Non hanno più vino

17-01-2016 II domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Gv 2,1-12

Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.  Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.  Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.  E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni.

Abbiamo concluso il tempo di Natale con l’Epifania e il Battesimo di Gesù. Epifania vuol dire manifestazione, ed indica qualcosa che si rende presente facendoci rimanere sbalorditi. In realtà nella Chiesa quando si parla di Epifania non si parla solo della manifestazione dei Magi. Questa è la prima Epifania, ma c’è una seconda Epifania che è il Battesimo di Gesù, in cui Dio si manifesterà nella missione di Gesù che è il Figlio, e c’è una terza Epifania, una terza manifestazione che è quella del 1° segno che Gesù fa a Cana di Galilea.

“Venuto a mancare il vino”.

Manca il vino. Il vino nella Bibbia è la voglia di vivere, il segno della fecondità. Il termine utilizzato nel vangelo per dire “venuto a mancare” è ὑστερήσαντος (husteresantos), verbo che viene da ὑστέρα (iustera) che vuol dire utero, e indica quindi una mancanza: non c’è fecondità, viene meno la vita. Questa mancanza non è cioè solo una mancanza di entusiasmo, ma è una mancanza di fecondità, di vitalità. Forse ti è accaduto che hai iniziato un percorso che la parrocchia ti ha proposto e ad un certo punto hai avvertito un senso di vuoto, hai percepito che qualcosa sta finendo, è “venuto a mancare il vino”.

Chi fa veramente esperienza della Chiesa può però dire che sempre nella Chiesa tutto ricomincia, che c’è qualcosa di miracoloso, qualcosa che non finisce. Ecco perché nella prima lettura (Is 62,1-5) il profeta Isaia diceva: la tua terra sarà chiamata sposata, tu sarai chiamata “mio compiacimento”, perché di te si rallegrerà il tuo Sposo. Il popolo che ascolta il vangelo dovrebbe essere testimone di questo vino che miracolosamente si rigenera e ci da un gusto nuovo, un’energia diversa. Ecco l’evangelizzazione! Un cristiano dovrebbe dire: “Venite a celebrare con noi l’Eucarestia, ad ascoltare la Parola di Dio, perché lì trovate la vita!”. Questa è l’evangelizzazione! L’evangelizzazione non è parlare della Trinità! Quella è teologia, ma l’evangelizzazione è raccontare un’esperienza vissuta sulla propria esistenza: “Io sono stato sposato! Oggi tu hai bisogno di fare l’Eucarestia, hai bisogno che qualcuno ti sposi, hai bisogno che questa Parola ti arrivi, hai bisogno che nuovamente il tuo palato assaggi un vino nuovo, perché Gesù ha detto: io faccio nuove tutte le cose.”

Nella misura in cui io vengo visitato dalla vita nuova, la mia vita diventa a sua volta nuova e interessante, anche se ci sono sempre le solite cose da fare. Non si tratta tanto di cambiare quello che normalmente facciamo, ma che qualcosa cambi dentro di noi. Dice Gesù: “Se la luce che è in te è chiara, quanto grande sarà la luce! Ma se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”. Questo suppone che la Chiesa attraverso le celebrazioni e le attività che propone, dia la possibilità di  assaggiare questo vino nuovo, la possibilità di essere trasformati,  la possibilità che qualcosa diventi bello dentro di noi. Questo è un primo punto di questa celebrazione.

Il secondo è che dentro questo movimento ciascuno di voi ha il suo ruolo specifico, importante ed insostituibile. La seconda lettura (1Cor 12,4-11) parla del fatto che ciascuno di voi, con la sua presenza, con il suo modo di essere, con il suo modo di stare qui, ha una particolare chiamata a collaborare a questa grande operazione. Ognuno di voi è fondamentale, per quello che è e per quello che fa. Non ti devi inventare qualcosa. Quando san Paolo dice che alcune persone hanno il carisma della predicazione, altre quello di saper interpretare le lingue, ecc…, non vuole dire che i carismi sono soltanto quelli da lui elencati! E’ un modo per indicare l’infinità di ruoli che ciascuno di noi può interpretare. Quanto più noi siamo noi stessi dentro la Chiesa, tanto più abbiamo senso. Qui tra voi ci sono persone che sono anoressiche, cioè non riescono mai a gustare il vino buono, e poi ci sono persone che si tirano fuori e che alla fine sono sempre scontenti perché vorrebbero essere un altro, perché l’altro è sicuramente migliore. Invece, sii te stesso! Le due cose stanno insieme. Dobbiamo innanzitutto imparare a gustare il vino, a ricordarci questo sapore, a cercare questo sapore, perché solo se cerchi ed assaggi questo vino, tu sei vivo; se viceversa tu cerchi altro, quello non soddisferà i tuoi desideri.

Sapete perché molti di voi siete insoddisfatti? Perché non cercate il vino nuovo. Se tu assaggiassi il vino nuovo che è lo sposalizio con Cristo, non avvertiresti la drammaticità legata al fatto che ti mancano alcune cose. Ecco che cosa sta a significare questa Parola di oggi: Dio attraverso Isaia dice che lo Sposo non si darà pace finché tu non dia la testimonianza che sei stata sposata, che sei il mio compiacimento. E’ stato bellissima la presentazione che il papa ha fatto fare del suo libro a Roberto Benigni, il quale ha detto una cosa importantissima: si riconosce chi ha fatto l’esperienza della misericordia perché è contento. Vi ricordate? La parabola del figliol prodigo finisce in una festa bellissima, come lo è quella di Cana di Galilea.

Vi auguro di poter parlare innanzitutto dell’esperienza di Chiesa che state facendo, nei termini di una festa, di un vino che ricomincia, di una condanna che non c’è. Spero che voi possiate parlare così della Chiesa. Per attrarre l’adesione della gente occorre realizzare un tipo di realtà in cui le persone, le famiglie che si trovano in difficoltà possano ricevere vino nuovo. Per questo proponiamo dei percorsi cristiani, attraverso i quali noi serviamo l’acqua, perché Dio ci dice: “Buttate acqua, fate le catechesi. E’ evidente il limite delle vostre capacità, ma buttate l’acqua e vedrete che io la farò diventare vino nuovo nella bocca di chi ascolta”. Questo è il messaggio dell’evangelizzazione, il mistero di chi obbedisce a Dio. E lo Spirito Santo ti farà sentire sposata. Ognuno di noi, abbiamo detto, fa parte di questa squadra, quindi rallegratevi di questo. Dobbiamo collaborare perché ci sia fecondità, allegria energia.