Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse

25-12-2015 Veglia di Natale di don Fabio Pieroni

Lc 2,1-14

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

Nella prima lettura si è parlato di una profezia in cui Isaia fa una fotografia della realtà di quell’epoca, ma anche del momento in cui viviamo:  c’è un popolo che cammina nelle tenebre, c’è una tenebra, ma ad un certo punto una luce rifulge e produce una reazione fortissima, si moltiplica la gioia, aumenta la letizia: un Bambino è nato per noi! Questa profezia antichissima ci parla della tenebra che è il segno dell’ottusità, dell’estraneità nei confronti delle cose grandi e belle di Dio, e che fa sì che ogni uomo sia disturbato, oppresso dall’incredulità. Noi siamo come in esilio, cerchiamo una pienezza. “Ci hai fatti per te – diceva sant’Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”: è questo ciò che egli scopre ad un certo punto dopo tanto vagare, oppresso dalle tenebre dell’estraneità, dell’incredulità, dell’allergia alle cose di Dio. C’è un potere delle tenebre che ci dice che non c’è niente, che è tutto sbagliato, tutto inutile, e queste affermazioni hanno le loro pezze d’appoggio, perché veramente la vita è difficile. Tutti noi vaghiamo in questa tenebra, tutti noi siamo angosciati, questa profezia non è solamente di tanti anni fa, ma illumina la nostra realtà di persone che hanno bisogno che accada qualcosa.

Abbiamo ascoltato san Paolo dire: figlio mio, si è manifestata la grazia salvifica di Dio. La cosa più grande nella vita di una persona è che finalmente si manifesti, si renda presente, percepibile, partecipabile la bellezza di Dio che ci trasforma se diventa un segno per noi. La processione che abbiamo fatto all’inizio portando il bambino che poi è stato messo davanti a noi vuole indicare che Dio può riuscire a penetrare attraverso le tenebre ed essere un segno dentro la tua anima portando il profumo della vita, qualcosa di misterioso, di grande. Un segno significa una traccia di bellezza, qualcosa che ti rimanga, qualcosa che faccia germogliare la vita. L’opera di Dio è che ti arrivi nell’intimo questa assoluta e indicibile voglia che ha Dio di farti del bene. Noi siamo figli di un Padre che vuole manifestarci la sua grazia, il suo favore, la sua amicizia e se questo ci arriva dentro, ci arriva in fondo, se si accende qualcosa in noi, allora noi siamo finalmente vivi, allora per la prima volta cominciamo a vivere. Molti di voi avete fatto questa esperienza, che però si può perdere.

Il Natale ci fa presente che il cristianesimo è una mistica, cioè è l’esperienza di essere stati innamorati, di essere stati raggiunti, e questo produce un’emozione grandissima; avete sentito che i pastori furono presi da grande spavento, questa parola in greco significa una grande emozione, un’emozione soprannaturale che li scombussola in una forma positiva. Noi normalmente sappiamo che veniamo scombussolati dalle cose brutte, e poi su queste cose brutte ci ragioniamo, cominciamo a costruire tutta la nostra vita a partire da quell’esperienza negativa che ci è capitata, diventiamo vittimisti. Questo ci porta nella tenebra, ci porta all’inferno, ci porta lontani, ci porta a vivere male anche le cose belle che abbiamo, ci paralizza dentro. Invece questa notte di Natale ci viene a dire che noi siamo stati fatti per la bellezza, per la preghiera, per la contemplazione, siamo stati fatti per fermarci un attimo in silenzio a ragionare sulle cose di Dio.

Dobbiamo  aprirci alla gioia, disarmarci, ma noi normalmente non molliamo di un millimetro perché le tenebre sono una operazione del nemico di Dio, del demonio, e quindi in questo senso siamo estremamente specializzati a rattristarci. In questo vangelo ci sono persone che finalmente si aprono alla gioia! Questa cosa così piccola, questo Bambino che fa presente tante cose belle, vuole che dentro ciascuno di noi arrivi la tenerezza di Dio, l’amore di Dio perché possiamo gustarlo, fermarci e diventare anche noi a nostra volta delle persone che seminano nelle altre persone. Don Giuseppe, che è qui con noi da 5 anni tra un mese tornerà in India, ed io credo che quando una persona lascia un popolo, fa un bilancio: cosa lascio? Che segno lascio? A me personalmente piacerebbe lasciare in voi un segno di bellezza, un regalo, una sorpresa, un dettaglio… Su questo io devo studiare, su questo io voglio riflettere: mi piacerebbe che le persone che vengono a parlare con me, o che vengono ad ascoltare una catechesi, uscissero con un senso di bellezza, con un senso di pace.

