È risorto, come aveva detto

20-04-2014 Pasqua di Resurrezione di don Fabio Pieroni

Mt 28,1-10

Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa.  Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve.  Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite.  Ma l'angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso.  Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto.  Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto».  Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.  Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».

Questa notte stiamo scoprendo che siamo inseriti in qualcosa di grande.  Gesù Cristo dice la morte non è l’ultima, ma la penultima parola, e la prima parola non è la mia vita, ma è l’intervento di Qualcuno che ha iniziato con noi un’opera straordinaria. La nostra vita è come una veglia pasquale.

Dio ha voluto crearci, ci ha chiamato alla vita, per questo festeggiamo il compleanno! C’è un’iniziativa che mi precede, presente da molto prima che io nascessi: un’iniziativa che  non dipende da me, un’iniziativa di amore, un mistero di amore straordinario che pian piano io sto scoprendo e del quale devo prendere coscienza. Mi arriva una luce da parte della parola di Dio, Gesù  mi sta insegnando a vivere, mi sta facendo scoprire chi sono, quanto sono complicato, quanto la mia libertà è delicata, quanto è grave il mistero del peccato. Dentro le letture che abbiamo ascoltato ci viene descritto questo combattimento di adesione cosciente all’opera di Dio. Dio non ci può salvare mentre dormiamo. Noi possiamo conoscerlo, aderire a Lui,  combattere con Lui e vivere questo pezzo di vita terrena che ci viene dato, nel quale veniamo assunti da questo mistero, e nel quale Cristo agisce, prende iniziative, ci dà la Parola di Dio,  ci costituisce come una piccola chiesa, ci regala grazie, doni. Dobbiamo pian piano prendere coscienza di questo: l’azione di Dio, insieme alla nostra collaborazione, fa sì che si possa creare un popolo fatto di persone che acquistano la posizione eretta, coscienza, dignità, libertà.

Dio ci sta costruendo come carovana, come Chiesa. La risurrezione non è un istante, non avviene in tempo reale.  No, stiamo risuscitando attraverso la parola che ci viene data, l’affetto, le relazioni che stanno nella parrocchia. Piano piano Cristo ci trasforma. L’ultima parola per noi è Cristo. Se tu fissi lo sguardo sulle cose “penultime” (la carriera che non hai fatto, quello che non hai ottenuto, che non ti è stato riconosciuto), sei finito, sei morto. Dobbiamo fissare Cristo, non le stupidaggini! Altrimenti sei finito! C’è qualcosa di più grande, dice Gesù, andate in Galilea!

L’angelo dice: Togliete questa pietra! Non è vero ciò che ti dicono le guardie, che l’ultima parola è il tuo fallimento! C’è qualcosa che viene da Dio, apriti a questo! Vai avanti, fissa lo sguardo sulle cose invisibili, che sono eterne, sono grandiose. Fidati di Dio! Stai dentro questo parto, questa gestazione, questa notte che è la tua vita, è il mistero pasquale. Tu stai andando verso la vita nuova.

Nel frattempo Cristo ci sta dando la veste bianca che è il segno della dignità del risorto, ma anche dell’altare, della veste del sacerdote, dello sposo, della sposa, della festa del figliol prodigo, il segno che  ci fa entrare nella Gerusalemme celeste. Questo significa che la Chiesa piano piano ci sta trasformando in sacerdoti che possono donare la propria vita, offrirla su un altare, regalarla fino a sposarsi con gli altri, per fare una grande festa e poter un giorno abitare nella Gerusalemme celeste. Questa dovrebbe essere la nostra logica, che però spesso viene spenta da questo “sano realismo” che ci toglie la fede, la voglia di vivere, che ti fa vedere le cose brutte che non ci sono state date.

La nostra vita si spegne, ma in questa veglia Cristo ci dice: esci fuori dal sepolcro! Camminiamo insieme! Io ti do una forza nuova, accendo in te sentimento nuovi, la capacita di  spenderti con una creatività che è la mia. Questo sarebbe il gusto di poter godere la presenza di Dio in noi.

Adesso vivi, apriti, muoviti! Tante cose ci mettono questa roccia davanti (il lavoro, il nostro fisico, lo stipendio….). Questa celebrazione esige una reazione forte. E mentre noi ci avviamo in Galilea, Cristo ci viene incontro e ci abbraccia per quelli che siamo, “mezze cartucce”, ma in Lui siamo una cosa nuova.

Questa è la nuova cosmogonia, dove l’ultima parola, una parola di amore totale, ce l’ha Cristo e la prima parola ce l’ha Dio Padre che ci ha creati per una presa di coscienza. Noi siamo dentro un’opera prodigiosa, siamo noi i protagonisti di questo grande film, non possiamo solo ammirare la vita degli altri, perché la nostra vita è straordinaria e dobbiamo sentirci dei privilegiati.