E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre

19-11-2017 XXXIII domenica del Tempo Ordinario di don Fabio Pieroni

Mt 25,14-30

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.  Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due.  Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.  Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso;  per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso;  avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.  Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

Il punto più bello di tutta  la parabola è la parte finale: il servo fannullone buttatelo fuori, nelle tenebre e lì sarà pianto e stridore di denti. Per spiegare questa conclusione dobbiamo fare un lavoro.

Cominciamo col dire che un talento corrisponde a 33 chili d’oro, quindi parecchio! Due milioni di euro! Questo padrone dà 5 talenti ad un servitore e questo gliene riporta altri 5, ad un altro dà 2 talenti e questi gliene riporta altri 2. C’è poi un servitore a cui viene dato un solo talento e questo lo sotterra e lo custodisce fino al ritorno del padrone per restituirglielo.

Per capire bene il comportamento di questo ultimo servitore dobbiamo fare un confronto con la persona di cui ci ha parlato la prima lettura:

Una donna perfetta chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.

Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.

Ella è simile alle navi di un mercante,
fa venire da lontano le provviste.

Si alza quando ancora è notte
e prepara il cibo alla sua famiglia
e dà ordini alle sue domestiche.

Pensa ad un campo e lo compra
e con il frutto delle sue mani pianta una vigna.

Si cinge con energia i fianchi
e spiega la forza delle sue braccia.

È soddisfatta, perché il suo traffico va bene,
neppure di notte si spegne la sua lucerna.

Stende la sua mano alla conocchia
e mena il fuso con le dita.

Apre le sue mani al misero,
stende la mano al povero.

Non teme la neve per la sua famiglia,
perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste.

Si fa delle coperte,
di lino e di porpora sono le sue vesti.

(Proverbi 31)

 Non sta un attimo ferma! Al contrario, la persona della parabola si è insabbiata, ogni cosa che fa è un problema, una difficoltà, una fatica, e per questo risponde al padrone: io so che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso.

Vale la pena lavorare per un padrone così? Ha ragione o no questo servo? Certo che ha ragione! Perché lavorare per uno così, duro, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso, non è conveniente! I conti non tornano! E siccome a me, dice questo servo, i conti non tornano, non mi conviene lavorare per te, non è utile, non ci guadagno nulla! E visto che tu esigi troppo, io mi fermo!

Questo tizio sei tu! Sono io! Ad un certo punto uno dice: ma chi me lo fa fare a stare dietro a questa gente! Alla mia famiglia, ai miei amici, al mio gruppo, ai miei colleghi di lavoro… ma chi me lo fa fare a fare il catechista! Perché devo stare dentro un lavoro che invece di darmi gratificazione, invece di darmi un utile, alla fine è una cosa così dura?

La vita è così, e uno ad un certo punto comincia a domandarsi: ma che vita faccio? Che senso ha spendersi costantemente, andare a lavorare ogni mattina, fare sempre le stesse cose… ma chi me lo fa fare? Questo ragionamento, funziona, è giusto! Allora perché dobbiamo buttare fuori il servo fannullone?

La parabola ci sta dicendo una cosa importantissima: nessun atto cristiano è conveniente, nessun atto cristiano ci dà un utile proporzionato a quello che noi abbiamo dato.

Se noi viviamo nella logica di questo servitore, se ragioniamo così, tutto ci appare come una fregatura. E’ assolutamente naturale, semplice, scontato pensare questo. Cristo ci deve far uscire fuori dalla logica che mi dice che io lavoro per avere un utile, che io mi regalo alla mia famiglia per avere un po’ di riconoscimento, per vedere che i miei figli stanno crescendo bene, che le persone che io sto servendo con il mio lavoro mi gratificano con i soldi…

La logica normale è quella di chi si muove perché ha un utile. La logica di Cristo è un’altra e ci dice: siccome io sono amato svolgo delle attività che superano la convenienza perché sono animate dall’amore, sono animate da Dio. Questa donna che si sveglia al mattino e fa tutte quelle cose, è animata dalla sapienza, è una donna infiammata dalla comunione con Cristo, e quindi si dà da fare senza calcoli, senza verificare quanto le si dovrebbe dare e non le si dà. Vive a fondo perduto! C’è una libertà, c’è un modulo interno che è la comunione con Dio.

Sarebbe allora bello che questa celebrazione scaraventasse fuori questo fannullone che è la logica che ci blocca, che ci amareggia, che ci chiude in noi stessi. Ecco perché “il servo fannullone cacciatelo fuori” è una buona notizia! Quando questo modo di ragionare senza che ce ne rendiamo conto comincia a riprendere forza in noi, tutto diventa fatica, tutto è scontato, tutto è una noia. Dobbiamo allora buttare ciò che ci appesantisce per ripartire più liberi, e ripartire più liberi significa entrare in comunione con Cristo, come facciamo adesso nell’Eucarestia.

Ogni atto cristiano è esagerato, è qualcosa che non è proporzionato perché è misurato dall’amore che Dio ha per me e che mi consente di portare avanti un matrimonio, di occuparmi delle persone in un certo modo. Pensate ai catechisti… ma chi glielo fa fare ad occuparsi dei bambini! Non ha nessun senso sotto il profilo della logica costi-benefici fare il catechista, è una perdita di tempo! La vita cristiana è un altro mondo, un’altra logica e quando noi avvertiamo fatica è perché stiamo scivolando nuovamente nella logica dell’uomo razionale e stiamo male perché non si può vivere solo di ragione, di utile, di gratificazione ricevuta dagli applausi, perché non ti basta mai, e alla fine della vita dici: ma chi me l’ha fatto fare! E la tua vita è una maledizione.

Se tu invece ti risvegli unito a Cristo, quello che hai fatto è anche troppo poco, avresti voluto fare molto di più. E’ una nuova creazione, è un uomo nuovo, è questa donna che si sveglia e parte. Io penso che sarebbe bello poter vivere questo: ritrovare in ogni eucarestia una rinnovata comunione con la vita nuova, la vita piena, la vita eterna, una vita che sovrabbonda. Dice la Scrittura che “la bocca parla dalla sovrabbondanza del cuore”. Le nostre mani, le nostre iniziative dovrebbero essere una sovrabbondanza di quello che uno ha nel cuore, ma spesso non è così: abbiamo il motore spento, non abbiamo più energia e viviamo solo sulle nostre forze.

Speriamo che questa celebrazione riaccenda la nostra motivazione che non è quella di avere un applauso proporzionato alla fatica che facciamo, ma invece quella di un incontro con Cristo che ci spinge molto al di là di quello che gli altri potrebbero darci. Allora speriamo questo per tutti noi, che questo servo fannullone, pauroso, bloccato, ci venga strappato dal cuore e vinca la convinzione di vivere per gli altri in maniera diversa.