Anche Gesù ha saputo valorizzare i segni che le persone che ha incontrato gli hanno regalato: alcune donne, alcuni uomini, lo stesso Nicodemo. Segni di bellezza, che sono importanti e noi siamo debitori gli uni con gli altri. Immagina che Dio oggi entra qua dentro e ti dona questo Bambino, è tutto contento! Tu potresti pensare: è una follia un regalo così per me! Dio non sa forse quello che ho fatto, non sa che sono una mezza cartuccia? Invece entra tutto contento: rallegrati! Ma a noi sembra impossibile perché noi facciamo i calcoli, perché noi non siamo abituati ad incontrare Dio, quello vero. A volte anche la catechesi della Chiesa ci ha presentato un Dio che è un’immagine confezionata dal demonio. Qui c’è tutto il contrario: Dio vuole che prendiamo dei momenti, dei piccoli pezzetti di cielo e li difendiamo dentro di noi. Questo ci da la forza di passare dentro le tenebre, questo ci dà la motivazione per rimanere insieme. La vita cristiana non nasce attraverso lo sforzo, l’impegno, la lettura, o la teologia. La vita cristiana inizia quando uno si sente amato, si sente voluto bene. Quando c’è questa sorpresa, tutto cambia. Dice Pablo Neruda: tutto era vuoto, morto e muto, caduto, abbandonato e decaduto, … finché la tua bellezza e povertà empirono l’autunno di regali. Lui sente un raggio dell’amore e si sente pieno di regali. Il Natale ci dice che ogni cristiano è un mistico, un poeta, ha una sensibilità. Il presepe è una scuola di contemplazione dove c’è un silenzio, dove c’è un’ armonia, dove il caos di questo popolo che non si sa dove va ha finalmente un centro e il caos diventa cosmos, e c’è un’attenzione, una valorizzazione delle persone; tutto ha un senso! Bisogna che tu ti faccia raggiungere da Dio, che ti dirà delle cose diverse da quelle che dice a me, tant’è che questo incontro con Dio ti feconda. L’incontro con Dio è fecondante. Io non devo sforzarmi di avere una volontà di acciaio, devo solamente assecondare l’azione di Dio in me.

Allora, questo Natale ci dice: Cristo deve squarciare questa grande oscurità, questa grande tenebra in cui ci troviamo, deve raggiungerla, deve arrivare fino in fondo, perché finalmente ci arrivi un raggio di luce. Se arriva questo Bambino, se arriva questa tenerezza, questa pace e tu ti allei con questa pace, allora la tua vita cambia, allora tu cominci ad entrare in sintonia con Dio. Ma se tu dici: no, io non cedo assolutamente, io mi alleo con i miei alibi, non si può fare nulla. Questo è il mistero della libertà. Diceva Etty Hillesum: ogni scheggia di odio, aggiunta a questi troppi odi, rende questo mondo ancora più inospitale  e più invivibile. Ogni scheggia di odio. E ce ne sono tante di schegge! Se tu contribuisci ad aggiungerne altre il tuo mondo diventa un inferno. Ma dice ancora: Io invece di amore ne ho molto, moltissimo, così tanto che già davvero qualcosa ha contato e ormai non è più così poco.

San Francesco diceva così: Alto e glorioso Dio, illumina il cuore mio, dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta, dammi umiltà profonda, dammi segno e comprensione, percezione, che io possa sempre servire con gioia i tuoi comandamenti. Di questo ti  prego Signore, che la mia mente sia rapita dall’ardente dolce forza del tuo amore, cosicché sia distolta dalle cose che non contano perché io possa morire per amor tuo, come tu moristi per amore mio. E’ una cosa stupenda! Questo è il presepe. Questo si impara davanti al presepe, davanti alla croce. L’incontro con Dio mi segna, mi raggiunge, mi abbellisce.

Il segno di Dio è una bellezza, una pennellata, una cosa stupenda. Questo dovrebbe essere un cristiano, uno che quando passa lascia il segno. Noi dovremmo essere degli artisti, come lo è Maria che è chiamata dagli antichi padri il roveto ardente, qualcosa che non si consuma, qualcosa di interessantissimo, di bello: questo dovremmo essere gli uni per gli altri. La poesia nasce dall’amore. Il cristianesimo è pieno di poesia, è un’arte che, come la pittura o la musica, nasce dall’amore, nasce dall’incontro, qualcuno è stato segnato, è arrivato un segno. Devi guardare il segno, ci devi stare, ci devi riflettere. Questo Bambino è venuto in mezzo a noi e allora in questo tempo di Natale contempliamolo. La sensibilità nuova ci insegna ad evitare le cretinate, l’empietà e a vivere con giustizia nella bellezza per formare un popolo puro che appartenga a Cristo, zelante nelle opere buone. Bene, io spero questo. Questa sera abbiamo capito una cosa: il cristianesimo è una cosa mistica, è un incontro spirituale. Dice san Paolo che fra i perfetti parliamo di una sapienza, ma una sapienza che non è di questo mondo. Una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta. Sta scritto: quelle cose che occhio non vide e mai orecchio udì, ne mai è entrata nel cuore dell’uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano, per coloro che si fidano, che si aprono. Se questo viene meno in me, sono morto. E non è solamente questione di preghiera, perché ci sono persone che mi fanno questo servizio, che mi portano nuovamente la luce, che mi rianimano ed io devo essere pronto a prendere quello che mi donano. Io vi invito a rallegrarvi, perché Dio vuole questo, non vuole fare i conti con te, vuole che tu impari a rallegrarti. A lui interessa la tua vita, interessa che ti incontri con lui, che stiate insieme, non ha rancore, non ha dietrologie. Questo è Dio. Lasciamo che questo arrivi a noi, questa è la sapienza: lasciarsi sorprendere dal segno che feconda ogni uomo.