, si volta e gli dice: Lungi da me Satana. Ricordate che questo esorcismo esplicito nei confronti di Satana Gesù lo fa nel deserto, quando c’è la grande tentazione del potere, della vittoria, di una vittoria secondo gli uomini.

Ebbene, Gesù di fronte a questa situazione di crisi dei suoi discepoli prende questa iniziativa di chiamare Pietro Giacomo e Giovanni e di portarli su una collina, il monte Tabor. Lì Gesù si mette a pregare, perché anche lui è in un momento di difficoltà, gli tremano le gambe perché sta per tornare per l’ultima volta in Giudea, verso Gerusalemme e quindi sta andando verso la morte, la passione, la difficolta. Si mette a pregare e il vangelo ci dice che venne trasfigurato dal Padre. Non è che si è trasfigurato da solo! Dio Padre gli dà questa consolazione, questa conferma: “Quello che stai facendo è la cosa più importante che tu poi fare nella tua vita. Questa è a tua missione: entrare dentro la morte e trasformarla perché l’esito finale sarà il Tabor”. L’esito della missione di Cristo non è il Golgota, è il Tabor. Per questo avete sentito che: le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. (Romani 8,18-19)

Sto dicendo tutto questo perché questa realtà della trasfigurazione, della protesta contro la morte e di questa conferma che invece nella morte bisogna passare e che questa sofferenza non è paragonabile alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi, ha a che fare con quello che stiamo vivendo oggi, questo discorso del Coronavirus, dove c’è una sofferenza molto complessa, che non è solamente quella di ammalarsi, ma è molto più grande, perché di fonte alla minaccia della morte, della malattia della precarietà, crolla un mondo! Crollano tante nostre false speranze a due livelli.

Il primo livello è quello che riguarda il mondo perché noi ci sentiamo traditi dal fatto che la televisione, i telecronisti, la scienza ci illudano che tutto sia sotto controllo. Invece niente è sotto controllo, le notizie sono falsificate, gli interventi sembrano quelli di dilettanti allo sbaraglio e quindi c’è una illusione che tutto sia in tempo reale tutto sia schematizzato, previsto. Niente di più falso. E quindi è chiaramente uno shock perché noi siamo inclini a voler delegare ad uno Stato perfetto tutte le nostre preoccupazioni, come un bambino che vede il papà come il più  grande del mondo, e che crede che c’è Babbo Natale che arriva e si risolve tutto. Questo è il primo punto importante.

Poi ne arriva un altro: non solamente crolla il modo di vedere il mondo, ma crolla il modo di vedere Dio, perché Dio non è quello che siccome è amico mio mi risparmia dal fatto che anche io possa entrare dentro una realtà del genere. Non è vero che se prego non mi succede niente perché sono amico di Gesù. E non è vero che se  mi dovesse succedere qualcosa allora significa che o Dio mi ha tradito o io sono colpevole. Questo tipo di cristianesimo, attraverso l’esperienza che stiamo vivendo, va in mille pezzi. Questo Dio che io mi immagino non esiste! Esiste il Dio di Gesù Cristo che mi accompagna dentro questa realtà del mistero dell’iniquità in cui il mondo, la creazione geme con gemiti inesprimibili, come dice San Paolo, e che mi vuole portare a poter vivere questa sofferenza, questa precarietà, recuperando sempre meglio quali siano le radici più autentiche del cristianesimo. Occorre una purificazione intesa come uno smantellamento di tanti grandi malintesi.

