Ed ecco, era cosa molto buona

01-01-2017 Maria SS. Madre di Dio di don Fabio Pieroni

Lc 2,16-21

Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.  Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.  Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

Stiamo vivendo questo momento importante di passaggio da un anno all’altro, in cui ci si rende conto che passano gli anni e spesso ci si fa prendere da tante angosce: cosa ho fatto, cosa farò, cosa combinerò… questa è una cosa grave, seria, tanto è vero che il mondo cerca di esorcizzare questa presa di coscienza del tempo che passa e che si avvicina verso la fine.

Per comprendere come la Chiesa interpreta e ci aiuta a vivere questo momento dobbiamo fare riferimento alle feste ebraiche. Questo è stato un richiamo del Concilio Vaticano II a tutta la Chiesa universale, perché potesse scoprire delle radici che dessero nutrimento, senso alle cose che celebriamo. Ed allora, per esempio, quando fu necessario comprendere meglio cosa fosse la Pasqua ed anche l’Eucarestia, si comprese che bisognava tornare a Pesach, la pasqua ebraica che ancora oggi Israele celebra. In tal modo si capirono tante cose, si capì addirittura anche il motivo per cui nel vangelo di Luca si parla di due calici utilizzati nell’ultima cena, mentre negli altri vangeli si parla di un solo calice. Infatti questo particolare ha confermato che l’ultima cena si stava svolgendo dentro la celebrazione della Pesach. Per capire la Pentecoste è stato necessario tornare all’ebraismo, alla festa di Shavuot, antichissima, e così la quaresima si comprende meglio studiando la festa di Sukkot.

Per capire la festa di oggi, la festa in cui si inizia un anno nuovo, la Chiesa non ha fatto un approfondimento esplicito. Fatto sta che chi conosce la liturgia ebraica sa che esiste una festa che si chiama Rosh haShana, che è il capodanno ebraico. Questa festa ricorda, celebra, il momento della creazione del mondo. E’ un anniversario dell’origine del mondo e nelle letture che alimentano questa festa si ricorda, per esempio, il giorno in cui Sara concepisce Isacco, e quello in cui Anna concepisce Samuele, personaggi importanti della storia della salvezza. In questa festa sono tutti vestiti di bianco e ci si scambiano gli auguri perché tutti sanno di essere iscritti nel libro della vita, il Sefer HaChaim. Si capisce meglio allora la benedizione che abbiamo ascoltato all’inizio, e che è molto conosciuta per essere stata trascritta da san Francesco. In realtà la troviamo nella Bibbia, nel libro dei Numeri, ed è importante capire perché questa benedizione, poi ripresa da san Francesco, sia collegata a questa festa di Rosh haShana. La parola benedire significa dire bene, significa cioè prolungare o riprendere l’operazione che Dio fa quando crea il mondo:

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona … Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

Quindi la benedizione, contrario di maledizione, significa dire bene. La benedizione sembra però nel linguaggio comune una specie di amuleto: “vi benedica” è stato malamente tradotto in italiano, perché alla fine non si capisce se Dio ti benedice o no. E’ una specie di auspicio. In realtà invece è proprio una operazione che si svolge ora: nella celebrazione c’è una benedizione.

Cosa è questa sera per tutti noi la benedizione? La benedizione sei tu! Sono io! Dio mi ha creato, ti ha creato, ed ha detto il tuo nome! Ha fatto brillare, diceva la lettura, il suo volto verso di te, cioè ti ha sorriso. In ebraico questa frase vuol dire: Dio ti sorride, ti guarda con benevolenza, non con commiserazione, con pena. La benevolenza vuol dire che Dio si rallegra del fatto che tu esista! Questo lo può capire bene un padre, una madre quando guardano il figlio. E’ la stessa cosa! Noi dovremmo saper intercettare questo sguardo di benevolenza che Dio ha nei nostri riguardi prima ancora che siamo buoni, prima ancora che siamo battezzati. Molta gente dice che non è bene sottolineare il compleanno, perché è più importante il giorno del battesimo. Non è vero! Perché Dio ti ama a prescindere da tutto quello che tu potrai fare! Ti è favorevole! Non sta lì a verificare il tuo comportamento. Nella misura in cui noi intercettiamo questo sguardo di benevolenza, di bene nei nostri riguardi, ci sentiamo dire: “Io sono felice che tu esista! Tu non morirai mai più perché io ti ho chiamato anche per entrare in contatto con la logica che porta Gesù Cristo, il figlio mio prediletto, di modo che tu possa essere liberato da una legge”.

