Cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto

12-09-2021 XXIV domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mc 8,27-35

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Il brano del Vangelo di Marco ci parla di una città, Cesarea di Filippo, che si trova nel  nord di Israele. Ancora oggi ci sono le rovine di una cittadella che Filippo, uno dei figli di Erode il Grande, aveva costruito in onore dell’imperatore romano Cesare Augusto. In questa cittadella c’era il compendio di tutta quella schiera di divinità che garantiscono il benessere dell’uomo e la soluzione dei suoi problemi: c’era per esempio il tempio del dio Pan, che è il dio del divertimento, è colui che ti toglie dalla depressione, dalla noia. Pan per i greci era Dionisio e per i romani Bacco. Poi c’era un monumento a Cesare Augusto, un monumento in ricordo di una grande vittoria che Israele aveva riportato contro i Seleucidi. E tanti altri. Era quindi una zona sicura, una specie di scudo nucleare per qualsiasi problema che possa affliggere l’uomo, dove i romani infatti andavano a riposarsi dopo le battaglie perché lì c’era pure l’acqua fresca. C’era una cascata alta 10 metri, ricca di acqua.

Gesù porta qui i suoi discepoli e fa loro questa domanda: “Il mondo, la gente, chi dice io sia?”, e gli rispondono in quella maniera che abbiamo ascoltato: un profeta, Giovanni Battista…

“Ma voi chi dite che io sia?”

Il Cristo, il Messia, il Re! La parola Messia in ebraico indica colui che risolve i problemi. Il Messia dovrebbe essere quello scudo di protezione che avevano i romani portato alla ennesima potenza, il Salvatore! Pietro glielo dice: “Sei quello che risolve i problemi! Messia è colui che salva, che protegge l’uomo.

Successivamente Gesù si rivolge a Pietro dicendo: “Aspetta un attimo, devo concludere, devo aggiungere una cosa sul fatto che io sia il Cristo”, e cominciò ad insegnare loro che il Figlio dell’Uomo doveva molto soffrire, essere rifiutato dagli anziani, poi venire ucciso.

Ma come! Non è questa la salvezza del messia!  Il salmo diceva: “io amo il signore perché ascolta il grido della mia preghiera. Verso di me ha teso l’orecchio. Nel giorno in cui lo invocavo infatti mi stringevano funi di morte, ero preso dai lacci degli inferi, mi opprimevano tristezza e angoscia. Ho invocato il nome. Ti prego salvami! E il Signore mi ha sottratto dalla morte, ha liberato i miei occhi dalle lacrime, ha preservato i miei piedi dalla caduta”. Prima che io cadessi mi ha salvato, m’ha preso per i capelli…invece qua Gesù corregge l’Antico Testamento, non  è d’accordo con l’Antico Testamento perché lui ci sta dicendo qualcosa di diverso, che non ci piace: che  la salvezza che Cristo porta è dentro la sofferenza, è dentro la croce, è dentro i problemi.

Uno potrebbe dire: ma scusa, se tu sei il Salvatore perché mi devi far entrare dentro questi problemi? Salvami prima, risparmiami questi problemi. Perché permetti che io entri dentro la sofferenza?

L’Antico Testamento dice così: “Il Signore mi ha aperto l’orecchio ed io non mi sono tirato indietro, ho presentato il dorso ai flagellatori. Il Signore Dio mi assiste per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come la pietra, sapendo di non restare deluso”. Allora qui si tratta innanzitutto di fare pace col fatto che Dio ha deciso un’altra cosa rispetto a quella che noi ci aspettiamo.  Noi ci aspettiamo la salvezza prima della morte, la salvezza prima del problema, in modo tale da non trovarmi nella condizione di risolvere il problema, ma in quella di evitarlo. Io non risolvo il problema, lo evito. Invece Dio ha deciso un’altra cosa. Questo è un primo punto sul quale convertirci. Noi utilizziamo per esempio molto spesso la religione proprio per evitare il problema e quando il problema ci si presenta e dobbiamo entrarci dentro, malediciamo perché questo Dio non ci piace, non lo vogliamo: o Dio non c’è o, se c’è, non siamo d’accordo con lui. Qui si gioca tanto del nostro essere cristiani, perché poi bisogna avere delle chiavi, uno spirito nuovo.  Gesù non ci salva prima della morte, ma inaugura un nuovo modo di soffrire, una maniera inedita di morire che prima non c’era. Prima esisteva un modo solo di soffrire, quello della persona sfortunata, il maledetto, il disperato, l’abbandonato da Dio. Cristo inaugura un secondo modo di vivere: ci sono quindi due modi di morire e di vivere, una secondo l’uomo normale e una secondo il Cristo.

Ciascuno di noi che sta dentro il suo problema si aspetta che da un momento all’altro gli venga risolto, si aspetta che finalmente Dio si accorga di lui. Questa aspettativa, che è umanamente fondata, è però completamente delusa. Dio si è inventato un’altra cosa e questo manda in crisi Pietro. Noi leggiamo questo vangelo e sentiamo sto Vangelo e diciamo: Pietro è sempre il solito…

Non è così! Ragionaci meglio! Pietro è come me! E’ come te! Lo stesso Gesù si è dovuto convertire: non quello che voglio io ma quello che vuoi tu!

Questa è una Parola impressionante sulla quale noi dobbiamo lavorare perché lo Spirito Santo ci insegna a vivere una vita nuova, ci insegna a vivere una morte nuova, una sofferenza nuova che è quella di Gesù, che è feconda, che redime, che salva, che esalta, che cambia la storia, che assorbe il male.

Carissimi io vi invito proprio a riflettere su questa parola così impressionante perché tutti noi siamo dei principianti di fronte a questo discorso perché il modo di presentarsi delle difficoltà delle sofferenze delle croci è sempre irrisolvibile, è sempre incomprensibile. Questo è il cristianesimo più reale, più concreto, più vero e quindi  riflettiamo durante questa giornata, questa settimana.