Lettera dei sacerdoti – Natale 2020

20-12-2020 di Redazione

Parrocchia San Bernardo da Chiaravalle Natale 2020

«Giuseppe, figlio di Davide,
non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù:
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
«Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore
e prese con sé la sua sposa,
la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù».

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Cari fratelli e sorelle,

l’anno 2020 volge al termine e per le feste di Natale non potremo festeggiare insieme, né incontrarci per scambiarci gli auguri e i regali come gli altri anni. Voglio servirmi dello strumento della “lettera”, e non del “video messaggio”, perché da una parte è più in sintonia con la tradizione della Chiesa antica e poi perché la lettura ci consente di concentraci meglio sul significato di ciò che è scritto.

In primo luogo, vi ringrazio e mi compiaccio per il vostro coraggio e la vostra perseveranza in questo periodo così travagliato. In secondo luogo, vorrei contribuire alla riflessione su ciò che stiamo vivendo insieme in questo “cambiamento di epoca”.

Mentre rifletto su quello che vorrei dirvi, mi tornano in mente due film che mi possono aiutare ad esprimerlo.

Il primo è il conosciutissimo Titanic.

Si tratta di un film che non è solo un film d’amore ma è un film che ha profetizzato ciò che sarebbe successo dal 2000 in poi e che puntualmente si è realizzato. Mentre si segue la scena della nave che cola a picco spezzandosi in due nelle acque nere e gelide dell’oceano, viene in mente il crollo di tante certezze e di tante speranze su cui si era fatto affidamento. Detto in altri termini, siamo testimoni del crollo di tante idolatrie che ha procurato un così grande disorientamento al mondo contemporaneo e a tutto ciò che è mondano, perfino all’interno della Chiesa ma anche del nostro cuore. Ciononostante, molti di noi, in questa situazione di naufragio, sono stati pronti a afferrare la mano potente di Dio. Alcuni l’hanno colta nell’apparente banalità di una catechesi e così si sono “messi in salvo”, altri invece hanno voluto ostinarsi ad ascoltare le solite noiose orchestrine che hanno continuato come nel film a suonare la loro canzone, malgrado tutto precipitasse in fondo al mare. Molti invece hanno fatto in tempo a saltare nella “scialuppa della salvezza” cioè nell’“arca di Noè”, vincendo così “la partita della vita”.

Cogliere l’attimo della salvezza è stato il momento più importante della nostra vita perché è stato l’inizio in noi della vita nuova. Da quel giorno in poi, quante cose belle abbiamo visto in questi anni! Quando cantavamo insieme “Vedrai miracoli” ci rendevamo conto che quel canto non si riferiva a ciò che un giorno futuro avremmo potuto vedere, ma descriveva il presente di ciò che stavamo vivendo in quei momenti di bellezza e di gioia, che ci donavano amicizia e autentica comunione. Tutto ciò lo voglio ricordare non per malinconia ma perché ritengo che “la memoria” sia il farmaco più efficace contro la terribile malattia della “dimenticanza”. Questa malattia è capace di sbiadire in modo demoniaco non solo i colori ma le emozioni, i legami e perfino le motivazioni per perseverare nella nostra avventura ecclesiale. La “dimenticanza” apre gli spazi a quelle obiezioni che ci tolgono forza e vitalità: «Perché continuare a venire in Parrocchia? Perché partecipare alle iniziative, alle Comunità, ai Laboratori…?? si fanno sempre e stesse cose! e poi quello che mi ha detto quella sorella mi ha ferito, mi aspettavo che si accorgesse che avevo bisogno di aiuto e invece niente! Sono dei superficiali… Questa esperienza non mi da più niente…». Per reagire a queste obiezioni piuttosto fisiologiche è necessario che prendiamo coscienza delle grazie straordinarie che abbiamo ricevuto in questi anni. Se facciamo un bilancio e tiriamo la riga ci accorgeremo di quante ce ne sono arrivate. La prima di tutte mi sembra quella di aver ricevuto gratuitamente un posto tutto nostro su questa barca che è la Chiesa di Cristo.
Eccoci allora sulle scialuppe di salvataggio mentre navighiamo non alla deriva, ma guidati dal nostro Timoniere che è lo Spirito di Dio.

A questo proposito voglio citarvi il secondo film al quale mi voglio riferire, “2001 Odissea nello spazio”, un famoso film che molti giovani probabilmente non avranno mai visto.