Avete sentito cosa diceva la lettera ai Galati:

quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge,  per riscattare coloro che erano sotto la legge(Gal 4,4-5)

Questa legge di cui parla indica un meccanismo che impediva agli uomini di  diventare quello che loro desideravano diventare. Noi a volte desideriamo delle cose che possono realizzarsi solamente se lo Spirito Santo che ci è stato donato da Gesù Cristo ci libera da certi blocchi, da certe fissazioni. Questo è il primo punto importante di questa festa: ricordare, fare memoria, tenere presente che in questo istante (che in Dio rimane per sempre) lui che mi ha creato è felice che io esista, e vuole che io viva, che mi esprima, che io prenda delle iniziative, che io cresca, di modo che senza di me non sarebbe la stessa cosa! Devo avere su di me questo sguardo, perché mi fa vivere! Invece noi ci sentiamo esaminati, minacciati, sbagliati, bocciati, sconclusionati, sfortunati…

Ma dobbiamo dire un’altra cosa importante riguardo questa celebrazione. San Francesco scrive questa benedizione su una pergamena in un momento in cui la sua vita era entrata nella maledizione, nell’incomprensione, nel conflitto con i suoi frati, con il papa, con se stesso, con Dio… va alla Verna e lì si isola vivendo un tempo molto duro, di sofferenza, e scrive questo foglietto che sta ora nella basilica di san Francesco ad Assisi. Da una lato della pergamena scrive le “Lodi al Dio Altissimo” dove dice: …Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza… e va avanti così. Cioè nel momento in cui sta dentro questa sofferenza, dentro questa croce, mentre lui si sta sempre più convincendo che la sua vita sia una maledizione, scopre che dentro questa notte c’è una piccola luce che gli fa ricordare che invece non è così. Capisce che questa notte lo sta trasformando, lo sta modificando, tanto è vero che poi avrà le stigmate. Sta succedendo qualcosa in lui, ed infatti del retro del foglio, mentre aveva in odio i suoi frati scrive la benedizione a frate Leone:

Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone.

Si riconcilia con Frate Leone. E’ una cosa grandiosa. Noi non possiamo pensare che se la nostra vita è benedetta da Dio non dovrà fare i conti con la croce. Fare i conti con la croce non vuol dire che Dio sta smentendo se stesso, il Dio di Gesù Cristo intendo, non il Dio che ci siamo inventati noi, o il Dio che ci è stato predicato male. Dio non è come ce lo siamo immaginato! Dio è un’altra cosa, è molto deludente rispetto alle nostre aspettative! Ci fa entrare in labirinti da cui non è sempre facile uscire. Allora dobbiamo prepararci per fare in modo che questa sofferenza non solamente ci confermi che è bene che esistiamo, ma che attraverso questa sofferenza possiamo diventare una benedizione per gli altri. Che io possa benedire! Che io possa non solamente dire bene, ma fare bene! Fare cose interessanti, come Francesco ha fatto, come ogni cristiano dovrebbe fare, come molti di voi già state facendo. Cose positive, importanti. Ma non si può vivere, non si può agire se uno non si sente desiderato, amato, preferito, scelto, incoraggiato!

Quando una persona comincia ad essere diversa da quella che immaginavamo fosse, abbiamo chiuso con lei. Anche in certi gruppi di amicizia, nelle chat, quando una persona comincia a diventare libera, ad avere le sue crisi di crescita, ad avere le sue idee, viene allontanata perché non è compatibile con il sistema, sta rovinando il gruppo, sta deludendo, non serve più… Questa è la grande tentazione che è degli uomini, ma Dio non è così! Noi tante volte  facciamo dire a Dio cose che Lui non ha mai detto! Questa cosa che stiamo dicendo è molto difficile, perché è molto meglio formare delle persone che siano compatibili con il sistema, piuttosto che formare delle persone che abbiano il coraggio piano piano di diventare se stesse, persone che una volta ricevuti gli strumenti per poter crescere sappiano fare le loro scelte. Dio si aspetta tanto! Ma non si aspetta quello che ha già previsto che noi faremo.. non lo sa! Lui ha detto: non lo voglio sapere! Nella sua onnipotenza ha deciso di non saperlo! Vuole che le persone lo possano sorprendere! E’ evidente che se io organizzo la mia vita intorno alla benedizione di Dio che è Gesù Cristo nello Spirito Santo, allora la mia vita fiorirà, perché la mia vita è fatta per diventare, per costruirsi, per svilupparsi dentro una relazione con la Parola di Dio. Se noi non avessimo la Parola di Dio, la comunità, i sacramenti, saremmo affidati esclusivamente a noi stessi. La Madre di Dio ci dà le coordinate per diventare in Cristo quello che siamo noi, secondo la nostra specie. Ecco cosa significa essere partecipi della creazione. E’ nella creazione che si innesta lo Spirito di Cristo.

Con questo sguardo, con questo sorriso da parte di Dio noi ci affacciamo davanti all’incognita, di fronte a tante difficoltà, ma anche di fronte a tante opportunità, alcune delle quali sono molto difficili. Allora non possiamo immaginare un Dio che non c’è, non possiamo immaginare un Dio baby sitter. Non è così!

In questo senso tutti noi siamo dentro la Chiesa. Il segreto di un cristiano non è essere apprezzato perfettamente come un bravissimo scout che può affrontare tutte le intemperie possibili ed immaginabili perché è perfettamente attrezzato. Noi entriamo nella vita come Gesù Cristo nella culla. Lui non è attrezzato, però ha una famiglia, ha un padre. La cosa più importante da realizzare è la parrocchia, è la Chiesa, è la comunità, ci sono dei fratelli che ci aiuteranno.