La Manna nel Deserto (quarta meditazione)

19-03-2020 di don Fabio Pieroni

Presentato nel 1884 alla XII mostra degli Ambulanti, il quadro “Non lo aspettavano” di Il’ja E. Repin ha immediatamente suscitato un acceso dibattito. La monumentale tela ritrae il momento dell’inattesa apparizione di quello che dall’aspetto sembrerebbe un deportato di ritorno da lunghi anni di lavori forzati.

“Non lo aspettavano” esprime con forza l’atmosfera di sorpresa per quel rientro ma non risolve, anzi accentua, il mistero del soggetto. 

I contemporanei di Repin si chiedevano chi fosse l’uomo ritratto nel quadro, quanti anni avesse, con quale stato d’animo fosse entrato in casa, quale legame avesse con gli altri personaggi. Tutto si è subito concentrato su quel personaggio e sono state fatte tante ipotesi: il Messia, il figliol prodigo… Alcuni critici lo trovavano “una persona poco attraente, un mezzo idiota”, altri un uomo tutto d’un pezzo e tante altre ipotesi…

Ma il centro del quadro non è il personaggio ma la reazione di coloro che vengono spiazzati dalla sua inaspettata presenza.  Nel complesso conflitto psicologico lo snodo compositivo principale è costituito dall’incontro degli sguardi di madre e figlio, che nascondono mondi tra loro contrapposti, creando quella tensione che rappresenta una caratteristica intrinseca dell’opera.

Lo spazio della madre è un mondo chiuso, tranquillo, domestico, pervaso dalla luce, è il mondo della famiglia. 

L’intensità dell’istante dell’apparizione è un importante principio organizzativo della composizione. In quell’istante, nella coscienza dell’osservatore, prende forma senza difficoltà l’epilogo di ciò che accade mentre la grande quantità di particolari “parlanti” introduce nel quadro le circostanze del “prima”, ovvero del passato. Così passato e futuro si intrecciano nel presente. 

Di fronte a questo quadro strano soprattutto per il tema espresso dal titolo “Non lo aspettavano” ho colto un forte collegamento con quello che stiamo vivendo. E se il Tizio che appare fosse segno del virus che ci sta cambiando la vita? E’ vero che bisogna informarsi a tutti i livelli su che cosa sia a livello biologico etc.; ma è vero anche che dobbiamo preparaci a rispondere in prima persona a questo sgraditissimo ospite, a questo invasore, a questo nemico.

È una risposta che dobbiamo dare in proprio; e questo ci spaventa assai. C’è sempre una zona “cuscinetto” che attutisce e smorza l’impatto, come l’air bag, ma qui l’air bag non può risolvere tutto. Siamo chiamati a cambiare vita, siamo chiamati ad essere sollecitati, come se uno non fosse più allenato ma arrugginito dall’età o appesantito dalla dieta. C’è un allarme al quale rispondere. Questo va fatto a partire dal nostro cuore, dalla nostra anima.

Il libro dell’Apocalisse ci rivolge questa indicazione che non sembra proprio rassicurante ma è la parola che hanno custodita i primi cristiani nel tempo della grande persecuzione: 5Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d’orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. 8L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato. Chi ha orecchi, ascolti: 10Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la costanza e la fede dei santi”. Molti di noi stanno già rispondendo con coraggio e “parresia”. Molti di noi ci stanno edificando con la fede che permea la loro vita, con la quale stanno già mettendo per iscritto la Via Crucis che pregheremo durante il Venerdì Santo del Triduo pasquale, che quest’anno celebreremo in modo del tutto inedito.

Per trarre le conclusioni, riprendendo, l’atmosfera del quadro, riceviamo senz’altro l’ammonimento a non dare nulla per scontato, di non dimenticare che i progetti della nostra vita sono, il più delle volte, effimeri e che la dinamica della nostra esistenza ha una forza tale che ci trascende e il più delle volte, sorprendendoci, ci trova impreparati.

Ciononostante dobbiamo renderci conto che abbiamo delle basi tali che non consentiranno alle tempeste del momento presente di portarci fino al punto dello smarrimento e di farci perdere la via. 

Così è scritto: “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia”.