Anche questo non è semplicemente un film di fantascienza ma è un film che contiene una profezia sull’umanità e sul nostro destino. Il film ha il suo colpo di scena nel momento in cui il computer di bordo impazzisce e per salvare la vita umana e la missione deve essere disattivato.
Mentre inizialmente i membri dell’equipaggio potevano tranquillamente delegargli tutte le operazioni della navigazione, anche quelle più complesse, ad un certo punto tutto salta per aria, e l’unico pilota rimasto in vita si ritrova totalmente solo mentre si inoltra nelle fitte oscurità dello spazio. L’astronauta superstite deve prendere atto con sgomento che gli schemi di quel software sono in avaria perché sono superati e inadeguati per far fronte alle sollecitazioni ingestibili di quel viaggio, ora tutto viene ingoiato dalle tenebre del cosmo verso l’ignoto, e niente è più sotto controllo. È una scena angosciante ma realistica.

Tutto ciò non vi fa pensare alla vostra vita? Non camminiamo anche noi a tentoni come in una notte oscura? I nostri sofisticati software, vale a dire le nostre sintesi sul senso della vita e le nostre abilità nel barcamenarci davanti ai continui imprevisti, non continuano a saltare in aria come quel computer di bordo dell’astronave? Tutto ciò non vi fa pensare a San Giuseppe e Maria al Tempio?

“«Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. Ed egli rispose: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».

Abbiamo bisogno non di informazioni precise ma della Fede di Abramo.
Abbiamo bisogno non solo di intelligenza ma di Sapienza, quella di Gesù, Giuseppe e Maria.
Abbiamo bisogno non di avere garanzie per muovere i nostri passi, ma di abbandono in Dio.
Abbiamo bisogno non di ingegnarci con le nostre inesauribili risorse ma della nostra Comunità di fratelli e sorelle con cui camminare, quella del tuo Laboratorio o della tua Comunità…

Spesso ho l’impressione che anche San Giuseppe abbia perduto di vista il senso delle cose, malgrado ciò, ha continuato a credere e a camminare nella notte e con lui anche ciascuno di noi. Quando le cose si complicano siamo tentati di sottovalutare e dimenticare, e in un certo senso di non dare più il giusto valore, cioè il giusto prezzo, a quello che Dio ci ha regalato. In una parola, un po’ brutale ma vera, rischiamo letteralmente di disprezzare il dono di Dio.
L’impressione e la preoccupazione infatti è quella di vedere alcuni di voi lasciarsi andare, come risucchiati dal gorgo che ci porta a fondo come il Titanic che muore, oppure scomparire nel buio come la navetta di “2001-Odissea nello spazio”.

Abbiamo bisogno di prenderne coscienza e di reagire! Non siate omertosi ed evitanti perché questo è il primo demonio che Gesù esorcizza nei Vangeli, “il demonio muto”. Non possiamo semplicemente fermarci a denunciare i mali che certamente esistono anche tra di noi o le povertà di questo tempo, men che meno scivolare silenziosamente in un triste anonimato dove tutto quello che abbiamo vissuto con il Signore diventa solo un lontano ricordo!
Questo lungo tempo di pandemia, che sta destabilizzando economicamente e psicologicamente il mondo intero, necessita di proposte e soluzioni che scaturiscano proprio dal nostro vissuto di fede ancora più tenace e convinto. Mai Cristo si è fermato alla denuncia, ha offerto sempre possibilità di vita nuova. Tutti conosciamo la fatica di adattarci a vivere il nostro cammino di fede in queste nuove modalità, spesso molto più povere di quelle che abbiamo potuto vivere gli anni passati. Eppure, per quanti di noi sono state fonte di maturazione, di creatività e di grazie inaspettate?

Il mistero del Natale ci dice che la povertà è l’ambiente più favorevole per gestare in noi la vita nuova. Ma ricordiamo sempre che il concepimento di questa vita è conseguenza di un’esperienza di amore soprannaturale che dobbiamo accogliere, gustare, contemplare, difendere e coltivare nel nostro cuore. San Giovanni, nella sua lettera alla comunità di Efeso, lo definisce “il Primo amore”, l’esperienza per la quale Dio per primo ha iniziato accendendo in noi una piccola luce nella nostra grande povertà. Questa è la prima ricchezza senza la quale siamo nuovamente miserabili e soli, senza forza per riempire di amore tutto quello che facciamo, perché ogni atto veramente umano, cioè cristiano, ha in quest’amore il suo inizio e il suo compimento.

Noi tutti sacerdoti di San Bernardo di fronte alla piccola luce del Natale vi auguriamo che il vostro “Primo amore” torni ad essere una fiamma viva. Questo è il mistero del Natale. È solo grazie a quella povertà che tutti noi nascondiamo come Adamo, che invece può essere finalmente Natale!

Don Fabio, don Mauro, don Simone, don Arnaldo, don Jeevan, don Elia, don Giuseppe