Avete visto quando ci sono le stelle cadenti? Non sono altro che dei pezzettini di meteore che quando colpiscono l’atmosfera si incendiano e provocano un bagliore bellissimo. Anche Gesù fa così: quando si sta preparando ad impattare contro il mistero del male, lo vivrà in una maniera inedita nuova con una speranza, con una dignità, una sofferenza che ha una fecondità che non è solo disperazione, non è solo protesta, non è solo bestemmia, ma è benedizione. Questo dobbiamo inaugurare noi cristiani in questo momento che non sappiamo quanto durerà; dobbiamo fortificarci come Gesù fortifica i suoi discepoli e a sua volta viene fortificato dal Padre. Abbiamo bisogno di questo! La fede non è qualcosa che hai e che va in automatico. La fede a volte ha delle botte di vita che sono assolutamente necessarie perché noi possiamo testimoniare che in noi abita non solamente una speranza, ma una vitalità che può impattare dentro la morte e questa morte è nostra compagna, nostra sorella, tutti i giorni, una sorella bruttissima che noi non vorremmo. Ma il Padre dice: “Ascoltate mio figlio, obbeditegli”. Dobbiamo uscire da un modo nostro di vedere la realtà che è molto infantile e che però è molto logico. Ma la nostra vita non è logica! E allora Dio dice ad Abramo: esci, vattene dalla tua terra, dal tuo modo di pensare e vattene verso un paese che io ti indicherò, secondo la modalità che io devo aiutarti a vivere per darti una fecondità.

Queste parole per noi oggi acquisiscono un significato che dobbiamo elaborare. Come si fa a trovare il Padre? A trovare la fecondità? Io non lo so, ti sto dicendo che ci devi entrare tu. Gesù dirà ai suoi: avete visto la trasfigurazione? Ora questo deve lavorare dentro di voi perché per quanto mi riguarda io devo fare il mio lavoro. Voi dovrete fare il vostro. Il cristianesimo non è la consegna di un libro che assomigli al manuale delle Giovani Marmotte dove trovare tutte le situazioni. Non è così! Attraverso questa urgenza, questa chiamata che Dio fa al mondo, attraverso la percezione della morte, della precarietà, dell’incertezza, dell’assurdità, si mette in piedi più profondamente il vero cristianesimo che non è quello che ci vuole risparmiare dalla croce, ma che ci vuole insegnare ad entrarci dentro con una speranza, con dignità, anche con coraggio e chissà dove ci vuole portare.

Ascoltatelo! Diceva la voce. Ascoltate e non temete, dice Gesù ai suoi che caddero faccia a terra e furono presi da grande paura.  Gesù si avvicinò e toccatili disse: alzatevi e non temete. Sollevati gli occhi non videro più nessuno se non Gesù solo. Questa è la Parola: Alzatevi e non temete! Questo significa entrare nella realtà e non uscire dalla realtà! Non alienarci, non entrare nei nostri sogni. Questo ci sta portando ad una crescita della nostra fede ed anche ad una crescita anche della nostra missione, perché chi vede me, chi vede te che hai una sapienza in più, allora viene rassicurato, illuminato, incuriosito da ragionamenti, da appoggi che la gente non può avere.

Crolla questo mondo cibernetico dove tutto è perfetto, crolla anche il mondo religioso di questo Dio che devi accattivarti attraverso il rosario. Il rosario si può fare, ma non  ha la finalità di stornare dalla nostra vita le cose  difficili… serve ad entrarci dentro. Questo è l’unico modo per fare il rosario, per avere un aiuto ad entrare dentro la realtà e non ad uscire.

Questo è il realismo cristiano, quindi certamente c’è un dolore, una fatica, un senso di smarrimento, ma noi siamo chiamati a leggere la storia attraverso gli occhi di Dio, di Cristo e non attraverso gli occhi umani, perché la vita umana, di fronte alla morte è finita. A volte questo appare ancora più vivamente per cui dobbiamo assolutamente ripetere questo segno di Gesù che dentro la morte dà alla mia carne, alla tua carne la possibilità di spezzarsi, per consegnarsi ad un mistero che noi non conosciamo ma che vale la pena di essere vissuto perché le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria divina che dovrà essere rivelata in me e con questa speranza noi dobbiamo proseguire la nostra giornata, la nostra settimana e la nostra missione.