Rallegrati Maria! Sei piena di grazia!

08-12-2015 Immacolata Concezione di don Fabio Pieroni

Lc 1,26-38

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.

In questa festa in cui ci sono tante concomitanze importanti, abbiamo la possibilità di cogliere alcuni elementi fondamentali della missione della Chiesa. Oggi si apre l’Anno Santo della Misericordia, ed oggi è anche il cinquantesimo anno dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Il Papa nell’omelia ha voluto riprendere questa ricorrenza per sottolineare come il Concilio fu un rimedio ad un momento in cui la Chiesa si era insabbiata, stava nelle secche di una chiusura, aveva una grande difficoltà di comunicazione con la modernità per  far arrivare all’uomo contemporaneo il messaggio evangelico. Ma l’arrivo del messaggio evangelico non è solamente una informazione, è piuttosto far fare  esperienza all’uomo contemporaneo del Dio di Gesù Cristo, esperienza di Cristo che ci porta al Padre. Come realizzare e perché realizzare questa esperienza?

Noi vediamo che il mondo è in una gravissima crisi che viene da molto lontano e che è sempre più forte, anche perché la cultura di base cristiana è stata logorata dal confronto con la modernità. L’uomo contemporaneo vive un’esperienza di confusione, di fragilità; la gente è spaventata, disorientata, destabilizzata. Tutti noi abbiamo nostalgia di una vita più umana, di relazioni più umane. Tante volte si sente dire che l’uomo si sta disumanizzando: non ci sono più certi atteggiamenti che noi ci aspetteremmo di trovare nelle persone. I frutti che noi ci aspettiamo che nascano nelle persone, non nascono da sé, non sono secondo una logica creaturale per cui vengono spontaneamente come sugli alberi, ma nascono se sono coltivati. Naturalmente dipende quale seme viene coltivato, perché se viene coltivato il seme dell’ateismo, il seme della sfiducia nel futuro, il seme dell’inesistenza di Dio, il seme dell’atteggiamento della superbia, dell’autoreferenzialità, dell’egoismo, viene fuori una bestia. Noi stiamo assistendo ad una disumanizzazione dell’uomo, e  dovremmo allora umanizzare il mondo.

E’ questo è il progetto della Chiesa? Per questo esistono le parrocchie? Per umanizzare il mondo, la tua vita famigliare, le tue amicizie? Capite che se la finalità della Chiesa è umanizzare il mondo, l’esistenza della parrocchia è una risorsa enorme, perché deve agire a livello lavorativo, a livello della produzione, a livello delle amicizie… infatti quanto meno c’è umanizzazione, tanto più c’è sfiducia, disperazione, conflitto.

Ora vi devo però dire una cosa: la Chiesa non vuole umanizzare il mondo. O almeno, non è questa la sua prima missione.

La Chiesa prima di umanizzare il mondo, deve divinizzare l’uomo, deve rendere cristiano l’uomo, deve formare la persona e trasmettergli la natura divina, deve trasmettere all’uomo il DNA di Gesù Cristo! Questa è la prima missione! Certamente si arriverà anche a umanizzare il mondo, ma in questa umanizzazione dobbiamo avere ben chiaro che tipo di uomo vogliamo produrre, che tipo di umanità vogliamo realizzare. Una umanità divinizzata!

Come si fa a trasmettere a te e a me il Dna di Cristo? Bisogna avere a che fare con un vocabolo che è molto sottolineato dentro queste letture che abbiamo ascoltato, che è la grazia:  rallegrati, piena di grazia! La grazia è con voi, e lo abbiamo anche ripetuto nel salmo: abbiamo contemplato il tuo amore, e la grazia, la caris, la bellezza, è l’amore. Allora noi dovremmo, attraverso la Chiesa, sperimentare il contrario di quello che è successo nel giardino di Eden. “Dove sei?” “Ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto”. La Chiesa è quella realtà che vuole rivestirci della dignità perduta, che vuole vincere in noi la menzogna di essere soli, di essere senza alcun senso, senza alcun obiettivo. Vuole vincere in noi la tentazione, la paura, il sospetto che la vita sia inutile. Vuole vincere in noi quella forza che ci porta a chiuderci, a nasconderci, a non vivere, oppure a contrapporci all’altro.

Se in noi arriva la grazia, se la frequentiamo, piano piano questa grazia modifica in noi il nostro Dna; questa è l’esperienza dello Spirito di Cristo che ha il potere di darci una vitalità nuova, un senso di fiducia nei confronti della vita nonostante le difficoltà. Anche nella vita di Cristo ci sono state tantissime difficoltà, ma in Cristo ha prevalso la certezza che tutto avesse uno scopo, un senso, che è possibile vivere non da schiavi, ma da figli di Dio. Per farci arrivare dentro l’anima questa grazia, che è la bellezza, la gratuità, l’esperienza stessa di Dio che è la Misericordia, dobbiamo fare un lavoro dentro il quale dobbiamo essere immersi, rivestiti.

La persona divina è la persona che ha la bellezza di Cristo, che ha incontrato Cristo, che vive questa comunione con lui. Divinizzare le persone è ciò che cerchiamo di fare durante tutto l’anno, attraverso le celebrazioni, la preghiera, il confronto personale. Tutto è basato su questo, e non nel rovistare sempre sulle nostre colpe, o nel sentirci sempre inadeguati e mai in pareggio davanti al giudizio di Dio. Dio è misericordia, non giustizia! E’ misericordia, è amore, è gratuità, è bellezza! Ma questo noi non possiamo crederlo, non ci riusciamo, non ci entra dentro: questo è il peccato.

Siamo qui con questo senso di inutilità, di paura, di solitudine, e allora arriva nuovamente la grazia, per dirti: ti voglio rivestire, voglio che tu ti rimetta in piedi!  L’angelo dice a Maria: Rallegrati Maria sei piena di Grazia! Ci credi al fatto di entrare in questo progetto d’amore? Vogliamo entrarci insieme in questa realtà? La prima fede, la prima convinzione di Maria è credere alla grazia, alla bellezza, alla misericordia.

Questo dovrebbe prevalere dentro e fuori di noi, perché noi siamo duri, spietati, violenti, implacabili. L’implacabilità dell’uomo lo fa brutto, lo fa spiacevole. Divinizzare l’uomo significa rendere consapevole una persona di chi sia Dio, di cosa sia la sua grazia, significa fare contatto con questa sorpresa che è la misericordia.

La misericordia è una sorpresa, è una cosa sconosciuta, è qualcosa di immeritato, di impossibile per noi! La Misericordia è Dio! Se incontri la misericordia, significa che hai incontrato Dio! La misericordia è entrare in presa diretta con questo Dio che va al di là della giustizia,  dei meriti, al di là di quello che ti immagini, al di là della misura. E’ incontrare chi ti rimette in piedi!

Il papa ha voluto aprire la porta della misericordia, perché noi potessimo stare di fronte ai nostri peccati. Senza misericordia, il peccato va negato, non si può guardare; il motivo per cui la gente non riconosce il peccato è perché non conosce la misericordia, e di conseguenza è convinta di non avere vie d’uscita.

Dovremo imparare quest’anno cosa sia la misericordia, e farne esperienza. Misericordia in ebraico si dice rahaim, cioè un utero di rigenerazione. Solo se veniamo generati dall’utero della misericordia di Dio verremo veramente  trasformati.