Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa!

06-03-2016 IV domenica di Quaresima di don Fabio Pieroni

Lc 15,1-3.11-32

Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.  I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli.  Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.  Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.  Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.  Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.  Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!  Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;  non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»

 

Questa parabola ci parla di una famiglia disastrata. Perché c’è questa insoddisfazione? Perché c’è questo problema? Perché c’è gente che è stufa, che è demotivata e che vuol fare altro? Perché alcune persone vogliono andare via dalla parrocchia, oppure stanno in parrocchia senza mai essere contente? Perché succede tutto questo?

Questa parabola ce lo spiega: la nostra vita è tutta orientata verso la letizia, verso la gioia e noi pensiamo che per ottenerla dovremmo fare di più, dovremmo avere più libertà oppure dovremmo eliminare alcuni comandamenti che non ci piacciono. Da dove nasce la vostra e la mia insoddisfazione? Perché dove ti mettono stai male? Perché accade che vuoi il fidanzato, poi però hai il fidanzato ma non ci stai pienamente bene… hai finalmente corretto quel difetto e ti senti più amico degli altri e forse hai scoperto che sei più maturo… ma non sei soddisfatto? La causa, il problema, l’origine di tutto questo è che noi non conosciamo il Padre, non conosciamo Dio. Ci stiamo vicini, ma potremmo correre il rischio di non entrare mai in un vero contatto, in una vera comunione con lui.

Gesù nel capitolo 17 del vangelo di Giovanni, durante l’ultima cena, dice: “E’ giunta l’ora, Padre. Glorifica il figlio tuo perché il figlio tuo glorifichi te! Io sono venuto perché questi fratelli abbiano la vita eterna, e la vita eterna è che conoscano te, che entrino in comunione con te!”. Il Padre non è qualcuno che è un po’ più bravo del tuo padre terreno. Il padre terreno, carnale è solo una pallida idea di chi sia il Padre. Il Padre è la vita eterna! E’ la sorgente della mia realtà, è colui che mi mette un anello al dito, mi dà dignità, mi mette il vestito, ogni volta mi fa sentire un re! Conoscere il Padre è vivere questa relazione! Io, come cristiano dovrei essere felice non perché ho fatto il mio dovere e sono bravo, o perché le cose mi vanno bene, ma perché Dio è mio Padre! Perché io e lui siamo insieme!

Questa è la libertà: che io conosca e sia in relazione con Dio che è mio Padre, sapendo che lui è sempre con me, anche quando io non sono con lui. Questo è il punto fondamentale.

Ma come si fa a conoscere Dio Padre, come si fa ad entrare in contatto con lui? La parabola ci dice che ci sono due vie: la via del figlio minore di cui sappiamo la conclusione e la via del figlio maggiore che non sappiamo invece dove vada a finire. Avete sentito cosa gli dice il padre: “Figlio mio questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato! Tutto quello che è mio è tuo, ma bisognava far festa!”. Però non si capisce che cosa poi farà questo figlio maggiore… Fatto sta che c’è una via privilegiata per conoscere Dio, che è quella di chi si trova un giorno con le mani sporche di sangue, di chi si rende conto che è finito, che ha sbagliato tutto. Quando ti rendi conto che hai addirittura ucciso l’agnello che è il Figlio del Padre, e davanti a lui scopri la possibilità un incontro, qualcosa che non esiste in questo mondo: tuo Padre rimane tale, e ti sorprende.

La via maestra per conoscere Dio è la misericordia. La misericordia è l’esperienza di chi si sente in difetto, di chi non si sente superiore agli altri. Fino a quando uno di voi si sentirà superiore ad un altro che ha fatto un peccato più grande del suo, non potrà conoscere Dio. Se qui c’è qualcuno che si sente migliore di un altro e pensa di poterlo giudicare e condannare, diventando spietato come il figlio maggiore, non conosce Dio o se anche lo avesse conosciuto, lo ha dimenticato, o perso. Dio lo conosci solamente quando stando nella condizione in cui sei finito, scopri che c’è una vita nuova, una risurrezione. Questa è l’esperienza che fa il figlio minore, questa è l’esperienza di San Paolo, questa è l’esperienza di Pietro, di tutti i grandi santi. Un grande santo si vede dal fatto che ha una relazione col Padre e la relazione con il Padre si trova attraverso il peccato, attraverso la fragilità, la debolezza, perché nella debolezza nessuno può stare con te! Solo Dio! Anche in quelle situazioni per le quali di fronte alla Chiesa istituzionale tu sei finito, Dio sta con te! Dio è tuo Padre, e in qualche modo non entra più nelle regole. Ci sono delle leggi che Dio non rispetta, perché Lui rimane insieme con te. Questa esperienza di sicurezza, di sorpresa, è il tuo segreto! Questa è la tua forza, questa è la tua dignità! Ed è dentro questa dignità che una persona ha misericordia verso gli altri, che non è più così cattiva, spietata.

Nel figlio minore c’è questo processo di chi entra nella festa. E’ vero che è stato ucciso l’agnello! “Prendete il vitello grasso, facciamo festa!”. Questa è una cosa fondamentale, perché questo agnello è Cristo, il Figlio del Padre! Noi possiamo entrare in comunione con il Padre nonostante il sacrificio del Figlio, cosa impossibile a livello umano, perché qui c’è qualcosa di grande, di straordinario.

Allora facciamo attenzione, perché potremmo avere tutte le ragioni del mondo, ma non avere mai conosciuto Dio Padre. Il Padre si conosce in questa esperienza, dentro la nostra fragilità che non ci squalifica con Dio come avviene nella logica creaturale, nella logica razionale. La fragilità ci unisce a Dio Padre, ce lo fa vedere finalmente negli occhi. E’ importante che ciascuno di noi faccia questa esperienza: quello che tu butteresti via, la tua fragilità, è la strada maestra per incontrare il Padre, è la strada, il segreto  per raggiungere la pienezza della letizia.

L’ostacolo è disprezzare gli altri, sentirsi il migliore: “Io questo non l’ho fatto, e non lo farò mai!”. Invece, ogni volta che vedi un peccato, un problema, devi sempre dire, come dicevano gli antichi padri: oggi a lui, domani a me. E speriamo che quando io mi ritrovi in una situazione di questo genere, abbia il coraggio di alzare gli occhi davanti al Padre, davanti a Dio scoprendo che mi guarda in una maniera del tutto inaspettata. Quando questi due sguardi si incontrano, tu hai conosciuto il Padre e la tua vita è nuova. Sei uno straccione, ma la tua vita è nuova, perché tu sei figlio di Dio, sei erede della vita eterna, sei pienamente in contatto con lui. Io spero che questa esperienza che lo Spirito Santo ci può comunicare, vi arrivi perché in questo sta la vita eterna, la pienezza: “Conoscere te, Padre, tu che mi hai mandato perché io glorifichi il tuo amore”. Così dice Gesù.